Sono quasi 23mila le vittime del coronavirus in tutta la Francia, dove il passaggio della pandemia l’ha resa uno dei Paesi più colpiti al mondo, a non troppa distanza in relazione alla Spagna ed all’Italia. Alla base della tragedia ci sono state lacune governative nelle prime settimane dai primi contagi e soprattutto una reazione troppo lenta nel decidere se mettere o meno in campo le misure che sono divenute famose come lockdown.
In questo scenario, dunque, la pandemia ha potuto diffondersi indisturbata in un lasso temporale di 15 giorni, sufficiente per creare dei focolai che sono ben presto usciti fuori da ogni controllo. Ed uno di questi è stato il focolaio dell’Alsazia: una regione molto movimentata a causa del confine con la Germania e del settore industriale nella quale il patogeno è riuscito a spandersi, dando vita ad un dramma che è costato molto caro alla popolazione.
L’Alsazia e le similitudini con Bergamo
Un tenore di vita medio elevato della popolazione che ha accresciuto la vita media, una forte industrializzazione, la vicinanza con i confini del Paese ed un sistema sanitario non capillare a causa della non estrema distanza dalle città di grandi dimensioni. Se si legge questa frase, la prima provincia che ci verrebbe in mente sarebbe quella di Bergamo, duramente colpita nel contesto italiano; tuttavia, letta da un francese impossibile non fare il paragone con i dipartimenti dell’Alsazia orientale. E non è un caso, dunque, che le somiglianza tra Francia e Italia non si limitino solo alla bandiera, ma anche al modo in cui si sono evolute la pandemia e la curva dei contagi: è per questo dunque che sia Parigi che Roma hanno in queste settimane pianto lo stesso dramma.
Il sistema sanitario non ha retto
L’immagine più frequente che hanno visto in un cielo privo di aerei i cittadini dell’Alsazia è stata quella degli elicotteri della sanità francese che trasportavano fuori regione i pazienti infetti da Covid-19. A distanza di pochi giorni dallo scoppio effettivo della pandemia, infatti, il sistema sanitario della regione aveva già ceduto, obbligando al trasporto degli infetti in tutta la Francia – soprattutto nella diametralmente opposta Aquitania.
Inoltre, le stesse mancanze nei controlli ed il non aver effettuato tamponi in misura sufficiente ha portato l’infezione all’interno delle case di cura private e delle case di riposo: dove i pazienti particolarmente fragili non hanno retto. Ed esattamente come a Bergamo, ciò ha causato un circolo vizioso che non ha garantito cure in misura sufficiente e che ha contribuito ai numeri gonfiati che sono stati registrati.
Gli scheletri nell’armadio di Macron
È impossibile però non individuare nella lontana Parigi gli i responsabili anche per l’Alsazia: Emmanuel Macron e Edouard Philippe. Avendo tardato nella serrata e nella chiusura agli spostamenti per poter portare a termine le elezioni amministrative, gestire i focolai già esplosi è diventato impossibile. E l’immagine delle consultazioni tenute in un clima di mezza serrata (il primo giorno di contenimento effettivo della Francia) è un chiaro sinonimo di come le paure politiche abbiano abbagliato gli occhi dell’Eliseo, nonostante il dramma fosse già ben più che evidente.
Inoltre – e qui le colpe si spingono ancora oltre – a peggiorare la situazione c’è pure il non aver osservato cosa stava succedendo purtroppo in Italia, scegliendo di agire allo stesso modo ed incappando dunque nelle medesime problematiche. Non aver attuato delle misure di confinamento ancora più rigide e soprattutto avendole ritardate ha tristemente segnato il destino del Paese. Quando, forse, con uno sguardo più accorto si sarebbero potute salvare vite umane, non rendendo quindi totalmente inutile il “sacrificio” della città amministrata da Gori.