L’accordo siglato tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia, meglio noto con il suo acronimo Aukus, ha trasformato Canberra in un attore fondamentale per la salvaguardia degli equilibri dell’Indo-pacifico al fianco dei partner occidentali.

Il governo australiano aveva recentemente proposto di incrementare il suo bilancio della Difesa a circa 30 miliardi di dollari americani, una cifra che vale il 6,3% del budget per la spesa pubblica del Paese. Gran parte di questo investimento era stato pensato per acquisire i sottomarini nucleari previsti dall’intesa con Washington e Londra.

Sembrava che tutto fosse in discesa, fino a quando, dall’Australia, sono arrivate le prime perplessità. Secondo quanto riportato dal Guardian, alcuni funzionari australiani hanno fatto sapere ai diplomatici stranieri che il piano Aukus è “costoso” e non “facile da replicare”.

Come ha sottolineato il sito Breaking Defense, si fa un gran parlare di un aumento dei bilanci per la difesa dell’Australia, ma una nuova analisi dell’Australian Strategic Policy Institute (Aspi) ha in realtà spiegato che la spesa militare australiana per i prossimi due anni sta diminuendo. “L’unico aumento del budget della Difesa nei prossimi tre anni è la compensazione per l’aumento del costo delle attrezzature militari importate derivante da un calo del valore del dollaro australiano”, si legge nel paper.

Le difficoltà dell’Australia

Il finanziamento della Difesa australiana si è di fatto ridotto in un momento in cui sono state poste a Canberra richieste senza precedenti. Scendendo nei dettagli, tra il 2023 e il 2024 e il 2025 e il 2026, le cifre in ballo sono passate dai 100 ai 99,4 miliardi di dollari.

Il punto è che il governo ha effettuato un taglio nonostante gli annunci in merito ad Aukus e al contenuto della Defense Strategic Review, che dovrebbe rafforzare l’apparato militare del Paese a causa dell’aumento delle tensioni regionali. Le mosse fin qui realizzate sembrerebbero dunque essere in contrasto con l’impegno di finanziare il più grande programma nella storia australiana, coincidente con l’acquisto pianificato di una piccola flotta di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare, integrati da almeno tre sottomarini americani di classe Virginia.

Sulla carta, il programma Aukus costerà circa 240 miliardi di dollari e genererà fino a 20.000 posti di lavoro, secondo le stime del governo laburista, lo stesso governo che prevede, tra l’altro, di rafforzare in modo più ampio l’Australian Defence Force, sia in termini di dimensioni che di capacità. “Tuttavia”, afferma il rapporto Aspi, “l’urgenza delle richieste alla Difesa non si riflette nei suoi finanziamenti a breve termine“.

Gli impegni di Canberra

Il governo australiano, come detto, ha previsto di procurarsi tre sottomarini di classe Virginia dagli Stati Uniti da qui al 2030. Il governo prenderà anche in considerazione l’acquisto di altre due navi, nel caso in cui dovesse essere necessario.

Canberra ha inoltre previsto di spendere di più in attrezzature all’avanguardia, inclusi sottomarini nucleari e missili a lungo raggio, in risposta alla crescente influenza della Cina nella regione indopacifica. Migliorerà anche le piste di una base aerea nel nord del Paese, amplierà gli hangar per aerei da combattimento e aumenterà la sua capacità di produrre missili a lungo raggio a livello nazionale. Ricordiamo che, al momento, i missili australiani hanno una portata di soli 40 chilometri circa, che dovrebbe essere estesa a circa 500.

Tutto questo è scritto nero su bianco nella Defense Strategic Review nazionale. Ufficialmente, l’Australia punterebbe a spendere lo 0,15% del prodotto interno lordo per acquisire sottomarini nucleari. I conti potrebbero tuttavia non tornare o riservare delle sorprese.

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