L’ultima paura ieri. Siamo all’Old Trafford e una voce femminile consiglia a tutti gli spettatori di uscire dallo stadio. C’è una bomba, si dice. E l’Inghilterra sprofonda, ancora una volta, nell’incubo jihadista. In questa storia, però, non c’entrano né il sedicente Stato islamico né i terroristi. C’entra solamente un’impresa sbadata che, dopo aver fatto una simulazione antiterrorismo all’interno dello stadio, si è dimenticata di rimuovere il finto ordigno. Ma tant’è. All’Occidente, dopo quello che è successo a Parigi e a Bruxelles, basta poco per spaventarsi.Ma l’Isis, almeno per il poco che è dato sapere, sembrerebbe in crisi. Anzi: gli attentati in Francia possono essere letti anche come un ultimo colpo di coda da parte del Califfo. Tormentato dai bombardamenti russi e americani in Siria e in Iraq, Abu Bakr Al Baghdadi, il barbuto capo dei jihadisti, avrebbe provato il tutto per tutto: colpire il cuore dell’Europa. Più complesso, invece, l’attentato a Bruxelles, che sembrerebbe più una minaccia alle forze dell’ordine belghe, dopo l’arresto di Salah Abdeslam.Uno Stato sempre più piccoloI bombardamenti russi in Siria e quelli della coalizione a guida Usa stanno infliggendo pesanti danni alle bandiere nere. In Iraq è stata riconquistata Ramadi, importante città a cento chilometri da Baghdad. Ma a quale prezzo? L’intera città è stata completamente distrutta. I civili fanno fatica ad entrare. È il peso della guerra.Nel frattempo i russi hanno riconquistato Palmira, importante sia a livello strategico – perché sulla strada verso Deir Ezzor – che a livello di immagine. Qui infatti si è consumata la tragica decapitazione dell’archeologo Khaled Asaad ed è stato distrutto il tempio di Baal. Il concerto organizzato dai russi aveva un unico obiettivo: testimoniare, a torto o a ragione, che a difendere la Siria dalla barbarie jihadista ci pensano i Sukhoi di Mosca e l’esercito siriano.Infine, una notizia delle ultime ore. Secondo quanto affermato dal colonnello Steve Warren, portavoce della coalizione Usa, l’Isis avrebbe proclamato lo stato d’emergenza a Raqqa: “Sappiamo che il nemico si sente minacciato, e a ragione”. Le forze appoggiate dagli Usa starebbero infatti guadagnando terreno verso Raqqa, “sia da est che da ovest”.Addio alle armiFino a pochi mesi fa erano almeno duemila i foreign fighters che ogni mese raggiungevano le bandiere nere. Uomini e donne da tutto il mondo che raggiungevano i territori governati da Al Baghdadi per combattere il jihad. Ora però la situazione è cambiata (e in peggio) per le bandiere nere. Sono infatti solamente 200 i foreign fighters che, mensilmente, si dirigono in Siria e in Iraq. Come mai? Innanzitutto perché anche i musulmani che potevano guardare con favore all’idea di uno Stato islamico sono rimasti scioccati dalla strage parigina del 13 novembre scorso dove, non bisogna dimenticarlo, sono morti anche loro “fratelli”. E poi perché Isis sta infliggendo sempre nuove e più pesanti tasse nei territori controllati. Misure necessarie dopo la distruzione della Rasheed Bank, la banca centrale del Califfo situata a Mosul.Il cinema non è più l’arma più forteI filmati dello Stato islamico si fanno sempre più difficili da reperire. Forse ne vengono realizzati di meno. O forse vengono censurati. Fatto sta che i filmati dell’orrore non arrivano più in Occidente. Sono lontani i tempi in cui – dopo l’uscita di American sniper, il film di Clint Eastwood che racconta la storia di Chris Kyle, “il cecchino più letale della storia d’America” – lo Stato islamico rispondeva con “Jihadi sniper”. Con la morte di Jihadi John, i filmati dello Stato islamico hanno subito un forte arresto. Forse, stanno cercando un nuovo volto per la propaganda.
Il futuro dell’IsisScrive oggi Paolo Mieli sul Corriere: “E se la consegnassimo (l’intera area mesopotamica ndr) a un regime di caos anarchico, Al Baghdadi e la sua organizzazione diventerebbero diventerebbero qualcosa di simile a quello che fu Al Qaeda ai tempi dell’Afghanistan: troverebbero rifugio nel deserto dello Yemen da dove riprenderebbero a a ispirare attacchi in Europa. Poi, tra qualche mese, tornerebbero nelle terre che furono loro tra Iraq e Siria. Ne discende che sconfiggere l’Isis sia qualcosa di maledettamente complesso. (,,,) Cacciamo perciò gli jihadisti da Raqqa e Mosul (e anche, quando verrà il momento, da Sirte). Ma impegniamoci fin d’ora a prefigurare in che modo e da chi quelle città – assieme alle terre che e circondano – dovranno poi essere governate”. Ed è proprio questo il punto: ammettiamo per un attimo che la coalizione a guida americana e quella a guida russa riescano a sconfiggere le bandiere nere. Cosa accadrà poi? Chi governerà l’Iraq e la Siria? È più importante abbattere il regime di Bashar Al Assad o debellare il mondo dal virus dell’islamismo?
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