A poco meno di un mese dal golpe che ha spodestato il leader del Niger prosegue lo stallo alla messicana tra la giunta militare guidata dal generale Abdourahmane Tchiani e l’Organizzazione degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), appoggiata da Stati Uniti e Francia. La minaccia evocata di un intervento armato per ristabilire l’ordine precedente al colpo di Stato apre la porta ad esiti imprevedibili mentre Mohamed Bazoum, il presidente eletto nel 2021 nel primo passaggio di potere pacifico dall’indipendenza del paese negli anni Sessanta, resta ancora confinato nel suo palazzo in attesa dell’evolversi degli eventi. 

È per questo motivo che Washington si prepara al peggiore degli scenari dopo aver investito milioni di dollari per fare del Niger il Paese chiave nella lotta al terrorismo nel Sahel. L’Air Force Commander ha annunciato la scorsa settimana di aver approntato piani di evacuazione per due basi di droni, l’Air Base 201 ad Agadez e l’Air Base 101 a Niamey, e di un loro possibile trasferimento in altre nazioni alleate. Un duro colpo per gli Stati Uniti che a partire dal 2012 hanno speso circa 500 milioni di dollari per supportare le autorità nigerine stanziando in loco 1100 militari americani. Il primo contingente inviato da Barack Obama nel 2013 poteva contare su 100 unità e aveva lo scopo di aiutare le forze francesi impegnate in Mali contro Al Qaeda. Nel 2018 la presenza Usa raggiunge quota 800 soldati e diventa operativa la base di droni di Agadez, una struttura costata 110 milioni di dollari. 

Il New York Times riporta che solo quest’anno gli attacchi terroristici contro i civili in Niger sono diminuiti del 49%, merito dell’azione combinata franco-americana e dell’adozione di una promettente strategia antiterrorismo da parte del deposto leader Bazoum. Prima del colpo di stato Niamey era riuscita a rallentare l’avanzata e gli attacchi degli integralisti islamici nel Sahel che comunque, secondo i dati del think tank Africa Center, in Mali e Burkina Faso l’anno scorso hanno provocato 8000 vittime, quasi il doppio del 2021. 

Come dimostrato dal recente attentato in cui sono morti 17 soldati nigerini, i progressi nella guerra contro i jihadisti nella regione diventata epicentro del terrorismo globale sono ora messi a rischio dal golpe. Tutti i paesi che si affacciano sul golfo di Guinea sono in allarme e anche la Costa d’Avorio, una delle nazioni africane più prospere, potrebbe essere trascinata nel caos.  

Mentre il Pentagono si prepara al peggio e teme che i mercenari della Wagner possano guadagnare influenza dall’instabilità politica il dipartimento di Stato americano si muove su una linea sottile. Foggy Bottom, infatti, continua a non chiamare ufficialmente colpo di stato la destituzione di Bazoum, una circostanza che dal punto di vista legale bloccherebbe la cooperazione con il Niger. “Siamo nella zona più grigia di tutte” afferma alla Cnn Alan Van Saun, un ex militare delle forze speciali, aggiungendo che “abbiamo un interesse nazionale nel garantire la sicurezza nella regione. Però abbiamo anche un interesse nella promozione dei processi democratici quindi come possiamo continuare a raggiungere i nostri obbiettivi senza incoraggiare futuri colpi di stato?”. 

Secondo fonti della difesa Usa un ritiro dal paese rappresenterebbe il venir meno nell’Africa occidentale di una presenza militare cruciale per la raccolta di intelligence, al momento già fortemente limitata. Qualora la Casa Bianca dovesse decidere di evacuare il paese, considerato il deteriorarsi della situazione in Mali e Burkina Faso, tale attività subirebbe un irreversibile ridimensionamento. 

La possibile perdita di quella che Washington considera la porta d’accesso al Sahel evoca inoltre il trauma del disastroso ritiro americano dall’Afghanistan. L’amministrazione Biden segue con apprensione il delicato dossier africano e lavora sottotraccia per una risoluzione pacifica dell’impasse lasciando in questa fase l’iniziativa all’Ecowas. In caso di fallimento degli sforzi diplomatici, la fuga Usa da Niamey rischierebbe di infliggere un grave colpo alla politica estera del presidente in corsa per un secondo mandato e un’occasione d’oro per i jihadisti.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.