C’è un dato di fatto importante alla base di ogni analisi tracciabile sull’attentato di Kabul. Tra Isis e talebani non è mai corso buon sangue. Anzi, al contrario, per motivi ideologici e politici i due gruppi si sono duramente scontrati negli anni passati. Dunque un segnale gli uomini del califfato prima o poi, rivedendo i talebani al potere, lo avrebbero lanciato. Tuttavia, nello specifico episodio di giovedì, ci sono anche altri elementi da dover tenere in considerazione. A partire dal fatto che l’attentato compiuto nei pressi dell’aeroporto politicamente potrebbe comportare vantaggi per gli studenti coranici. E che, soprattutto, questi ultimi arrivando a Kabul nella giornata di ferragosto hanno lasciato liberi centinaia di prigionieri delle locali carceri. Tra questi c’erano anche esponenti di spicco dell’Isis.

Lo scaricabarile dei Talebani

C’è una frase che il portavoce talebano, Zabihullah Mujahid, può spiegare la strategia dei nuovi padroni di Kabul post attacco: “Gli attentati – si legge in un suo post su Twitter – sono avvenuti in un’area dove le forze Usa sono responsabili della sicurezza”. In poche parole, gli unici responsabili di quanto accaduto sono stati gli americani. Secondo il ragionamento del portavoce, il movimento non solo non ha nulla a che vedere con l’attentato, ma non è in alcun modo colpevole di mancata protezione dei civili deceduti. I gli eredi del Mullah Omar stanno quindi provando a ribaltare la situazione. Un attacco con vittime a Kabul a pochi giorni dal loro insediamento, poteva risultare come un grave smacco per i loro apparati di sicurezza. Ma gli islamisti, senza troppi giri di parole, stanno scaricando la colpa interamente agli Stati Uniti.

L’obiettivo non è soltanto quello di smarcarsi da quanto accaduto. C’è anche un altro aspetto da considerare. Se, seguendo il ragionamento di Mujahid, gli Usa non sono stati in grado di garantire la sicurezza, allora è meglio che i soldati di Washington tolgano il disturbo quanto prima. Non oltre, almeno, il 31 agosto. Una data quest’ultima indicata come improrogabile dagli stessi talebani nei giorni scorsi: “Se gli Usa non lasceranno l’aeroporto di Kabul quel giorno – avevano dichiarato i portavoce del movimento da Doha – ci potrebbero essere conseguenze”. I nuovi leader afghani non vogliono quindi perdere tempo. Per loro è importante l’ultimazione del ritiro occidentale e proclamare definitivamente la vittoria. Solo dopo annunceranno il governo. Un esecutivo che dovrebbe essere “inclusivo”, ma senza truppe straniere in giro per Kabul nulla a questo punto è al sicuro. Intanto le bombe fatte detonare giovedì dai kamikaze dell’Isis, il cui gruppo locale si è assunto la paternità dell’attacco, stanno servendo ai talebani per sollecitare i soldati occidentali a lasciare anche l’aeroporto della capitale.

Gli studenti coranici avevano messo in conto l’attacco

Talebani e Isis, come detto, sono stati spesso ai ferri corti. Eppure, come sottolineato su IlGiornale.it da Gian Micalessin, sono stati proprio gli studenti coranici a liberare centinaia di terroristi dalle carceri. Un’ambiguità che potrebbe risultare fondamentale per capire la dinamica dell’attacco di giovedì contro i civili assiepati davanti l’aeroporto di Kabul. Due le possibili ipotesi. O anche i talebani hanno imparato in questi anni ad usare i cosiddetti “false flage“, ossia episodi “confezionati” per dare la colpa al nemico. Oppure, più semplicemente, hanno lasciato fare. Sapevano cioè, conoscendo bene la mentalità dell’Isis locale, che i jihadisti avrebbero attaccato. Liberando molti miliziani, hanno dato modo alle cellule del califfato islamico di organizzarsi e mettere in piedi il progetto mortale attuato poi giovedì.

Vuol dire quindi che i talebani direttamente o indirettamente hanno avuto un ruolo su quanto accaduto. Nella “migliore” delle ipotesi, non hanno fatto nulla per impedire un attacco in grado di potenziarli politicamente e far alzare la voce contro gli Usa per chiedere ancora una volta un imminente ritiro. E non sono da escludere, nel prossimo futuro, altri episodi di questo genere. Per questo molti Paesi occidentali hanno oramai sospeso i ponti aerei dall’aeroporto di Kabul e gli Stati Uniti stanno invitando a non recarsi più nello scalo. Il sospetto è che le azioni terroristiche non siano affatto cessate.

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