sottomarino della Marina australiana (Getty)

Cos’è Aukus

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L’accordo tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti – noto come Aukus dalle iniziali dei nomi dei Paesi in lingua inglese – è un episodio che appare fondamentale nelle logiche dell’Occidente e nei rapporti di forza dell’Indo-Pacifico. Il patto tripartito, che prevede la condivisone di tecnologia militare, intelligence, capacità nell’intelligence artificiale ma soprattutto la dotazione di sottomarini a propulsione nucleare all’Australia apre la strada a due problemi.

Da una parte mostra l’interesse Usa verso il Pacifico e il disinteresse nei confronti degli Stati europei. In particolare della Francia, che si è vista cancellare un contratto da più di 40 miliardi di dollari. Dall’altra parte, la mossa di Londra e Washington per armare Canberra con questi sommergibili conferma una corsa al riarmo che preoccupa soprattutto la Cina, terrorizzata dall’idea che i rapporti di forza nella regione possano mutare in favore del blocco dell’Indo-Pacifico legato agli Stati Uniti. Washington, con Aukus, Quad, accordi Asean e cooperazione con l’India, sembra sempre più coinvolta nel quadrante Pacifico e intenzionata a fermare l’espansione verso est della Repubblica popolare cinese.

L’alleanza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti è definita dai governi che l’hanno siglato come una partenariato di “sicurezza trilaterale rafforzato” il cui scopo è quello “di approfondire la cooperazione diplomatica, di sicurezza e di difesa nella regione indo-pacifica, anche lavorando con i partner, per affrontare le sfide del ventunesimo secolo”. Nella dichiarazione congiunta firmata da Boris Johnson, Scott Morrison e Joe Biden, si legge: “Promuoveremo una più profonda condivisione di informazioni e tecnologie. Promuoveremo una più profonda integrazione della scienza, della tecnologia, delle basi industriali e delle catene di approvvigionamento legate alla sicurezza e alla difesa. E in particolare, approfondiremo significativamente la cooperazione su una serie di capacità di sicurezza e difesa”.

Il primo passaggio dopo la nascita dell’alleanza Aukus è quello di dotare l’Australia di sottomarini a propulsione nucleare. Un obiettivo che ha scatenato l’ira della Francia – come spiegheremo più avanti – ma che rappresenta anche la chiave per comprendere l’importanza di questo accordo. “Sfrutteremo l’esperienza degli Stati Uniti e del Regno Unito, basandoci sui programmi sottomarini dei due Paesi per mettere in servizio una forza australiana alla prima data raggiungibile” fanno sapere da Canberra.

Questo, va ricordato, non implica il passaggio a sottomarini lanciamissili balistici, negati anche dalla nota pubblicata dopo l’annuncio del patto trilaterale. Anzi, nella nota dopo la firma di Aukus si conferma che “l’Australia rimane impegnata ad adempiere a tutti i suoi obblighi come Stato non dotato di armi nucleari, anche con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica”.

Ma Aukus non prevede solo la dotazione di sottomarini nucleari all’Australia. Sottomarini che saranno costruiti nei cantieri australiani, dando quindi modo a Canberra di aumentare i posti di lavoro e di realizzare in loco i nuovi gioielli della flotta. L’alleanza infatti prevede che i tre Paesi “si concentreranno sulle capacità informatiche, sull’intelligenza artificiale, sulle tecnologie quantistiche e su ulteriori capacità sottomarine”. Una sinergia che diventerà presto interoperabilità e che si inserisce nel quadro di due alleanze precedenti: i Five Eyes e il Quad. Inoltre, il governo australiano ha ribadito che nell’arco di un decennio le forze armate si doteranno di missili da crociera Tomahawk, missili Standoff, missili anti-nave a lungo raggio l’F/A-18F Super Hornet, missili teleguidati di precisione per le forze di terra. E a questo si aggiunge l’ulteriore scambio di tecnologie per la produzione di missili ipersonici.

Australia, Regno Unito e Stati Uniti hanno interessi in comune, ma non per questo completamente aderenti.

L’Australia, che è da decenni considerato l’avamposto del blocco a guida Usa nel Pacifico, considera da tempo fondamentale controbilanciare (certo non da sola) l’avanzata cinese nell’area. Un interessamento che deriva non solo da una continua espansione delle forza militare di Pechino, ma anche dalle mosse della Repubblica popolare in tutta la regione dell’Indo-Pacifico. Canberra sa che l’unico freno a questo cambiamento epocale della strategia pacifica, e cioè la nascita di una potenza marittima cinese, è quello di stringere i legami con l’Anglosfera. Anche a costo di rompere un accordo pluridecennale con la Francia per la fornitura di sottomarini che ha provocato non poche tensioni con Parigi.

Il governo Morrison ha provato a spiegare che quel contratto concluso nel 2016 aveva già degli ostacoli che ne rendevano difficile l’attuazione. Ha parlato di cambiamenti radicali nella sicurezza della regione e che la tecnologia nucleare non era disponibile quando firmò l’accordo con Parigi, dal momento che fino ad allora il patto di condivisione era solo tra Regno Unito e Usa. Ma è chiaro che al netto dei documenti australiani la decisione è stata soprattutto politica: si è voluto spingere per sottomarini a propulsione nucleare e di matrice anglo-americana. Blindando in questo modo le relazioni con il blocco di Washington e Londra.

Per il Regno Unito, l’interesse sembra duplice. Da una parte c’è l’evidente motivazione di inserirsi in modo sempre più radicato nel quadrante dell’Indo-Pacifico per sviluppare quell’idea di Global Britain tanto cara nel post-Brexit. La decisione di Johnson è stata dettata anche dall’evidente necessità mostrata dal suo governo di presenziare, con la flotta e con la diplomazia, nei mari dell’Estremo Oriente. E nel patto Aukus prevede un intervento che potrebbe anche essere foriero della vendita dei suoi sottomarini classe Astute. C’è poi un profilo politico in chiave europea da non poter sottovalutare: uno sgarbo all’Ue e alla Francia interrompendo un contratto da decine di miliardi di euro è sicuramente un colpo importante nelle logiche mercantiliste che regolano i rapporti tra Londra e le capitale del Vecchio Continente.

Per gli Stati Uniti, invece, l’obiettivo appare quello di contenere l’avanzata cinese evitando un ulteriore dispiegamento di forze navali. Già ampiamente presenti tra Giappone e Corea del Sud. Washington sta cercando di sganciare gradualmente gli alleati Asean e pacifici dai rapporti stretti con la Cina, ma cerca anche di rafforzare questi partner in una logica quasi “federativa”. Aukus serve così non solo a imbrigliare Pechino, ma anche a far sì che gli alleati locali siano rafforzati al punto da poter competere, in sinergia con gli Usa, a questo contenimento. Una scelta quindi dettata da interessi strategici chiari nel quadro di quel rimodellamento strategico Usa che guarda sempre più diretto alle coste del Pacifico. È li che Washington gioca la sua vera partita. Ed è lì che vuole alleati forti, in grado di sostenere le missioni americane.

La firma di Aukus ha condannato il contratto del secolo siglato da Francia e Australia per la dotazione di sottomarini diesel-elettrici prodotti da Naval Group. Un accordo di decine di miliardi di euro, quantificato tra i 40 e i 55 miliardi, che per il campione della cantieristica francese equivaleva a mettere una pietra miliare nel mercato dell’Indo-Pacifico, oltre a vedere arrivare un fiume di liquidità dopo alcune commesse perse a scapito di rivali occidentali (europei e americani).

Emmanuel Macron si è mostrato su tutte le furie per quanto avvenuto tra Canberra, Londra e Washington. Il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian ha parlato di “pugnalata alla schiena”, “abbiamo costruito una relazione di fiducia con l’Australia, ed è stata tradita” ha detto il capo della diplomazia di Parigi. E su ordine del presidente, ha richiamato gli ambasciatori in Australia e Usa.

Una scelta di rottura molto significativa, cui si è aggiunta la levata di scudi di tutta l’Europa. Ursula von der Leyen ha stigmatizzato la firma di Aukus al pari del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, il quale ha definito la mossa del Pacifico “irritante”. L’Unione europea, che da tempo discute di autonomia strategica, ha assistito inerte a un accordo che di fatto non ha solo cancellato un contratto tra l’Australia e un Paese membro Ue, ma ha anche dimostrato la scarsa considerazione degli Stati Uniti nei confronti dei partner europei. La strategia indo-pacifica dell’Ue, annunciata ironicamente lo stesso giorno dell’accordo tra i tre Stati dell’anglosfera, è estremamente debole e poco incisiva rispetto a quella proposta da Washington. Che di certo non vuoe tentennamenti da parte di Bruxelles e Stati membri dell’Ue.

La reazione di Pechino è stata ovviamente pessima. Con l’Australia i rapporti erano già estremamente tesi: ma è evidente che adesso la questione diventa non solo diplomatica ed economica, ma anche militare. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha condannato la scelta di Stati Uniti e Regno Unito di esportare tecnologia nucleare bollandola come atto di “estrema irresponsabilità”. E riferendosi all’Australia, il funzionario cinese ha detto: “Decida se vuole trattare la Cina come partner o come minaccia”. Parole dure che rivelano però la forte irritazione da parte della Cina per un accordo che è chiaramente orientato contro le mosse di Pechino.

Il portavoce dell’ambasciata cinese negli Usa, Liu Pengyu, ha chiesto che Stati Uniti, Regno Unito e Australia la facciano finita con questa “mentalità da guerra fredda fuori tempo massimo”. Secondo Shi Yinhong, professore dii relazioni internazionali alla Renmin University, Aukus potrebbe costituire l’inizio di “un atteggiamento intransigente”. E, come scrive Agenzia Nova, anche altri esperti seguono questa linea ribadendo il fatto che questa alleanza è esattamente ciò che Pechino non vuole per l’Indo-Pacifico. Un meccanismo di sinergia tra alleati del blocco Usa che appare molto più vicino a quanto richiesto dai partner del Pacifico rispetto ad altre aree del mondo.