Le ultime ore di Mosul

I proiettili sibilano sopra le nostre teste o rimbalzano impazziti sulle macerie nell’ultima, feroce battaglia che ha liberato Mosul, la “capitale” del Califfato in Iraq. Il generale Shaker Jawdat, capo della polizia federale irachena, ha annunciato ieri la conquista della città vecchia nella zona ovest. L’ultimo bastione jihadista, dove, in realtà, rimangono ancora cellule e sacche di irriducibili, ma le bandiere nere sono oramai sconfitte. Nonostante lo Stato islamico abbia risposto che i suoi uomini continueranno a combattere fino alla morte. E così è stato durante la battaglia finale di venerdì nella parte antica di Mosul. Il paesaggio nella città vecchia, ultimo ridotta dello Stato islamico, è lunare: le case, una attaccata all’altra sono sventrate, annerite delle fiamme o fatte a pezzi dagli attacchi aerei, dopo 9 mesi di furiosi scontri. Le raffiche di mitragliatrice degli ultimi jihadisti di Mosul sono rabbiose, ma è al fruscio della morte che non ti abitui. L’artiglieria tuona da chilometri di distanza. Quando il colpo arriva sopra le nostre teste fendendo l’aria, come una sciabola sguainata, sembra sempre che ti piombi addosso. Pochi secondi dopo la granata esplode sulle postazioni delle bandiere nere con un pauroso boato. Un manipolo di 200 miliziani votati alla morte era asserragliato, con le unghie e con i denti, in un fazzoletto dell’antica Mosul. I seguaci del Califfo, completamente circondati e con alle spalle il fiume Tigri hanno continuato a combattere senza speranza.