Niente da fare: ancora una fumata nera dal palazzo della Presidenza della Repubblica israeliana, con il Capo dello Stato Reuven Rivlin costretto a decretare il fallimento del mandato esplorativo conferito a Benny Gantz nei giorni scorsi ed a passare la parola alla Knesset, il parlamento israeliano. Non si è quindi formato al momento il governo di unità nazionale a cui dovevano prendere parte sia il premier uscente, Benjamin Netanyahu, che lo stesso Gantz. I due rivali, in nome della sfida comune al coronavirus ed all’emergenza sanitaria, erano vicini ad un accordo ma qualcosa è andato evidentemente storto. Scaduto l’incarico a Gantz lo scorso lunedì, Rivlin aveva optato per ulteriori 48 ore di proroga, ma è stato tutto inutile.
Lo spettro di nuove elezioni
La Knesset, a partire da questo giovedì, avrà 21 giorni di tempo per arrivare ad un accordo. La legge infatti, prevede che in caso di fallimento del mandato dato dal Presidente ad un premier designato, è possibile coinvolgere il parlamento. I 120 deputati, potranno quindi designare un nuovo nome da proporre al Capo dello Stato se troveranno una maggioranza di almeno 61 parlamentari. Impresa tutt’altro che semplice. E così Israele adesso teme di dover virare verso nuove elezioni anticipate. Sarebbe la quarta volta in meno di un anno, quasi un primato mondiale non certo invidiabile allo Stato ebraico. Il mandato per formare un nuovo esecutivo era stato conferito a Gantz in quanto, in fase di consultazione, il leader della formazione Blu&Bianco aveva ricevuto l’indicazione favorevole di 62 deputati.
Sembravano esserci le premesse per un governo formato dalla lista di Gantz, assieme alla Lista Araba Unita, ai Laburisti ed al partito Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman. A fine marzo però, complice anche l’emergenza coronavirus, la situazione si è ribaltata: la chiusura del parlamento per motivi di sicurezza e le dimissioni dello speaker della Knesset, Yuli Edelstein, hanno cambiato le carte in tavola. Il 26 marzo scorso Benny Gantz è stato eletto nuovo presidente del parlamento, una mossa a sorpresa che ha svelato un primo accordo tra lui e Netanyahu: quest’ultimo, in base all’intesa, doveva essere confermato premier per i primi 18 mesi, per poi passare il testimone a Gantz. Un governo di unità quindi, a cui però non hanno voluto aderire alcuni alleati del leader di Blu&Bianco, tra cui Yair Lapid. L’intesa tuttavia non è stata ufficializzata ed il governo non è nato: da qui le evoluzioni delle ultime ore, che hanno consegnato alla Knesset le chiavi di questa legislatura che rischia, ancora una volta, di naufragare ancor prima di partire.
Continuano le trattative tra Netanyahu e Gantz
Ufficialmente quindi dovranno essere i deputati a trovare un’intesa ma, come si legge sul The Jerusalem Post, i colloqui tra Likud (il partito di Netanyahu) e Blu&Bianco proseguiranno ad oltranza. Fallito un primo tentativo di accordo, adesso si proverà in qualche modo a salvare il salvabile giungendo ad un’intesa volta a creare le condizioni per un nuovo esecutivo. Diversi ancora i punti di divergenza tra i due principali leader israeliani, tra cui le politiche sanitarie da portare avanti e la questione legata alla giustizia. Quest’ultimo appare forse lo scoglio principale, visto che Netanyahu è alla vigilia di un processo che lo vedrà coinvolto per corruzione.
I dirigenti dei due partiti ed i membri dei rispettivi staff, mentre la Knesset proverà a trovare la quadra, continueranno a vedersi. Appare forte, su entrambi i fronti, la necessità di evitare ad Israele quarte elezioni nel breve volgere di 12 mesi.