“Uno dei miei gemelli di 8 anni si è messo a correre passando vicino al terrorista suicida. Un angelo lo ha protetto. Il kamikaze si è fatto esplodere quando mio figlio era già lontano” ricorda Gihen Gergis Basiri con lo sguardo triste e la voce rotta dall’emozione. La vedova cristiana ha perso il marito, davanti ai suoi occhi, lo scorso anno, quando il terrorista dello Stato islamico ha seminato morte e terrore davanti alla chiesa di San Marco, la più antica di Alessandria dove riposano le reliquie dell’apostolo. La domenica delle Palme, l’obiettivo fallito delle bandiere nere era uccidere il Papa ortodosso, Tawadros II, che guida la maggioranza dei cristiani d’Egitto. Gihen è vestita di nero e non muove bene un braccio disarticolato dall’esplosione. La sopravvissuta racconta il “martirio” del marito nella stessa chiesa dove l’attentato suicida ha falciato 16 egiziani fra guardie di sicurezza e cristiani compresi bambini. Al suo fianco i due gemelli, Fedi, che significa Salvatore, illeso per miracolo e Bishoi, che ha cercato di aiutare la madre sanguinante subito dopo l’esplosione. REPORTAGE DI FAUSTO BILOSLAVO