“Abbiamo utilizzato armi chimiche, inclusi gas al cloro”. A rivelarlo alla Corte Suprema irachena è il foreign fighter belga ma di origine marocchina, Bilal Abdul-Aziz Al-Marshouhi, condannato a morte per impiccagione per essersi arruolato prima nelle file di Al Nusra, costola siriana di Al Qaeda, poi in quelle dello Stato islamico e per aver combattuto con le bandiere nere a Mosul in Iraq.

Nella sua confessione, il jihadista, conosciuto con il nome di battaglia Abu Fadhil Al Belgiki (il belga), racconta i suoi studi di ingegneria all’Università di Anversa e la sua radicalizzazione in Belgio.

La radicalizzazione in Belgio e l’arrivo in Siria

“Sono diventato mussulmano quando ho stretto un’amicizia con alcune persone che mi hanno consigliato delle letture che propagandavano idee estremiste e l’utilizzo della violenza. Allo scoppio delle rivolte in Siria, ho letto sui giornali e siti web le gesta dei miliziani di Al Nusra e dell’Esercito Siriano Libero, che combattevano contro l’esercito di Bashar Al Assad. Ho deciso così di partire per la Siria assieme a mia moglie olandese, anche lei di origine marocchina,” rivela il 25enne jihadista, come riportato dal quotidiano belga Le Soir.

La coppia si è stabilita dapprima ad Aleppo, entrando in Siria passando per la Turchia e sfruttando le famigerate autostrade della jihad, dei corridoi aperti da Erdogan nel 2015 per permettere ai foreign fighters di raggiungere il territorio controllato dall’Isis.

L’esperienza con Al Nusra ad Aleppo

Ad Aleppo, roccaforte dei ribelli jihadisti anti Assad fino alla sua liberazione nel 2016, si è unito al Fronte Al Nusra, oggi denominata Tahrir Al Sham, per combattere contro le forze dell’esercito regolare siriano.

Addestrato sia militarmente che psicologicamente a sopportare la guerra, entra in conflitto personale con uno dei leader di Al Nusra che lo accusa pubblicamente di “aprire dei siti pornografici”, severamente vietati nel regno del terrore del movimento islamista.

Per queste ragioni deve allontanarsi dal movimento, per spostarsi in un territorio sempre all’interno della città di Aleppo ma controllato questa volta dallo Stato islamico.

Utilizzo di armi chimiche a Raqqa

“Ho incontrato subito il governatore dell’Isis per Aleppo, Abu Hafs al-Jazrawi, e sono stato reclutato nelle forze di polizia della città,” racconta il belga Al-Marshouhi. La polizia del Califfato, secondo il foreign fighter, era divisa in tre sezioni: la polizia militare supervisionata da un generale dell’esercito, la polizia giudiziaria coordinata da un giudice civile e infine la polizia islamica composta da diverse pattuglie.

Dopo essere stato ferito in combattimento, è stato trasferito nell’ufficio dell’Amministrazione Generale di Raqqa, all’epoca capitale dello Stato islamico per la Siria. In questa sua nuova posizione, ha assistito ad attacchi dei gruppi estremisti islamici condotti utilizzando armi chimiche, comprese bombe da mortaio fatte con il gas al cloro, confermando ulteriormente la detenzione e lo sviluppo da parte dei movimenti jihadisti di agenti chimici vietati, così come riportato già anche da Occhi della Guerra.

Riabilitato al combattimento dopo le ferite, ha raggiunto i tagliagole dell’Isis durante l’assedio di Mosul per difendere la città dalla quale Al Baghdadi aveva proclamato la nascita dello Stato islamico nel giugno del 2014.

Catturato dalle forze irachene durante l’assedio, è stato soggetto ad un processo dal tribunale penale di Baghdad, per poi essere condannato a morte per impiccagione secondo l’articolo IV della legge anti terrorismo dell’Iraq.

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