Forse è stata solo una questione di impegni. E del resto quando due leader si trovano in una riunione come il G7, dove occorre spalmare una fitta agenda di appuntamenti in appena 48 ore, a volte capita che un vertice ideato all’ultimo minuto possa saltare. Ma al netto dell’intensità dei programmi fissati a Hiroshima, sede dell’ultimo G7, resta però un fatto: Zelensky e Lula non si sono incontrati. E il mancato incontro non può non portare a pensare anche a considerazioni di natura politica.

Tra Lula e Zelensky non corre buon sangue

Per capire come mai il mancato incontro non è soltanto una questione di agenda, occorre partire da lontano. Almeno dal mese di maggio del 2022. La guerra in Ucraina era iniziata da poco, mentre dall’altro lato del mondo il Brasile si preparava a una delle campagne elettorali più delicate della sua storia recente. Ignacio Lula da Silva, dopo i due mandati da presidente tra il 2002 e il 2010 e dopo varie vicissitudini giudiziarie, si preparava a presentare ufficialmente la sua nuova candidatura. E in un’intervista rilasciata al Time in quel mese di maggio, ha detto la sua sul conflitto a Kiev. Fermo restando la condanna del conflitto, Lula non ha certo speso parole al miele per Zelensky.

“Una guerra non ha mai un solo responsabile”, ha dichiarato. “Zelensky voleva la guerra, se non l’avesse voluta avrebbe negoziato di più”. Il conflitto non ha poi avuto, come prevedibile, priorità nella campagna elettorale brasiliana. A ottobre al ballottaggio Lula ha sconfitto l’uscente Bolsonaro e a gennaio, quando l’ex sindacalista si è nuovamente insediato alla presidenza, i messaggi di congratulazioni sono arrivati anche da Kiev. Ma non è un mistero, all’interno delle varie cancellerie diplomatiche, che tra il rientrante presidente brasiliano e il collega ucraino non corrano rapporti personali di simpatia. Una distanza che è anche politica, accentuatasi quando lo scorso aprile Lula ha ricevuto nel suo ufficio il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.

Zelensky e Biden a margine del G7 a Hiroshima. Foto: Agenzia Fotogramma.

Il mancato incontro

Nonostante una reciproca diffidenza, molti leader occidentali a Hiroshima hanno provato a organizzare un bilaterale tra Lula e Zelensky. È partito, sia da parte dei padroni di casa giapponesi che anche da parte dei funzionari francesi al seguito di Emmanuel Macron, un fitto lavoro diplomatico per permettere ai due presidenti in questione di incontrarsi. Si è trattata di una vera e propria corsa contro il tempo. Perché mentre Lula era stato invitato a Hiroshima già diverse settimane prima, la presenza del presidente ucraino in Giappone è stata confermata soltanto nell’immediata vigilia.

Così come raccontato dal Financial Times, il tempo per preparare il terreno a un incontro era davvero poco. Le indiscrezioni emerse dal G7, parlano di un Lula recalcitrante all’idea di vedere Zelensky. E questo nonostante altri leader non in linea con le posizioni della Nato avevano già tenuto incontri con il presidente ucraino. Come nel caso del premier indiano Modi, rappresentante di un governo, quello di Nuova Delhi, neutrale e sempre astenuto nelle votazioni tenute all’Onu sulla guerra.

L’incontro tra Lula e Zelensky avrebbe rappresentato, soprattutto per gli Stati Uniti, la ciliegina sulla torta di un G7 dove Washington è riuscita a far avanzare una dichiarazione comune contro la guerra e contro la presenza di truppe russe in Ucraina. Ma alla fine l’incontro non si è tenuto. Sui motivi, aleggia il sospetto di una resistenza a oltranza di Lula anche davanti alle pressioni diplomatiche dei vari governi. Ma nelle ultime ore è emersa un’altra ricostruzione.

La delegazione di Brasilia ha spiegato che le volontà del proprio presidente non sono state alla base del mancato vertice. “Ci eravamo anche assicurati una bandiera dell’Ucraina da esporre nella stanza dell’Ana Crowne Plaza Hotel, dove i due leader dovevano trovarsi faccia a faccia”, ha dichiarato al Financial Times un funzionario brasiliano. In una conferenza stampa tenuta a Hiroshima, è stato lo stesso Lula a parlare di appuntamento già fissato e non tenuto per motivi di impegni del suo collega. “Avevamo in programma un colloquio bilaterale con l’Ucraina alle 15 – ha affermato – Abbiamo ricevuto informazioni che erano in ritardo e, nel frattempo, ho incontrato il presidente del Vietnam. Quando il presidente vietnamita se ne è andato, quello ucraino non si è presentato. Sicuramente aveva un altro appuntamento e non poteva venire”.

La posizione brasiliana sul conflitto

Come detto, ad ogni modo il mancato incontro costituisce a prescindere un importante fatto politico. Lula in Giappone ha confermato la posizione di neutralità sua e del suo governo. Non solo, ma Brasilia ha lasciato intendere di non voler abbandonare i rapporti con Mosca. Un mese fa Lavrov ha visitato il Paese sudamericano, mentre ad agosto i rappresentanti dei rispettivi governi si incontreranno di nuovo faccia a faccia in occasione del vertice Brics fissato in Sudafrica. Appuntamento quest’ultimo molto sentito da Lula, il quale ha sempre scommesso sul rilancio dell’organizzazione e su una maggiore integrazione tra le economie emergenti.

La neutralità non rappresenta comunque una novità introdotta dalla nuova amministrazione brasiliana. Anche con Jair Bolsonaro, predecessore di Lula e candidato sconfitto nel ballottaggio di ottobre, Brasilia si è astenuta in molte delle votazioni all’Onu sull’Ucraina. A prescindere dal colore del governo in carica, il più grande Paese sudamericano punta molto sulla diversificazione delle proprie alleanze e su un sempre maggior coinvolgimento nel Brics. E, di conseguenza, su un dialogo politico sempre vivo con il Cremlino.

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