Un’operzione “top secret” del Pentagono. Più di 5milioni di dollari finiti nelle tasche di una chiacchierata multinazionale britannica. Falsi video di propaganda che rimbalzano nell’etere. Gli ingredienti per sceneggiare una spy story, anche questa volta, ci sono tutti. A rivelare l’ennesimo retroscena in salsa mediorientale è un’inchiesta realizzata dal collettivo britannico Bureau of Investigative Journalism.LEGGI ANCHE: Il film che permise la guerra in IraqLa storia inizia con l’invasione dell’Iraq del 2003. La rapidità con cui le operazioni su larga scala, messe a segno dalla coalizione multinazionale a guida americana, si concludono dopo nemmeno un mese con la deposizione di Saddam Hussein è in realtà il preludio di uno stillicidio che prosegue sinora. La “guerra preventiva” mossa dall’allora presidente Bush Jr in nome della democrazia ha bisogno di legittimarsi agli occhi della popolazione irachena, ineducata ai valori occidentali e non certo immune dalle infiltrazioni di al-Qaeda.È in questo quadro che il Pentagono allaccia i rapporti con la multinazionale britannica Bell Pottinger Private (BPP Communications Ltd).  In un periodo che va dal 2006 al 2011, la società con sede a Londra ha realizzato centinaia di clip catalogate per colore. Quello classificato come “bianco” era il materiale autentico nel quale risultava il nome di chi lo aveva prodotto, quelli contraddistinti dal colore “grigio” erano video autentici ma anonimi, mentre, il “nero” era materiale completamente costruito e falsamente attribuito ad al-Qaeda. Proprio quest’ultimo ordine di contributi la cui durata minima era di dieci minuti, impressi in dei cd, venivano sparpagliati dalle truppe americane nel corso delle operazioni militari in Iraq e servivano a monitorare gli estremisti. Grazie ad un collegamento  con Analytics di Google, una volta aperto il documento con Real Player, l’url dell’utente veniva rintracciato.cristiani_sotto_tiroA rivelare tutto questo è Martin Wells, ex dipendente della Bell Pottinger, che ha lavorato per due anni come editor nella base americana di Camp Victory a Baghdad (dove è volato in 48 ore dopo il suo colloquio), “quartier generale” dell’operazione. A proposito di quel periodo Well ha raccontato ai giornalisti del Bureau che si è trattato di un’esperienza “scioccante”. Al programma segreto, che si è definitivamente interrotto nel 2011, collaboravano comandanti statunitensi di alto rango e i dirigenti rispondevano direttamente al Pentagono e alla Cia.A distanza di anni non sono pochi gli interrogativi che emergono. Non risulta difficile credere che la famigerata propaganda con cui lo Stato islamico, ufficialmente proclamato nel 2014 in Iraq, ha tartassato il cyberspazio servendosi di linguaggi e strategie estranee al network jihadista possa aver tratto ispirazione proprio da questa operazione occulta: si tratta dell’ennesimo effetto collaterale?

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