Non è la prima volta che l’Occidente viene colpito dal terrore nei giorni che precedono il Natale. Il 19 dicembre del 2016, un camion si getta contro la folla che sta visitando i mercatini di Natale di Berlino e provoca una vera e propria strage: 12 morti e 56 feriti. A guidare l’autoarticolato è Anis Amri, un lupo solitario del Califfato che, qualche giorno dopo l’attacco, verrà ucciso alle porte di Milano mentre cercava di scappare chissà dove.

Ora, non si sa ancora se Chérif C., il presunto attentatore di Strasburgo, sia effettivamente legato allo Stato islamico o ad altri gruppi terroristici. Quel poco che si sa riguarda solamente una sua schedatura come “fiche S”, ovvero un soggetto radicalizzato, e che è un casseur, un teppistello, con alle spalle reati comuni. Un profilo, questo, che ricorda quello del primo jihadista francese, Khaled Kelkal, ucciso il 29 settembre del 1995 dai gendarmi francesi. Quel giorno, la storia dei musulmani di Francia cambiò per sempre. Come scrive Khaled Fouad Allam in Il  jihadista della porta accanto: “I figli di immigrati di seconda generazione, le prime rivendicazioni musulmane (ad esempio, la questiojne del velo a scuola, ecc.), la guerra civile in Algeria iniziata dopo l’interruzione del processo elettorale da parte dell’esercito algerino, per paura di un’affermazione politica e sociale turbolenta per la Francia degli anni Novanta”.

Ma la domanda da porci, ora che il terrore è tornato nel Vecchio Continente, è: sono stati davvero gli uomini del Califfato? E se sì, perché hanno colpito proprio ora? Daesh, come è noto, è in crisi. L’idea di Stato islamico è praticamente scomparsa perché i jihadisti non possiedono praticamente più alcun territorio, se non poche sacche di resistenza in Siria e in Iraq. Ma può ancora colpire. Certo, in maniera più rozza. Ma può farlo. Le centrali di Raqqa che pianificavano gli attentati contro l’Occidente sono ormai scomparse. Ma i lupi solitari sono pronti a colpire, senza alcun coordinamento con la cellula madre. E non è nemmeno detto che il coordinamento debba esserci. Basta colpire, poi il Califfato provvederà a metterci su il cappello.

Ed è proprio quello che è successo ieri. Chérif C. ha colpito. Ma era davvero legato all’Isis? I dettagli li scopriremo nelle prossime ore, ma è certo che i simpatizzanti del califfato si sono subito appropriati di questa azione. Ma non solo. Nei giorni scorsi, erano stati pubblicati sui social diversi messaggi di simpatizzanti jihadisti in cui si invitava i lupi solitari a colpire il Natale. Opere rozze, va detto e di simpatizzanti, non dei canali principali di Daesh. Ma che comunque fanno presa nell’immaginario di chi simpatizza per il jihad. Messaggi simili erano apparsi solamente qualche giorno fa con l’invito di colpire il capodanno di New York.

Ma le feste natalizie rappresentano un obiettivo importante per le sigle jihadiste. Innanzitutto perché è facile reperire gli obiettivi, dato che le persone tendono a riversarsi per le strade per visitare negozi e mercatini. E poi perché la potenza dell’attacco aumenta in modo esponenziale. Rendendo tutti insicuri.