Agli occhi degli Stati Uniti, la Cina rappresenta il rivale sistemico per eccellenza. Nel corso della sua formidabile ascesa, Pechino è diventato per Washington un avversario geopolitico, militare ma anche e soprattutto economico. Le due potenze sono in competizione per conseguire molteplici primati, nell’innovazione così come nella capacità produttiva, visto che gran parte del guadagno economico nelle industrie avanzate dell’una arriva a scapito dell’altra, e viceversa.

Da questo punto di vista, l’hi-tech – ma più in generale tutte le nuove tecnologie – può essere considerato la benzina che alimenta il motore della nazione cinese. Il Dragone persegue infatti l’obiettivo di dominare i settori chiave dell’economia globale, per smarcarsi dall’Occidente e superarlo senza sparare un solo colpo di cannone, semplicemente mettendo in atto vari piani operativi.

Al netto dei Piani quinquennali, che ogni cinque anni delineano lo spartito economico della Cina, troviamo altri progetti rilevanti per sbaragliare la concorrenza. Uno dei primi, ad esempio, coincide con il Piano nazionale a medio e lungo termine per lo sviluppo della scienza e della tecnologia del 2006, seguito in tempi più recenti, nel 2015, dal Made in China 2025. “L’innovazione tecnologica è diventata il principale terreno di scontro del campo di gioco globale, e la competizione per il dominio tecnologico sarà sempre più agguerrita senza precedenti”, ha infatti recentemente dichiarato Xi Jinping. Il leader cinese ha identificato le tecnologie chiave nelle quali la Cina è chiamata a raggiungere l’autosufficienza, così da non dover più dipendere da Paesi terzi e assicurarsi una buona fetta di futuro.

Da questo punto di vista, la guerra commerciale mossa contro Pechino dall’ex presidente Usa, Donald Trump, altro non era che una risposta – seppur mal formulata – agli assalti cinesi verso le capacità industriali e tecnologiche degli Stati Uniti. La tendenza è stata non a caso rilanciata da Joe Biden, la cui amministrazione ha imposto alle aziende statunitensi il divieto di esportazione di chip avanzati oltre la Muraglia.

Per alcuni sarebbe ormai troppo tardi, nel senso che Washington non sarebbe ormai più in grado di resistere ad una lunga e seria Trade War contro la Cina. In ogni caso, la guerra sino-americana per il primato nei settori fondamentali dell’economia è in atto già da tempo. Non solo: il braccio di ferro potrebbe intensificarsi sempre di più, di pari passo con l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche tra i due Paesi. La posta in palio è altissima: chi trionferà nella guerra potrà blindare la sicurezza economica e nazionale a discapito del perdente.

I settori strategici del confronto Usa-Cina

Il Corriere della Sera ha parlato di otto settori strategici per i quali la Cina sta lavorando nel tentativo di ottenere supremazia e autonomia tecnologica: aeroplani a fusoliera larga, chip telefoni, grandi trattori e mietitrici, apparecchiature mediche avanzate; robot industriali, apparecchiature per energia rinnovabile, componentistica navale e veicoli green.

Nell’ultimo decennio, Pechino ha accumulato riserve di valuta estera per un valore di 3,2 trilioni di dollari, e ancora adesso gode del più grande saldo di conto corrente del mondo. Nel 2011, il gigante asiatico ha registrato un surplus commerciale di 276,5 miliardi di dollari con gli Stati Uniti. Questo “risultato”, ha scritto il think tank Information Technology & Innovation Foundation, deriverebbe in gran parte dal fatto che la Cina starebbe praticando un “mercantilismo economico” su una scala senza precedenti. “La Cina cerca non solo un vantaggio competitivo, ma un vantaggio assoluto. In altre parole, la strategia della Cina è quella di vincere praticamente in tutti i settori, in particolare nei prodotti e nei servizi tecnologici avanzati”, si legge nel paper Confronting Chinese Innovation Mercantilism.

Certo, si potrebbe obiettare che tutti i Paesi fanno qualcosa di simile, e affermare che questa è l’essenza della concorrenza. La strategia economica della Cina, a differenza di quella statunitense, consiste però in due obiettivi principali:

  1. Sviluppare e sostenere tutte le sue industrie che possono espandere le esportazioni, soprattutto quelle a più alto valore aggiunto, e ridurre le importazioni;
  2. Farlo in modo da garantire che le aziende di proprietà cinese vincano. Ragionando in termini diversi, gli Stati Uniti hanno perso terreno prezioso nel duello con il Dragone.

Il vantaggio di Pechino

Come ha fatto la Cina a raggiungere un simile risultato? L’ascesa senza precedenti del gigante asiatico è stata indirettamente innescata dalle multinazionali straniere che hanno scelto di sfruttare le riforme di apertura varate dal Dragone dal 1978 in poi, delocalizzando in massa oltre la Muraglia. Questi stessi attori hanno investito cospicue somme di denaro in loco e veicolato a fornitori cinesi commesse tanto strategiche quanto sofisticate. Con il passare degli anni, grazie ad un’efficace gestione economica politica e ad un mercato interno immenso, l’allievo cinese ha superato il maestro occidentale. Il resto è storia recente.

“La nostra ricerca rivela che la Cina ha costruito le basi per posizionarsi come la principale superpotenza scientifica e tecnologica del mondo, stabilendo un vantaggio a volte sbalorditivo nella ricerca ad alto impatto nella maggior parte dei settori tecnologici critici ed emergenti”, ha scritto l’Australian Strategic Policy Institute, meglio noto come ASPI, nel suo Critical Technology Tracker, un rapporto che certificare una sorta di Grande Balzo in Avanti tecnologico della Cina (clicca qui per leggere il rapporto completo).

I ricercatori cinesi sovrasterebbero le loro controparti americane nello studio di dozzine di tecnologie critiche, mentre la Cina stessa avrebbe il dominio assoluto in alcune attività scientifiche e sarebbe pronta a sviluppare importanti scoperte future. Nello specifico, i cinesi dominerebbero in 37 delle 44 voci passate in rassegna da Aspi; voci che comprendono energia, intelligenza artificiale, biotecnologia, spazio, materiali avanzati e difesa.

Il rischio più grande è che la Cina possa trasformare il suo vantaggio – vero o presunto – in un autentico monopolio, compromettendo così lo sviluppo economico, tecnologico e pure militare del blocco occidentale. L’establishment della sicurezza nazionale degli Stati Uniti prende sul serio la pianificazione della guerra militare ma, almeno fino a questo momento, non ha attuato adeguate contromisure per affrontare l’incombente sorpasso economico cinese. 

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