Nella diretta della no stop elettorale di Channel 12 un comico imitatore del premier uscente, si mostra in pubblico con aria afflitta e con un pallottoliere in mano: probabilmente il riassunto delle elezioni di martedì in Israele sta in questa scenetta satirica. Netanyahu, al pari del suo principale rivale Benny Gantz, cerca voti tra i parlamentari della nuova Knesset, ma l’impresa appare abbastanza ardua. Da Gerusalemme a Tel Aviv, sono ore frenetiche di contatti e consultazioni con possibili accordi ancora ben lontani dall’essere concretizzati.

Chi avrà l’incarico?

Una prima cosa da accertare, è capire a chi il presidente affiderà l’incarico per formare il nuovo governo. Tra Likud, partito di Netanyahu, e Blu & Bianco, partito di Gantz, la distanza appare minima. Alcune proiezioni danno il Likud avanti, in altre invece è la formazione rivale ad essere in vantaggio. Per la verità entrambe dovrebbero avere, proprio come nelle precedenti elezioni di aprile, lo stesso numero di seggi: 32 a testa. Tuttavia, è importante capire chi, dopo il testa a testa, avrà anche un voto in più: la consuetudine in Israele vede il presidente della Repubblica affidare l’incarico per formare un nuovo governo al leader del partito che ottiene più consensi. Se Bianco & Blu sopravanza il Likud, allora è a Gantz che verrà affidato l’incarico.

Netanyahu, seppur temporaneamente, potrebbe non essere dopo dieci anni il premier in carica od incaricato. Per il capo di governo uscente, non certo una bella notizia specie in considerazione del processo che il 2 ottobre potrebbe vederlo incriminato per corruzione. Netanyahu vorrebbe una coalizione di centro – destra, il suo però non è un compito agevole, anzi appare più arduo rispetto alle elezioni di aprile. Tanti i rebus che il leader del Likud deve sciogliere: partendo da 32 seggi, “Bibi” deve arrivare ad avere al suo fianco altri 29 parlamentari per la maggioranza. Se mette dentro i 17 dei partiti religiosi (i 9 dello Shas e gli 8 di Ujt), può anche sperare di avere i 7 della destra di Yamina, ma non può ottenere l’appoggio dei 9 di Yisrael Beiteinu in quanto il leader del partito Lieberman di accordi con liste religiose non ne vuol sapere.

Se imbarca i 9 di Lieberman, non può avere i 17 dei due partiti religiosi e sono in forse i 7 di Yamina. In poche parole, formare una coalizione di centro – destra sembra quasi impossibile.

L’ipotesi di un governo di unità

La parola che maggiormente viene usata tra i politici ed i commentatori durante le dirette elettorali, è quella di “unità”. Il primo a parlarne è Avigdor Lieberman, il quale in una conferenza stampa immediatamente successiva al voto, ben conscio di essere vero ago della bilancia, si dice disponibile a trattare con gli altri partiti ma solo per un governo di unità nazionale con Bianco & Blu e Likud. Dopo i primi exit poll, lo stesso concetto viene ribadito anche da alcuni dirigenti di Bianco & Blu: “Adesso si lavori per una grande coalizione di unità, con un Likud senza Netanyahu”, commenta Yair Zivan, portavoce del numero due del partito, Yair Lapid.

Ma dal Likud fanno quadrato attorno a Netanyahu: “Il nostro leader è lui, questo lo capiscano i leader degli altri partiti”, commenta il suo vice Yuli Edelstein. E lo stesso premier uscente, durante la lunga notte di Tel Aviv, nel suo quartier generale incontra diversi sostenitori che gli chiedono di non farsi da parte per un governo che non sia di centro – destra. Dal canto suo, Netanyahu si limita a promettere un esecutivo senza appoggi da parte di anti sionisti o partiti arabi. Il nodo è intricato: non esiste una maggioranza, né di centro – destra e né di centro sinistra (sommando i partiti di centro e di sinistra si arriva ad un massimo di 55 deputati), Lieberaman è disponibile solo per un governo di unità, Gantz potrebbe anche allearsi con il Likud ma con Netanyahu fuori dai giochi.

Di fatto, il rischio paralisi è molto forte: da martedì inizieranno le consultazioni, da quel momento si avranno 28 giorni, più 15 di supplemento, per fare il governo prima di dare altri incarichi e far iniziare un nuovo giro di consultazioni. Alla fine di questa lunga fase, c’è chi già intravede gli spettri di nuove elezioni.

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