L’Ucraina non fornisce dati ufficiali sui propri morti in combattimento, e un recente “embargo” sul rilascio di stime anche solo approssimative fa si che nessuno – tranne i vertici militati e il governo ucraino – sappiano quanti soldati sono caduti sul campo dal 24 febbraio 2022 ad ora, per respingere l’invasione russa. Ma tirando le somme la verità sembra essere spiazzante; e anche se Mosca e Kiev sembrano impegnate a “censurare” le informazioni, tacere, o ancora peggio “minimizzare” il numero dei soldati rimasti uccisi, le perdite nelle fasi più intense dei combattimenti sono paragonabili a quelle registrate nelle maggiori battaglie del Primo conflitto mondiale: considerato come uno dei più sanguinosi della storia.

Secondo quanto riportato dalla britannica Bbc, nelle fasi della controffensiva – tutt’ora in corso – ci troveremmo di fronte a un “drammatico aumento di morti” tra le fila dell’Esercito ucraino. Alle testimonianze dei reporter, che raccontano attraverso le immagini viste con i loro stessi occhi l’atroce proceduta di riconoscimento dei cadaveri, si aggiungono le più attendibili e non impressionabili fonti d’intelligence di Londra e Washington che – non è più un segreto – hanno avuto osservatori militari sul campo. L’inviato Q. Sommerville parla di vere e proprie “pile di cadaveri“. Ma anche immagini satellitari, intercettazioni di comunicazioni, social media e dispacci dei media da parte di giornalisti nel Paese vengono impiegate per cercare di fare il quadro di una situazione disastrosa per via del numero di vittime registrate in una guerra iniziata 18 mesi fa.

Una macabra questione di “numeri”

Né Mosca né Kiev forniscono numeri esatti e aggiornati sulle loro perdite militari ma entrambe, è un fatto, si spendono per amplificare a colpi di informazione e contro-informazione le perdite inflitte al nemico. Se da una parte Mosca continua riportare pubblicamente – e inattendibilmente – la perdita di appena 6.000 soldati in azione, il governo di Kiev, dal quale ci si attenderebbe maggiore trasparenza di virtù di un’alleanza di fatto con le potenze occidentali che la supportano e armano, continua a mantenere segreti i dati sulle perdite militari, lasciano la parola all’analisti dell’intelligence statunitense che nel mese di agosto considerava la perdita di almeno 70.000 unità in azione. In America sono registrati come Kia, “Killed in Action”. Almeno il doppio, invece, sarebbe il conteggio dei feriti.

Anche se le cifre esatte restano riservate, i funzionari citati dal New York Times, non hanno potuto fare a meno di considerare l’improvviso e sostanziale aumento di soldati ucraini morti dall’inizio della controffensiva. Fino ad aprile il Pentagono considerava il numero dei soldati ucraini morti in battaglia inferiore alle 17.500. Quello che viene adesso definito come un presunto “aumento esponenziale” che registra la perdita di quasi 70.000 si spiega in parte con la controffensiva nel sud, mentre sullo sfondo della resistenza delle linee russe a quella che doveva essere la controffensiva d’estate dell’Ucraina.

Una cifra poco confortante se si considera che le forze armate ucraine sono composte da un organico totale di 500mila unità. In questo numero sono compresi soldati di tutte le forze armate in servizio attivo, i riservisti e tutte le formazioni paramilitari.

Secondo i funzionari statunitensi ed europei, infatti, solo nelle prime due settimane della controffensiva lanciata in primavera circa il 20% dei sistemi d’arma inviati all’Ucraina e subito schierati in azione sono stati registrati come “danneggiati o distrutti”. Le perdite, aggiungono i dossier che transitano tra fonti governative e giornalisti d’inchiesta del Ny Times, “includevano alcune delle armi occidentali” più efficienti, si citano ad esempio i mezzi corazzati.

Un silenzio strategico?

Quando i reporter sul campo che sono transitati per Kiev hanno avuto occasione di domandare al viceministro della Difesa ucraino Hanna Maliar, che aveva rilasciato in precedenza una dichiarazione in cui avvertiva che coloro che rilasciassero il numero delle vittime sarebbero stati passibili di “procedimenti penali”, alla domanda sul perché questi dati vengono tenuti segreti, la risposta è stata: “Perché durante la fase attiva della guerra, il nemico usa il numero dei morti e dei feriti per calcolare le nostre possibili ulteriori azioni… Se il nemico ha queste informazioni, inizierà a capire alcuni dei nostri prossimi passi.”

Dall’altra parte del fronte Dmitrii Peskov, diplomatico russo portavoce del presidente Putin e di quanto concerne il Cremlino, ha sempre dichiarato che: ..il Ministero della Difesa fornisce i numeri, e loro sono gli unici ad avere questa prerogativa”; mentre canali d’informazioni indipendente screditati e censurati da Mosca, come Mediazona e Meduza per citarne alcuni, hanno cercano di collaborare con la stampa anglosassone asserendo che il 7 luglio 2023 erano stati identificati 27.423 soldati russi morti. Un numero cinque volte più alto di quello riportato dalla fonti governative russe.

In passato le intelligence britannica aveva ha affermato che probabilmente tra i “40.000 e i 60.000 russi” erano morti sul fronte ucraino solo nel primo anno di guerra; asserendo che le forze armate di Mosca schierate in Ucraina sono arrivata a registrare una “media di circa 400 vittime al giorno” nelle fasi più intense del conflitto. (Un numero simile, se preso in esame per 17 mesi di guerra porterebbe a 200.000+ perdite da parte della Federazione Russa, ndr). La Defense Intelligence Agency – agenzia d’intelligence statunitense analoga la Gru russo – ha stimato un numero di soldati russi uccisi in azione compreso tra le 35.000 e le 43.000 unità (dati di inizio settembre, ndr). Numeri inferiori a quelli considerati dall’intelligence britannica, che invece continua a considerare le “permanente casualities“, ossia soldati uccisi o inabili al combattimento per le ferite riportate, tra le 150.000 e le 190.000 unità.

Se proviamo ad analizzare meglio le ragioni dietro alle decisioni del governo ucraino, che a differenza diffonde da 600 giorni un puntuale bollettino – attendibile o meno – riguardo il numero dei soldati russi morti in battaglia, ci troviamo di fronte all’ormai consueto impiego dell’informazione come arma di guerra psicologica e all’evidente timore di mostrare ai propri alleati e al mondo come i successi ottenuti sul campo stiano decimando un esercito non solo in armi e mezzi, ma proprio nelle risorse di uomini che devono condurle e impiegarle in battaglia. Rimandando ad “infausta ipotesi” che nessuno prenderebbe in esame per fare fronte all’invasione: inviare soldati insieme alle armi dal momento che la grande Armata russa – che poteva contare su un organico di 1.330.000 soldati in servizio attivo, di riservisti e di e paramilitari del Gruppo Wagner – è superiore di numero di quasi “tre a uno” e potrebbe ancora contare su un alto riserva di uomini da coscrivere.

Ciò che ci deve preoccupare maggiormente tuttavia, è il concetto espresso da Evelyn Farkas, ex alto funzionario del Pentagono per l’Ucraina, che sempre al Nyt ha riferito: “L’Ucraina è una democrazia, quindi la perdita di vite umane potrebbe avere un impatto politico maggiore”, e per questo forse questi dati estremamente sensibili non vengono divulgati; mentre per quanto concerne la Russia, dove vige “un’autocrazia” in cui Vladimir Putin “sa che il sentimento pubblico può fare la differenza”, l’opinione pubblica è abituata a un un tipo di informazione diverso.

Peccato che per una ragione o per un’altra, siano ragioni strategiche o di guerra psicologica, entrambe le potenze coinvolte in un conflitto che potrebbe anche attrarci in una nuova guerra mondiale non concedano alcune trasparenza nel dichiarare le proprie perdite in battaglia ma si avvalgano dell’imposizione del segreto militare.

È il passato a tenere il conto

In un anno e mezzo di guerra in Ucraina, una guerra che al Cremlino si ostinano a definire “un’operazione militare speciale”, il numero di soldati morti sul fronte, spesso uomini giovanissimi che hanno compiuto appena vent’anni di età, ha raggiunto cifre spaventose se paragonate alle guerra del passato.

Cifre che nel caso dell’esercito ucraino potrebbero già aver superato il numero di soldati americani morti durante la Guerra del Vietnam, circa 58.000 uomini; e che si avvicinano al doppio delle perdite registrate sempre dalle forze armate americane durante i tre anni della Guerra di Corea, dalla quale non fecero ritorno in 36.000. La Russia, per prendere in esame un esempio di perdite subite in azione, registrò 26.000 soldati morti nella campagna d’Afganistan durata dal 1979 al 1989. Un numero analogo o di molto inferiore alle stime sopra riportate.

Attualmente i morti e feriti tra le truppe impegnate nella guerra in Ucraina da una fazione e dell’altra sono il più delle volte quantificate in quasi 500.000 unità. Questo è almeno quello asseriscono i funzionari dell’intelligence statunitense e la maggior parte dei think tank che analizzano dati reperibili in Open Source. L’Organizzazione per le Nazioni Unite ha registrato formalmente 10mila morti tra i civili.

Come è stato scritto su questo canale in passato, secondo molti gli analisti militari la Russia di Vladimir Putin può sostenere ancora sostenere centinaia di migliaia di perdite in Ucraina, e l’unico vero rischio è l’attenuarsi di un consenso politico che pure potrebbe essere ignorato dal Cremlino, dato che sembrano ormai distanti i giorni in cui si pensava ad epurazioni e notti di lunghi coltelli. La morte di Prigozhin ne è stata forse la riprova. Del resto, la Russia è la potenza che ha pagato il più alto numero di perdite nella storia bellica, otto milioni di soldati dell’Armata rossa che Mosca non ha mai smesso di glorificare nella memoria di una popolazione “abituata” a soffrire in silenzio. Un silenzio che anche Kiev sta imparando ad usare per fronteggiare al meglio la tragica questione.

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