Fra pochi giorni lo Sri Lanka festeggia un anniversario che, all’interno dell’isola in cui sorge questo Stato asiatico, è molto sentito: il 17 maggio 2009 infatti, viene dichiarata la sconfitta delle “Tigri Tamil“, il gruppo in lotta contro il governo centrale dal 1983 per l’indipendenza delle province a maggioranza Tamil, un’etnia prevalentemente induista. Un conflitto, quello, che coinvolge diverse generazioni i cui spettri sono ancora ben evidenti in seno alla società cingalese.

Le bombe di questo disgraziato giorno di Pasqua contro i cristiani   fanno piombare il Paese nuovamente nei terribili ricordi di quella guerra. Ed adesso lo Sri Lanka si chiede in che modo può superare i pericoli derivanti da nuovi conflitti latenti tra le sue varie comunità.

Le comunità religiose presenti nello Sri Lanka

I cingalesi sono il gruppo etnico predominante nell’isola di Ceylon, nome con il quale anche lo Stato è conosciuto fino al 1972. Gran parte dei cingalesi professa lareligione buddista, di tradizione Theravada: almeno il 70% dell’intera popolazione dello Sri Lanka appartiene a questo gruppo religioso, il quale appare molto importante nella società e nella cultura cingalese. I cittadini di questo Paese asiatico vengono infatti descritti come molto religiosi e molto vicini ai precetti della fede buddista, tanto da farne uno dei simboli nazionali più importanti e caratterizzanti. Il secondo gruppo etnico più importante è quello dei Tamil, che compongono circa il 18% della popolazione. Le province abitate dai tamil sono quelle settentrionali ed orientali, gran parte di loro professa la religione induista che, complessivamente, appare professata dal 12% dei cittadini.

Lo scontro tra il governo ed i tamil che caratterizza i 26 anni bui della guerra civile, è più politico che religioso: certamente il rapporto tra buddisti ed induisti non esce rafforzato dal conflitto, ma le rivendicazioni riguardano le autonomie richieste soprattutto dalle Tigri Tamil, la cui ideologia è marxista e dunque non legata propriamente all’induismo. Come scrive Alberto Negri, Islam e Cristianesimo fungono poi da vere e proprie “cerniere” di una società dilaniata dallo scontro tra governo e tamil.

I musulmani costituiscono il 10% della popolazione, i cristiani invece l’8%: due minoranze per la verità mai emarginate e mai perseguitate, attive in seno alla società civile e capaci spesso di mediare quando tra buddisti ed induisti il confronto cadeva anche lungo l’aspetto religioso. La guerra civile si chiude appunto dieci anni fa, ma non con mezzi politici: nonostante anni di tregue e mediazioni, alla fine il governo centrale riesce ad avere ragione con l’esercito sulle Tigri Tamil. Anche per questo forse le tensioni nel Paese non sono mai cessate del tutto e l’attentato contro i cristiani condotto nella giornata di Pasqua fa temere per la tenuta della società.

Le tensioni religiose nel Paese

Ma è già da mesi che lo Sri Lanka torna a sperimentare non poche tensioni. Dal marzo 2018 vige lo stato d’emergenza decretato dal governo del primo ministro Ranil Wickremesinghe. Questo perché  si assiste ad un’escalation di attacchi di estremisti buddisti contro i musulmani: l’episodio chiave si ha nel marzo del 2018 per l’appunto, quando alcuni buddisti assaltano la moschea della città di Kandy. Nei mesi precedenti, altri estremisti occupano moschee e proprietà di cittadini musulmani: il conflitto interno alla società cingalese appare riavviato. Dopo la proclamazione dello stato d’emergenza la situazione appare più sotto controllo, ma tra buddisti e musulmani i rapporti sembrano deteriorati. Per di più, in seno alla comunità musulmana inizia a far breccia l’estremismo: sono pochi ma figli di questo clima d’odio i foreign fighters cingalesi che si arruolano sotto le insegne dell’Isis.

Eppure il califfato non sembra aver attecchito molto nell’isola. L’attacco di questo giorno di Pasqua contro i cristiani, sarebbe opera di un gruppo ben organizzato e la matrice sarebbe quella dell’estremismo islamico, ma la polizia cingalese privilegia una pista tutta interna. I tredici fermati dopo l’attacco non avrebbero diretti contatti con l’Isis: questo vorrebbe dire, di fatto, che lo Sri Lanka ha al suo interno gruppi che si rifanno al califfato e che testimonierebbero l’avanzata di un’ideologia estremista in seno alla comunità musulmana.

Un’economia a rilento, uno scontro politico sempre più marcato tra il presidente Maithripala Sirisena ed il premier Wickremesinghe, con quest’ultimo che lamenta di non essere informato degli allarmi della Polizia diramati lo scorso 11 aprile, rischiano di essere elementi in grado di fare da detonatori e di estremizzare ulteriormente il confronto tra le varie comunità religiose.





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