C’è anche il nome della 50enne danese Margrethe Vestager nella lista dei candidati alla successione di Jean-Claude Juncker quale prossimo presidente della Commissione europea. Il Commissario europeo alla concorrenza ha annunciato di voler correre come portavoce del gruppo liberaldemocratico (Alde), il più favorevole al raggiungimento di una più stretta unità politica nell’Unione e il paladino per eccellenza delle regole di mercato difese da Bruxelles.

Tuttavia, la leader della Sinistra Radicale ed ex ministro dell’Economia danese non avrebbe potuto scegliere momento peggiore per annunciare la sua volontà di continuare la sua carriera nelle istituzioni di Bruxelles. Pochi giorni fa, infatti, la Corte Ue ha sonoramente bocciato una decisione da lei presa nel 2015 a nome della Commissione intera, riguardante le banche italiane: segnalando all’Antitrust Ue il tentativo di inserimento del Fondo Interbancario di Tutela Depositi (Fitd) nel salvataggio Tercas, la Vestager bloccò di fatto l’intervento del Fitd, apportatore di denaro privato, nelle seguenti crisi bancarie del 2016 e 2017 che hanno distrutto miliardi di euro di azioni, obbligazioni e risparmi e comportato un onere di oltre 30 miliardi di euro per i contribuenti italiani. Onere che sarebbe potuto risultare decisamente inferiore se la Commissione non avesse frenato l’azione del Fitd, meno invasiva e, soprattutto, basata su capitali privati.

Sia ben chiaro: il caso Tercas non cancella alcune prese di posizione coraggiose che bisogna riconoscere alla Verstager. Celebri le sue inchieste contro Google e Apple sull’elusione fiscale, culminate in multe da miliardi di dollari, l’ultima delle quali ha riguardato proprio il primo dei due colossi tech a stelle e strisce e si è conclusa pochi giorni fa. Anche Fiat, Starbucks, Amazon e Gazprom sono finite sotto la lente di ingrandimento della commissaria, che pure al tempo stesso è da ritenersi responsabile per aver avallato una prassi che ha portato gli organi di governi comunitari a preferire la lotta all’evasione delle singole multinazionali a un approccio sistemico contro i paradisi fiscali interni, alcuni dei quali (Paesi Bassi, Irlanda, Lussemburgo) sono non a caso governati dagli esecutivi più sinceramente europeisti del Vecchio Continente.

Non è difficile identificare un atteggiamento ambivalente da parte dell’operosa commissaria danese. Da una donna che con la sua azione ha dimostrato di conoscere bene e di saper discernere il campo degli aiuti di Stato nell’economia e dei favoritismi fiscali alle imprese da azioni di matrice emergenziale come quella del caso Tercas, ci si sarebbe aspettati una maggiore ponderatezza. Specie al netto dei tremendi problemi che questa decisione maldestra ha causato alle banche italiane. Patuelli, Presidente dell’Abi, è entrato durissimo sulla Vestager: “La commissaria Ue Margethe Vestager farebbe bene a trarne le conclusioni e dimettersi”. Secondo il presidente dell’Abi “con le sue decisioni Vestager ha aggravato la crisi bancaria in Italia”.

In effetti, la sentenza del tribunale Ue conferma che gli interventi di salvataggio del Fitd (Fondo interbancario di tutela dei depositi) per Tercas erano legittimi, così come sarebbe stato legittimo intervenire per Etruria, Marche, Chieti e Ferrara, le quattro banche oggetto della procedura di risoluzione tramite bail-in. La tempestività della Commissione e della Vestager aprì la strada ai massacranti stress test della Bce a cui furono abbandonate inermi le banche in crisi, prive di reali possibilità di salvataggio. Basta una macchia del genere a compromettere la credibilità di Margrethe Vestager come prossimo Presidente della Commissione? Assolutamente, date le conseguenze a cascata prodottesi sul sistema Italia.

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