L’inverno è giunto al termine anche sulle montagne afghane, le nevi sono sciolte, le mulattiere sono tornate ad essere percorribili, i campi di papavero sono in fiore e i talebani annunciano l’inizio della stagione calda.

La primavera, nelle province dello stato dell’Asia centrale non coincide con l’arrivo della pace e della distensione, anzi è sinonimo di guerra, di recrudescenza del conflitto, di offensive e attentati. E a precisarlo sono stati proprio gli stessi talebani che martedì hanno fatto sapere che quella che inizieranno sarà un’offensiva in tutto il Paese, fatta di attacchi su larga scala. E hanno ricordato poi che questo 2016 è anche il 15esimo anno della loro guerra contro il governo afghano appoggiato dagli Usa.

Nelle dichiarazioni dei ribelli, riportate dall’agenzia AP si legge anche che la campagna militare annunciata è stata ribattezzata ‘‘Operazione Omar”, in memoria del leader dei talebani Mullah Mohammad Omar, e l’invito a tutti i mujaheddin è quello di praticare la jihad contro gli invasori americani, dal momento che è un”obbligo santo”.Il 2015 si è concluso con 11mila civili che sono morti o rimasti feriti durante i combattimenti ed è per questo che i guerriglieri hanno precisato nella loro dichiarazione che faranno il possibile per escludere la popolazione civile, che nelle aree sotto il loro controllo creeranno delle strutture in grado di assicurare sicurezza e normalità alla gente e inoltre avanzano l’ipotesi di intraprendere un dialogo con i soldati afghani dell’esercito regolare per invitarli all’insurrezione.

Attentati, azioni di guerriglia, combattimenti con l’artiglieria, gli analisti prevedono che l’ escalation di violenza avverrà con ogni mezzo possibile e intanto si preparano i soldati statunitensi e Nato ad affrontare un inferno primaverile. Formalmente le truppe statunitensi e delle Nazioni Unite hanno finito la loro missione di combattimento nel 2014 e ora rivestono un ruolo di formazione e consulenza. Ma questo non impedisce loro, comunque, di essere richiamati a difendere e combattere in particolari situazioni di deterioramento delle condizioni di sicurezza. Proprio come quelle che i talebani hanno preannunciato di generare a breve.

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