Nei primi anni Duemila, di tanto in tanto gli Stati Uniti erano soliti inviare circa 300 aviatori appartenenti agli squadroni di bombardieri delle basi di Barksdale, Minot e Whiteman a Guam. Nell’ambito di molteplici rotazioni, regolarmente programmate dal 2003, questi piloti erano chiamati a prestare servizio nella più lontana roccaforte statunitense incastonata nel cuore dell’Oceano Pacifico.

Il loro obiettivo era semplice: creare un ombrello protettivo e di deterrenza nell’intera regione controllata dallo United States Indo-Pacific Command (Usindopacom), mediante la semplice presenza di B-2 e B-52 pronti all’eventuale uso, e attraverso varie sessioni di esercitazioni e addestramenti. In questo modo, Washington era in grado di flettere i suoi muscoli così da scongiurare eventuali mosse azzardate dei rivali asiatici, Cina e Corea del Nord in primis.

Per un bombardiere che usciva, ce n’era sempre un altro pronto a subentrargli. È così che i velivoli di stanza a Guam hanno consentito agli Usa di intrecciare potere militare e strategia politica, dando vita ad una presenza continua di questi mezzi e creando la soprannominata “diplomazia dei bombardieri“, una trovata efficace per rassicurare i partner statunitensi in loco e scoraggiare potenziali avversari. Insomma, per anni gli Stati Uniti hanno utilizzato i loro bombardieri strategici come strumento di politica estera e sicurezza.

Ebbene, oggi la stessa deterrenza in passato generata soltanto dai suddetti bombardieri è implementata anche dai sottomarini. Nello specifico, i sottomarini nucleari – e cioè quelli che trasportano missili balistici con testate nucleari (Ssbn) – sembrano aver assunto un ruolo chiave nella nuova “diplomazia sottomarina” degli Usa.

L’importanza dei sottomarini

Come ha sottolineato The Diplomat, anche se il loro ruolo può essere simile, c’è una differenza sostanziale tra la diplomazia dei bombardieri e quella dei sottomarini. Nel primo caso, la strategia era ancorata alla visibilità dei velivoli che, per lanciare il messaggio di deterrenza e potenza, dovevano volare ed essere osservati dai nemici. Nel secondo, i sottomarini sono pensati per essere invisibili, si muovono nelle profondità marine e sono attivi in operazioni silenziose.

Considerando che la Cina, rispetto ai primi anni Duemila, ha notevolmente rafforzato il proprio esercito, marina compresa, per gli Usa si è reso necessario accendere i riflettori anche sulle proprie capacità sottomarine. Non è un caso che nella Dichiarazione di Washington, stipulata nell’aprile 2023 tra Stati Uniti e Corea del Sud, i primi si siano impegnati a migliorare la regolare visibilità delle risorse strategiche nella penisola coreana, come evidenziato dalla recente visita del sottomarino a propulsione nucleare lanciamissili da crociera Uss Michigan a Busan.

Nel documento citato non si parla di uno schieramento periodico di sottomarini nei pressi di Seoul, ma è altamente probabile che l’idea di portare sporadicamente Ssbn in Sud Corea possa diventare parte integrante della strategia indo-pacifica americana. Per mandare un chiaro messaggio a Kim Jong Un ma anche per avvertire la Cina.

L’amplificatore Aukus

In tutto questo è importantissimo considerare l’Aukus, e cioè l’accordo strategico stretto nel settembre 2021 tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia volto ad approfondire la cooperazione trilaterale dei tre Paesi sulle capacità di difesa e sicurezza. In un primo momento, l’intesa puntava alla costruzione di sottomarini a propulsione nucleare da consegnare a Canberra; in seguito, il patto è diventato parte integrante dell’approccio di deterrenza Usa impiegato per contenere Pechino nell’arena indo-pacifica. In che modo? Attraverso la combinazione di strumenti diplomatici, economici e militari.

Da questo punto di vista, per la prima volta Washington condividerà la propria tecnologia nucleare con il partner australiano, oltre che con il Regno Unito. Collegando Aukus agli obiettivi della diplomazia dei sottomarini statunitense, ecco che il primo potrebbe fungere da amplificatore del secondo.

Come se non bastasse, Kurt Campbell, Coordinatore del Consiglio di sicurezza nazionale Usa per l’Indo-Pacifico, ha dichiarato che c’è “un dialogo in corso con un gruppo eterogeneo di nazioni che esprimono interesse per Aukus”. “Apprezziamo questo interesse diffuso. È un segnale positivo e ci impegniamo a esplorare queste prospettive in modo responsabile”, ha concluso.

Al netto di qualsiasi allargamento, più o meno diretto, di Aukus, il patto tripartito si basa su tre pilastri: i sottomarini d’attacco a propulsione nucleare da destinare all’Australia; la condivisione di tecnologie chiave come l’ipersonica, i droni sottomarini e l’intelligenza artificiale; la condivisione delle informazioni e delle intelligence. Chiunque dovesse allargare l’intesa, sarà chiamato a contribuire su questi fronti.  

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