Coronavirus, nuove immagini al microscopio (LaPresse)

Che cos’è il coronavirus

All’origine dell’epidemia di polmonite che ha prima messo in ginocchio la Cina e poi allertato il mondo intero, c’è il Sars-CoV-2, agente patogeno responsabile della malattia Covid-19. Stiamo parlando del virus inizialmente chiamato 2019 novel coronavirus, abbreviato nella dicitura 2019-n-Cov o sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2 (appunto, Sars-CoV-2).

Ancora non si conoscono le origini esatte del virus, anche se le ultime ipotesi lasciano pensare che la pandemia possa essersi originata in seguito ad una zoonosi. Sars-CoV-2 è stato identificato per la prima volta nella città di Wuhan alla fine del dicembre 2019. In quei giorni convulsi, decine e decine di persone sono state infettate in tutta la Cina mentre altre sono morte. Il misterioso morbo si è quindi diffuso anche all’estero, creando una psicosi collettiva. In poche settimane, contagi e decessi sono schizzati alle stelle ovunque, costringendo i governi ad attuare drastiche misure di distanziamento sociale, quarantene per gli infetti e lockdown più o meno lunghi, nel tentativo di arginare una diffusione apparentemente senza fine.

Tra il dicembre 2020 e il gennaio 2021, ecco la luce in fondo al tunnel grazie all’autorizzazione dei primi vaccini anti Covid. In seguito a maestose campagne vaccinali, la maggior parte dei Paesi del mondo è riuscita a mettere sotto controllo il Sars-CoV-2. Alcuni hanno fatto decadere qualsiasi restrizione, altri sono ancora in attesa del momento giusto.

 

Il primo focolaio noto del nuovo coronavirus, almeno secondo quanto si sa fino ad ora, è stato rintracciato a Wuhan, una megalopoli di 11 milioni di abitanti situata nella provincia dello Hubei, in Cina centrale. In un primo momento l’origine esatta era stata localizzata nel mercato ittico di Huanan, dove si vendevano, tra le altre cose, anche le carni di animali selvatici.

Questa pista è caduta nel giro di pochi mesi, il tempo necessario per rendersi conto di quanto stava accadendo. I primi casi registrati dalle autorità sono comparsi al termine dello scorso anno. Non sappiamo, tuttavia, da quanto il virus fosse già in mezzo alle persone, né siamo in grado di affermare con certezza la sua origine.

Per quanto riguarda le origini temporali del Sars-CoV-2, c’è chi ritiene che questo patogeno circolasse tra gli esseri umani dall’autunno 2019 – ovvero diversi mesi prima della comparsa ufficiale a Wuhan – se non dall’estate dello stesso anno. Pochissime certezze anche sulle origini geografiche del virus. Se gli esperti ritenevano scontato pensare alla Cina come luogo iniziale della diffusione del Covid, in un secondo momento sono emerse prove che hanno mescolato le carte in tavola.

In parte a causa della propaganda incrociata tra Washington e Pechino, con accuse di dubbia e reciproca responsabilità, e in parte per via del silenzio delle autorità cinesi sui primi giorni della pandemia, non ci sono ancora elementi sufficienti per avere certezze definitive. Le probabilità che il virus sia partito dalla Cina restano alte, ma non sono da escludere zoonosi avvenute nell’estrema periferia cinese, nelle grotte o nelle foreste situate al confine tra Myanmar, Vietnam e Cambogia.

Molti dei primi pazienti che infetti avevano lavorato o visitato come clienti il mercato ittico di Huanan, in cui si potevano acquistare pesce, frutti di mare ma anche animali da allevamento, pollame e serpenti. Sotto la lente d’ingrandimento per la diffusione del nuovo coronavirus è finita una specialità della cucina di Wuhan: la zuppa di pipistrello della frutta. Per alcuni esperti, questo bizzarro mammifero sarebbe stato l’ipotetico intermediario della trasmissione del Covid tra animale e uomo. In altre parole, gli scienziati ritenevano che gli ospiti naturali del coronavirus potessero essere i pipistrelli, ma che tra loro e gli umani esistesse un veicolo, cioè un ospite intermedio. Due le opzioni: la citata zuppa oppure i serpenti.

Molti dei primi pazienti che infetti avevano lavorato o visitato come clienti il mercato ittico di Huanan, in cui si potevano acquistare pesce, frutti di mare ma anche animali da allevamento, pollame e serpenti. Sotto la lente d’ingrandimento per la diffusione del nuovo coronavirus è finita una specialità della cucina di Wuhan: la zuppa di pipistrello della frutta. Per alcuni esperti, questo bizzarro mammifero sarebbe stato l’ipotetico intermediario della trasmissione del Covid tra animale e uomo. In altre parole, gli scienziati ritenevano che gli ospiti naturali del coronavirus potessero essere i pipistrelli, ma che tra loro e gli umani esistesse un veicolo, cioè un ospite intermedio. Due le opzioni: la citata zuppa oppure i serpenti.

Ben presto gli scienziati si resero conto che la situazione era più complessa del previsto. E così, nell’aprile 2021, la task force inviata in Cina dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per indagare sul mistero Covid, una volta rientrata alla base, ha stilato quattro scenari principali, ordinandoli secondo una scala arbitraria che va dall'”estremamente improbabile” al “molto probabile”.

1) Trasmissione zoonotica diretta: secondo questa ipotesi (“probabile”) il virus sarebbe transitato da un animale all’essere umano mediante un qualche tipo di contatto ravvicinato. L’epidemia si sarebbe quindi diffusa a macchia d’olio a causa di superdiffusori ed eventi che avrebbero favorito la superdiffusione, come ad esempio i mercati. L’animale x in questione sembrerebbe essere il pipistrello, all’interno del quale, in alcune specie (Rhinolophus), sono stati rinvenuti antenati molto simili al Sars-CoV-2. È pur vero, tuttavia, che un’analisi dettagliata ha evidenziato prove di diversi decenni di spazio evolutivo di distanza tra il nuovo coronavirus e il virus parente rinvenuto negli stessi pipistrelli.

2) Trasmissione all’uomo tramite ospite intermedio seguita da zoonosi: questa, al momento, è l’ipotesi più probabile. Il tassello mancato esplicato nella prima teoria potrebbe essere occupato da un piccolo animaletto intermedio solito entrare in contatto con l’uomo per i più svariati motivi. Si parla di un pangolino, o di un’altra bestiola selvatica probabilmente venduta in qualche wet market. Se così fosse, un pipistrello avrebbe contagiato l’host intermedio, il quale avrebbe poi trasmesso il virus agli esseri umani e ad altri animali. Come è avvenuto il contagio? Non vi sono certezze, anche se l’Oms prende in considerazione l’ipotesi della trasmissione del virus mediante cibo o in un mercato.

3) Trasmissione mediante i prodotti alimentari della catena del freddo: ipotesi “possibile ma non probabile”. La suddetta catena potrebbe essere un potenziale veicolo di trasmissione tra gli esseri umani, ma la teoria deve essere ulteriormente approfondita e non trova numerosi riscontri in campo internazionale.

4) Diffusione del virus in seguito a un incidente di laboratorio: ipotesi “estremamente improbabile” (poi riabilitata). L’Oms ha preso in esame un’ipotetica infezione accidentale capitata a un membro dello staff di un laboratorio, escludendo categoricamente “l’ipotesi di rilascio deliberato o bioingegneria deliberata di Sars-CoV-2” esclusa “da altri scienziati a seguito di analisi del genoma” del virus. Gli incidenti di laboratorio possono avvenire, anche se risultano piuttosto rari, soprattutto dentro i centri dotati di elevati standard di sicurezza, quali sono gli istituti presenti a Wuhan.

L’agente patogeno in questione è un coronavirus della stessa famiglia a cui appartengono, tra gli altri, anche il virus della Sars (la sindrome respiratoria acuta severa ) e la Mers (la sindrome respiratoria del M.O.). Il nuovo coronavirus rilevato in Cina nel 2019 è strettamente correlato geneticamente al virus SARS-CoV-1 che provoca la SARS, emersa alla fine del 2002 in Cina.

Il nome deriva dalle particolari punte a forma di corona presenti sulla superficie del virus. I coronavirus sono comuni in moltissime specie di animali anche se, in alcuni rari casi, possono effettuare una mutazione e infettare gli esseri umani, per poi diffondersi nella popolazione.

Quando parliamo di un “nuovo coronavirus” intendiamo dire che siamo di fronte a un nuovo ceppo di coronavirus che non è mai stato identificato nell’uomo.

Fino a oggi conoscevamo sei tipi di coronavirus umani, a cui si è aggiunto l’ultimo arrivato da Wuhan. Ecco la lista completa: 229E (coronavirus alpha), NL63 (coronavirus alpha), OC43 (coronavirus beta), HKU1 (coronavirus beta), e poi i più celebri, MERS-CoV (il coronavirus beta che causa la Middle East respiratory syndrome), SARS-CoV (il coronavirus beta che causa la Severe acute respiratory syndrome) e infine 2019 Nuovo coronavirus (2019-nCoV).

Proprio come altre malattie respiratorie, l’infezione da nuovo coronavirus può causare sintomi lievi oppure più severi, quali polmonite e difficoltà respiratorie. Raramente può essere fatale. Ricordiamo che le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie preesistenti, quali diabete e malattie cardiache.

Come spiega il sito del Ministero della Salute “i sintomi di Covid-19 variano sulla base della gravità della malattia, dall’assenza di sintomi (essere asintomatici) a presentare febbre, tosse, mal di gola, debolezza, affaticamento e dolore muscolare. I casi più gravi possono presentare polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto e altre complicazioni, tutte potenzialmente mortali”.

Perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia) sono stati riconosciuti come sintomi di COVID-19. Altri sintomi meno specifici possono includere cefalea, brividi, mialgia, astenia, vomito e/o diarrea.

In caso di sintomi o dubbi, non bisogna recarsi al pronto soccorso o presso gli studi medici. Al contrario, restando a casa, è necessario contattare telefonicamente il medico di famiglia, il pediatra, la guardia medica oppure il numero verde regionale. Per accertare la presenza del virus nell’organismo sono stati messi a punto tre diversi tipi di test: molecolari, antigenici e sierologici.

I coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra mediante colpi di tosse, saliva, starnuti o attraverso contatti diretti. Un esempio? Stringere la mano a un paziente infetto e portarsela alle mucose. È rischioso anche toccare un oggetto o una superficie contaminati dal virus e poi portarsi le mani, non lavate, su naso, occhi o bocca. Questo è uno dei motivi principali per cui è essenziale lavarsi correttamente e regolarmente le mani con acqua e sapone, o con un prodotto a base alcolica e pulire frequentemente le superfici.

Il periodo di incubazione per Covid-19 (cioè il tempo che intercorre tra l’esposizione al virus e l’insorgenza dei sintomi) è attualmente stimato tra uno e 14 giorni. Importante sottolineare che esistono anche le persone asintomatiche, termine usato per indicare coloro i quali risultano positivi al virus ma che non presentano sintomi di alcun tipo. Ebbene, gli asintomatici possono veicolare la diffusione dell’agente patogeno contagiando altre persone.

Altro aspetto da considerare: il periodo infettivo può iniziare uno o due giorni prima della comparsa dei sintomi, ma è probabile che le persone siano più contagiose durante il periodo sintomatico, anche se i sintomi sono lievi e molto aspecifici. “Si stima che il periodo infettivo duri da 8 a 10 giorni nei casi moderati e in media fino a due settimane nei casi gravi”, sottolinea il ministero della Salute italiano.

Chi contrae la malattia viene trattenuto in isolamento negli ospedali o in casa per evitare il contagio, a seconda della gravità del quadro clinico. I sintomi generici sono trattati con i farmaci contro dolore e febbre. I medici consigliano ai pazienti infetti di bere molti liquidi e riposarsi.

Il farmaco suggerito dal Ministero per chi presenta sintomi leggeri è il paracetamolo. “In alternativa, sempre secondo le indicazioni degli specialisti, possono essere utilizzati anche farmaci FANS, cioè farmaci anti-infiammatori non steroidei, come l’aspirina o l’ibuprofene (a meno che non esista chiara controindicazione all’assunzione). In ogni caso, va sempre informato il proprio medico di base e si devono evitare soluzioni fai-da-te”, si legge sul sito dell’ospedale San Raffaele di Milano

“I corticosteroidi e le eparine a basso peso molecolare, invece, possono essere utilizzati solo ed esclusivamente in specifiche fasi della malattia e il loro uso a domicilio deve essere valutato attentamente da uno specialista”, si legge ancora sul sito dell’istituto lombardo.

Si possono seguire alcuni consigli per evitare di correre rischi e ridurre notevolmente l’eventualità di contrarre un virus del genere. Innanzitutto è fondamentale lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche per almeno una ventina di secondi.

Meglio starnutire o tossire in un fazzoletto, girare con una mascherina e gettare sempre i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso; non toccare naso, occhi e bocca con mani sporche; ridurre al minimo i contatti ravvicinati con persone infette.

Attenzione anche al cibo: evitare carne cruda o poco cotta così come frutta e verdura non lavata e bevande non imbottigliate. Stando alle indicazioni del ministero della Salute italiana, le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti. Sono tuttavia in corso vari studi per comprendere meglio le modalità di trasmissione del virus.

Appare pressoché impossibile aggiornare in tempo reale le vittime e i contagi. Ci limitiamo a dire che il virus è diffuso in tutto il mondo (solo pochi stati, tra cui la Corea del Nord, affermano di non aver riscontrato casi sul proprio territorio).

Dando uno sguardo ai dati anagrafici delle vittime colpite, la maggior parte di loro rientra nella categoria degli anziani o di pazienti con patologie pregresse, come il diabete e morbo di Parkinson.

Una ricerca condotta dai Centers for diseases control cinesi (Ccdc) su circa 44mila persone contagiate ha evidenziato che la maggior parte dei pazienti deceduti (il 14,8%) nei primi anni della pandemia aveva più di 80 anni. La percentuale di decessi nella fascia compresa tra i 70 e i 79 anni è invece pari all’8%; da 60 a 69 si scende al 3,6%; da 50 a 59 all’1,3%; da 40 a 49 allo 0,4%; da 30 a 19 allo 0,2%.

Il punto di svolta nella battaglia contro il Sars-CoV-2 può essere collocato nel novembre 2020. L’annuncio che tutti aspettavano è arrivato in seguito alla comunicazione diramata dall’azienda americana Pfizer Inc. e dalla tedesca BioNTech SE. Il loro vaccino ha dimostrato di essere efficace l’infezione provocata dal virus Sars-Cov-2 nei soggetti che non erano mai entrati in contatto con il morbo. Le società ha spiegato che il vaccino è efficace oltre il 90% nel prevenire la malattia tra i volontari dello studio che non avevano prove di una precedente infezione da coronavirus.

L’Italia, in base agli accordi stipulati, ha contato inizialmente sulla disponibilità di oltre 242 milioni di dosi di vaccino. Quali vaccini? Facciamo un po’ di ordine. Il Comirnaty di Pfizer-BioNtech, primo vaccino ad essere stato autorizzato in Unione Europea, ha ricevuto la fumata bianca dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) il 21 dicembre 2020 e il 22 dicembre dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il vaccino Moderna è stato autorizzato il 6 gennaio dall’EMA e il 7 gennaio dall’AIFA . L’AstraZeneca (poi finito nell’occhio del ciclone): il 29 gennaio è stato autorizzato dall’EMA e il 30 gennaio dall’AIFA. Il monodose Janssen di Johnson & Johnson è il quarto vaccino autorizzato dall’EMA l’11 marzo e dall’AIFA il 12 marzo 2021. Da questo momento in poi, i Paesi hanno avviato le loro campagne di vaccinazione.

A questi, bisogna aggiungere altri vaccini riconosciuti al di fuori dell’Ue, tra cui il russo Sputnik V (autorizzato, in verità, da alcune nazioni europee come Ungheria e San Marino) e i cinesi Sinopharm, Sinovac e Cansino, giusto per citare i più comuni.

I riflettori sono tornati ad illuminare il Wuhan Huanan Haixian Pifa Shichang, il mercato del pesce di Wuhan, primo epicentro noto della pandemia. Secondo quanto riportato da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla, e pubblicato su Science, il Sars-CoV-2, con ogni probabilità, sarebbe nato proprio qui.

La causa è da ricercare nel cosiddetto salto di specie (zoonosi) grazie al quale Sars-CoV-2 è sbarcato dal mondo animale al mondo umano. Permangono tuttavia ancora diverse zone d’ombra. Ad esempio, non sappiamo da quale animale sia partito tutto. Dovrebbe essere coinvolta una delle bestiole in vendita al mercato ma, anche qui, non è dato sapere se l’animale X abbia contratto il virus da un’altra specie animale.

Per quanto riguarda, invece, l’origine temporale della pandemia, i ricercatori hanno parlato degli ultimi giorni del novembre 2019. E cioè almeno un mese prima rispetto alle prime indiscrezioni apparse sui media.

La pandemia causata da Sars-CoV-2 ha innescato quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fin da subito definito “infodemia“, termine utilizzato per indicare la quantità schiacciante di informazioni apparse negli ultimi mesi sui social media e sui siti web. Alcune di queste informazioni sono accurate e utilissime. Altre sono purtroppo assolutamente false e fuorvianti.

Uno studio del 2018 del Massachusetts Institute of Technology ha rilevato che le notizie false si diffondono più rapidamente sul social network Twitter rispetto alle notizie vere”. Il motivo, affermano i ricercatori, potrebbe derivare dal fatto che le affermazioni non vere ispirano sentimenti forti come paura, disgusto e sorpresa. In effetti, durante i mesi più duri della pandemia è accaduto proprio questo.

In ogni caso, dinamiche del genere continuano ad essere pericolosissime, anche perché rischiano di far sì che le cure e i trattamenti anti Covid privi di ogni base scientifica possano diffondersi ampiamente sui social media e, di conseguenza, peggiorino l’impatto dell’epidemia.

Rispetto ai suoi esordi Sars-CoV-2 è stato costretto ad adattarsi al nuovo ambiente. Eelencare tutte le varianti e sottovarianti del virus è pressoché impossibile. Possiamo però soffermarci su una delle varianti più importanti. L’insorgenza della nuova variante Omicron BA.5, e la ripresa dei contagi, seppur con una sintomatologia molto più lieve, ha spinto gli esperti ad interrogarsi sulle sorti della diffusione del virus nei prossimi mesi.

Omicron BA.5 presenta una contagiosità estrema, superiore addirittura a quella del morbillo e della varicella, con un R0 che oscilla tra i 15 e i 17. In ogni caso, l’insorgenza di questa variante risponde a logiche sui generis. Il virus adesso si replica nelle prime vie aeree, sviluppandosi poi in raffreddore, cefalea e anche qualche caso di dissenteria, con esiti di malattia generalmente inferiori rispetto ai casi registrati nei due anni precedenti.

Tutto ciò avviene perché la maggior parte della popolazione si è vaccinata oppure si è ammalata o ancora si è vaccinata e ammalata e guarita. Possiamo dire che questo background di risposte immunitarie non ha impedito l’infezione, ma ha comunque garantito un decorso più banale della stessa.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.