Ogni dieci arrestati per delitti legati al terrorismo di matrice islamica, uno viene da Birmingham. Si può partire da questo dato, riportato con estrema chiarezza dal Daily Mail, per comprendere cosa significhi per il Regno Unto la questione del terrorismo islamico. Non è più soltanto un problema internazionale: per Londra il terrorismo è un problema interno. L’ultimo attacco avvenuto lo scorso mercoledì non è stato un fatto inaspettato né per gli analisti né per l’intelligence britannica, che ormai conosce a fondo il problema delle proprie città. In particolare il problema di Birmingham, seconda città del Regno Unito per numero di abitanti, e ormai divenuta a tutti gli effetti la culla dello jihadismo made in UK.Tra i sobborghi della città è facile comprendere come qui il sistema di integrazione posto in essere dai governi inglesi nel corso dei decenni, stia letteralmente naufragando sotto i colpi sferzati dalle ondate massicce di immigrazione ma soprattutto dalla creazione di enclave impermeabili allo Stato e anche alle altre culture, che rendono di fatto immune la città da qualunque tentativo di creazione di un sistema di sinergie fra diverse culture.I dati demografici mostrano un’evoluzione particolare per Birmingham: nei prossimi anni almeno un quarto della popolazione sarà di fede islamica. Naturalmente il dato di per sé non dovrebbe essere un problema, ma lo diventa se messo in correlazione con il forte taso di radicalizzazione che stano vivendo i sobborghi a maggioranza musulmana: una radicalizzazione che preoccupa sia le comunità islamiche più antiche della città, ormai messe a tacere dal sopravvento di forze più fondamentaliste; ma che preoccupa soprattutto il sistema di sicurezza del Regno Unito, che ormai osserva impietrito la nascita di veri e propri quartieri immuni allo Stato, dove la legge di Londra cede ogni giorno il passo all’organizzazione interna dei ghetti. Ma la storia recente di Birmingham dimostra che non esiste soltanto un problema di natura giudiziale, ma anche soprattutto una questione di matrice culturale e infine politica. In alcuni sobborghi della città, la popolazione musulmana nata nel Regno Unito o giunta nel Regno si attesta intorno al 70% del totale degli abitanti.In quartieri come Washwood Heat, Alum Rock e Sparbrook vi sono aree in cui non si parla l’inglese, né viene compreso. Sparbrook in particolare è un caso del tutto paradigmatico di come qui il sistema di integrazione posto in essere da Londra stia letteralmente fallendo. Qui la comunità musulmana è composta in buona parte da abitanti provenienti da Pakistan, Bangladesh e Kashmir. Il Kashmir in particolare è l’area da cui provengono le comunità straniere di più antica residenza a Birmingham, essendo giunte nei primi anni Novanta dopo la nuova crisi fra India e Pakistan. Secondo le ricerche condotte dalla stessa università di Birmingham, a Sparbrook più del 30% della popolazione non è nata in Inghilterra. Di questo 30%, una parte significativa non conosce l’inglese. Se non c’è lo Stato, a Sparbrook c’è però la religione: secondo gli ultimi dati, solo in quel sobborgo vi sono circa 22 moschee, più o meno censite. Di queste, molte rappresentano per l’intelligence britannica veri e propri centri di proselitismo e radicalizzazione. E non è un caso quindi, vedendo questi dati, che Birmingham sia passata negli ultimi anni agli onori della cronaca per essere la città con cui abbiano avuto a che fare tutti i più pericolosi terroristi del Regno, o gli autori degli attentati che hanno colpito nel tempo soprattutto Londra.Naturalmente, la questione è diventata adesso anche politica. In molti, soprattutto fra i conservatori e i nazionalisti dell’UKIP, puntano il dito contro l’amministrazione laburista, che viene accusata di aver chiuso un occhio per molti anni nei confronti del radicalismo che si stava sviluppando fra i suoi quartieri per meri calcoli politici, con la speranza che la popolazione musulmana della città votasse per i Labour. Gli scandali che hanno colpito gli stretti legami fra comunità islamica e partito laburista negli ultimi mesi, dimostrano che il problema è stato tenuto nascosto per anni. L’inchiesta “Trojan Horse” sull’assessore della città per l’uguaglianza, Zaffar, che faceva pressioni alle scuole cattoliche per imporre il velo nelle uniformi scolastiche, così come le dimissioni del capo della moschea di Birmingham, Muhammad Afzal, storico consigliere laburista della città, costretto a lasciare per frasi rese in pubblico contro i cristiani e i governi conservatori, sono tutti segnali di come l’integrazione sia stata completamente abbandonata per far posto al più semplice calcolo elettorale. Con la conseguenza che oggi Birmingham è diventata a tutti gli effetti la fucina del terrorismo islamico nel Regno Unito.





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