Ufficialmente l’accordo è definito, gli obiettivi sono condivisi e i giochi fatti. Bisogna soltanto avere pazienza e rispettare la road map scandita dai tre Paesi coinvolti nell’intesa. Dietro le quinte inizierebbero tuttavia ad emergere dubbi di aver programmato un passo che rischia di essere più lungo della gamba. L’accordo siglato tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia, meglio noto come Aukus, ha reso Canberra un attore fondamentale per la salvaguardia degli equilibri dello scacchiere dell’Indo-pacifico.
Il punto è che, da un lato, sul fronte australiano, c’è chi inizierebbe a rendersi conto dei costi economici richiesti per assumere un simile ruolo, mentre dall’altro, sponda Washington, non mancano legislatori che temono le conseguenze strategiche del patto.
Detto altrimenti, così come in Australia, nel bel mezzo dell’inizio di una timida e inedita crisi economico-sociale, crescono i dubbi per i circa 240 miliardi di dollari necessari per rafforzare l’Australian Defence Force, negli Usa 25 legislatori repubblicani hanno dichiarato al presidente Joe Biden che Aukus avrebbe “indebolito in modo inaccettabile” la flotta statunitense.
I dubbi Usa
Aukus prevede che gli Stati Uniti vendano all’Australia tre sottomarini a propulsione nucleare della classe Us Virginia all’inizio degli anni ’30, prima che Canberra, in tandem con il Regno Unito, produca una nuova classe di sottomarini – Ssn Aukus – durante il decennio successivo.
I legislatori statunitensi hanno quindi esortato Biden ad aumentare i finanziamenti per la flotta sottomarina Usa, temendo per la cessione, senza adeguato rimpiazzo, dei suddetti mezzi al governo australiano. In generale, a Washington sono tutti consapevoli dell’importanza di Aukus, conditio sine qua non per contro bilanciare l’ascesa della Cina nell’Indo-Pacifico. Allo stesso tempo, i contorni ancora indefiniti del patto lasciano aperte questioni rilevanti. Come quella, sollevata dal gruppo di legislatori, del possibile indebolimento dell’esercito statunitense.
“Sono molto fiducioso e ieri sera ho parlato con il loro segretario alla Difesa Lloyd Austin“, ha tuttavia detto il primo ministro australiano Anthony Albanese. “C’è pressione sulla base industriale americana. Lo abbiamo capito bene. Ecco perché daremo un contributo”, ha aggiunto il ministro della Difesa australiano Richard Marles. Pare infatti che l’Australia abbia deciso di investire 3 miliardi di dollari nella base industriale sottomarina statunitense come parte di Aukus.
La speranza dell’Australia
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha dichiarato a Brisbane che c’è stato un “solido sostegno bipartisan” per Aukus. Il ministro degli Esteri australiano, Penny Wong, il segretario alla difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, Marles e lo stesso Blinken, si sono incontrati, impegnandosi a lavorare a stretto contatto nella regione indo-pacifica, e annunciando piani per aumentare il dispiegamento di truppe statunitensi e pattugliamenti marittimi, nonché di collaborare alla difesa spaziale.
L’Australia, come ha evidenziato il Financial Times, inizierà anche a produrre e fornire missili guidati agli Stati Uniti entro il 2025, il che secondo Marles è stato un impulso “molto, molto significativo” per l’industria della difesa del Paese.
Canberra spera insomma di ottenere l’ombrello militare rappresentato dai sottomarini. Nel frattempo, Blinken ha aperto alla possibilità che la Nuova Zelanda e altri partner possano partecipare al patto Aukus. “La porta è aperta alla Nuova Zelanda e ad altri partner per impegnarsi come ritengono opportuno”, ha dichiarato. Wellington sta intanto valutando la cooperazione sugli aspetti non nucleari dell’accordo congiunto Australia-Regno Unito-Stati Uniti.