La crisi economica della Germania prosegue senza sosta, tanto da aver riportato l’ormai ex locomotiva d’Europa indietro di ben 23 anni. Il settore che fino a pochi anni fa risultava essere uno dei cardini del miracolo tedesco, cioè quello delle auto, è impantanato in pericolose sabbie mobili. Secondo quanto riportato dai dati della federazione industriale tedesca Vda citati dal Sole 24 Ore, nel corso del 2019 le immatricolazioni delle automobili sono aumentate del 5% ma, allo stesso tempo, i produttori tedeschi hanno dovuto fare i conti con il calo delle esportazioni. Ancor più nel dettaglio, la produzione di auto è scesa per il terzo anno consecutivo, toccando il livello più basso dal 1997: 4,7 milioni di unità realizzate che, calcolatrice alla mano, fanno -9%. Questa discesa è arrivata dopo il -9,3% registrato nel 2018 sul 2017. Per quanto riguarda le vendite di auto, nel 2019 sono salite del 5% fino a toccare quota 3,6 milioni di vetture; da questo punto di vista l’anno che si è appena chiuso è stato il migliore degli ultimi 20. Ma l’estasi svanisce di botto di fronte fronte al pessimo rendimento delle esportazioni, scese addirittura del 13%. Considerando che la Germania, da sola, rappresenta il 6% del mercato mondiale, si capisce la gravità del danno a cui deve far fronte Berlino.
La debacle del settore auto tedesco
Il rischio è che il 2020 possa continuare lungo lo stesso percorso tutto “in discesa”. Le prime previsioni sono negative, tanto che gli esperti stimano un calo delle immatricolazioni in terra tedesca compresa tra il -4% e il -5%. Due sono le cause principali della debacle del settore auto tedesco: il primo riguarda la situazione politica interna. Berlino, incapace di cambiare paradigma di fronte a un periodo di prospero benessere, ha continuato per anni a insistere sul dogma dell’austerità: in questo modo l’intero sistema del Paese è andato incontro a una stagnazione che ha soffocato ogni beneficio fino a quel momento raccolto. L’altra causa è da imputare alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina: la Trade War ha pesato sulla popolazione cinese, tanto che numerosi esponenti della classe media locale hanno ridotto al minimo l’acquisto di beni secondari, come ad esempio le automobili. Ricordiamo che in un passato non certo remoto Pechino ha rappresentato per i brand tedeschi un serbatoio pressoché infinito dal quale attingere per far volare i conti.
Un cambiamento epocale
A dire il vero c’è un altro aspetto da considerare. Le principali case tedesche sono alle prese con un ingente sforzo di riconversione dei loro apparati produttivi verso l’inesplorato orizzonte dei modelli elettrici. Sempre nel 2019, la Germania ha superato la Norvegia per quanto riguarda il numero dei automobili elettriche vendute (la bellezza di 63.281 veicoli). Eppure la loro quota di mercato è inferiore al 2% a fronte del 42% norvegese e del 10% olandese. Tradotto: c’è ancora tanto da fare. Volkswagen, primo costruttore al mondo con più di 10 milioni di veicoli venduto ogni anno, ha già annunciato di voler investire 60 miliardi di euro entro il 2024 per sviluppare “l’auto del futuro”, puntando su ibridizzazione, digitalizzazione e mobilità elettrica. Il settore auto tedesco è dunque alle prese con un cambiamento epocale. Resta da capire se riuscirà a superare indenne ogni ostacolo. Intanto la Germania arranca.