È impossibile non associare istantaneamente il nome delle Maldive ad una qualsiasi immagine di paradiso tropicale: spiagge di una sabbia chiarissima, acqua inverosimilmente cristallina, barriere coralline, riposo e resort di lusso. La classica rappresentazione di queste isole potrebbe presto drasticamente cambiare. I Maldiviani, da sempre seguaci di un islam mitigato dalle forti radici buddhiste, stanno conoscendo un periodo di forte re-islamizzazione dei costumi. Per comprendere la causa di ciò, è necessario guardare ai fattori economici che caratterizzano questo stato insulare.Esso ha conosciuto una forte crescita economica grazie al turismo, soprattutto occidentale, che è de facto il settore trainante del Paese. A questa attività preminente, si affianca quella dell’occultamento di fondi esteri, che rende questo posto un doppio paradiso: geografico e fiscale. La crescita economica ha giovato ad una fascia della popolazione che è andata a formare una classe medio-borghese che ha potuto iniziare a permettersi di istruire i propri figli all’estero. Proprio qui si snoda il centro dell’analisi. Le mete scelte dai maldiviani per l’educazione delle nuove generazioni risultano estremamente significative.I giovani maldiviani della middle class sono stati mandati a formarsi, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle madrasa pakistane e saudite, non certo note per insegnare valori di tolleranza e libertà. Questi ragazzi acculturati, tornati in patria, sono stati i fautori di una capillare diffusione dell’islamismo politico, se non proprio dello jihadismo, tanto caro a Rihad che, per inciso, è divenuta un’alleata fondamentale. Il frutto di questo indottrinamento è una cifra, fredda ma che parla da sola. Su una popolazione di meno di 350.000 persone, sono più di cinquecento i combattenti che si sono recati in Siria a combattere per la causa del califfo. Per avere un ordine di grandezza cui far riferimento, la Francia, più grande serbatoio europeo di foreign fighters, che ha una popolazione di oltre 65 milioni di persone, della quale circa il 5/10% è di fede islamica, si parla quindi di milioni di cittadini francesi musulmani, è riuscita a sfornare “solo” 1500 jihadisti per lo Stato islamico. E, comunque, nessuno stato del Sud-est asiatico ha raggiunto i numeri ed il rate maldiviani. Questo quadro si innesta in una cornice politica ulteriormente destabilizzante perché frequentemente destabilizzata.Dopo aver conosciuto dal 1978 il trentennio di presidenza di Gaymoon, definita unanimemente a livello internazionale come dittatura, nel 2008 si sono svolte le prime elezioni libere, che hanno consegnato il potere all’esponente liberale Nasheed, estremamente impegnato in cause per i diritti umani. Esautorato attraverso un colpo di Stato nel 2012, arrestato e liberato più volte con le più disparate accuse, Nasheed è stato sostituito da Yameen, fratellastro di Gaymoon, che ha ripreso in mano le istanze islamiste, spinto anche dall’Arabia Saudita.Da parte loro i sauditi stanno investendo nell’arcipelago secondo due linee direttrici: da un lato politicizzando, dall’altro socializzando la questione religiosa. Rihad, si spiegava prima, ha sostituito i classici alleati delle Maldive: segnale di questo, oltre alla rottura critica con la politica mediorientale dell’Iran, è stata l’apertura della prima ambasciata saudita su suolo maldiviano, nell’agosto 2015. Gli arabi hanno investito, in linea con la loro classica strategia, nella costruzione di scuole coraniche wahabite ed ong islamiche per l’assistenza alla popolazione. Questo assedio per un ritorno, nel caso in esame, per un primo approccio, all’islam radicale, si è esplicato negli effetti desiderati. La popolazione più povera delle Maldive ha assorbito l’indottrinamento dei nuovi chierici della classe borghese e per primi i media locali registrano i segnali del nuovo pericolosissimo fervore. Sarebbe banale parlare solo della diffusione mai conosciuta prima dell’hijab e delle barbe lunghe, in precedenza evitati per tradizione e di per sé non estremamente indicativi. Non è affatto però banale riportare le notizie locali che hanno descritto i cortei svoltisi nel corso di tutto quest’anno, in cui, oltre agli slogan per una re-islamizzazione radicale della società, hanno troneggiato diverse bandiere dell’ISIS. Comprendendo le minacce all’economia del turismo, l’unica vera economia nazionale, che deriverebbero dal diffondersi di notizie circa il rischio di attentati, notizie provenienti anche dal dipartimento di stato USA, il governo sta mostrando una reazione al terrorismo, più che reale di facciata. Più che il cosiddetto “seven-page policy paper” per arginare attacchi eventuali ai resort e controllare i reduci dal conflitto siriano, servirebbero politiche nette di distacco dall’asservimento saudita e dalla continua diffusione del wahabismo da esso favorito. Come spesso accade, nell’analisi del problema, si tralascia il momento eziologico. La sola vera ricerca delle cause e la loro successiva rimozione possono portare allo sradicamento del tumore. Curare i soli sintomi, tanto nel caso esemplificativo maldiviano, quanto in altri, non debellerà la malattia.Foto d’archivio tratta da Wikipedia
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