L’annuncio, a cui è seguito un voto in Parlamento che ha avuto esito positivo dopo anche l’ok di Forza Italia, è arrivato poco prima di Natale: le truppe italiane saranno inviate in Niger per il contrasto al terrorismo nella zona ma, soprattutto, per impedire ai trafficanti di esseri umani di portare nuove migliaia di migranti verso la Libia e quindi verso il nostro paese. Come già segnalato varie volte in passato, il Niger ed in particolare la cittadina di Agadez appaiono tappe fondamentali nella rotta migratoria; qui arrivano coloro che partono dai paesi dell’ECOWAS, una sorta di Ue dell’Africa occidentale e subsahariana, i quali non devono oltrepassare dogane e frontiere per giungere tanto a Niamey, capitale del Niger, quanto ovviamente nella stessa Agadez. Questo paese africano è fondamentale in tal senso perché, a nord, vi è il confine libico e dunque si entra, grazie all’assenza di istituzioni dell’ex colonia italiana dopo la caduta di Gheddafi, senza particolari problemi nell’area magrebina. Da qui la proposta del governo Gentiloni di inviare le truppe in Niger e proprio nei primi giorni dell’anno, a Niamey, è stata aperta la prima ambasciata italiana nella zona del Sahel.

Gli interessi che legano Roma al paese africano

Il Niger è un grande paese, diviso grossomodo in due distinte aree geografiche: a sud vi sono i fertili terreni attraversati dal fiume che dà il nome a questa nazione e dai suoi affluenti, a nord invece vi sono i lembi meridionali del deserto del Sahara. Il Niger, tanto a livello economico quanto politico, è famoso per l’uranio: il sottosuolo ha alcuni dei più importanti giacimenti al mondo di questo materiale, la francese Areva preleva da qui circa il 35% della sua produzione e fornisce, grazie all’uranio nigerino, energia per almeno un quarto dell’intero fabbisogno transalpino. Non solo: è al Niger che l’ex presidente americano Bush si riferisce nel discorso del gennaio 2003, quando fa riferimento a possibili paesi che vendono uranio a Saddam Hussein per quelle armi di distruzione di massa in realtà, come si sa, mai ritrovate. Non proprio una semplice ‘scatola di sabbia’, come alcuni lo definiscono, il paese africano ha una sua importante centralità nei contesti economici e politici del Sahel.





Ed infatti un po’ tutte le potenze internazionali sembrano concentrarsi, specialmente dopo il dilagare del fenomeno del terrorismo islamico tra le dune del deserto, sul Niger: non solo la Francia, ex madrepatria e presente in forze dal 2014 con la missione Barkhane, ma anche gli USA hanno forze speciali inviate da Obama nel 2013 con il compito di dare supporto ed addestrare le truppe nigerine; immancabile poi la presenza della Cina, tra i partner commerciali più importanti di Niamey e con la quale il paese africano ha siglato importanti accordi volti a vendere l’uranio per le nuove venti centrali nucleari in costruzione nel gigante asiatico. L’Italia dunque, se vuole implementare la propria politica africana, in Niger non può assolutamente mancare: al di là degli scambi commerciali e dei rapporti tra Roma e Niamey, per il nostro paese porre tra Agadez e le dune del deserto alcuni contingenti dell’esercito ha un valore importante e che riguarda la linea da tenere per l’intero continente nero.

Ecco dunque il senso principale, molto probabilmente, dell’apertura dell’ambasciata italiana a Niamey; l’apposizione di una nostra sede diplomatica in Niger è stata decisa già nell’ottobre del 2016, ma solo nella giornata di mercoledì è stata issata la bandiera italiana in un edificio della capitale nigerina alla presenza, tra gli altri, del Ministro Alfano e dei più importanti rappresentanti della Farnesina. Non a caso, quella in Niger è la prima e finora unica ambasciata di Roma nel Sahel: è chiaro quindi che il personale presente a Niamey nel proprio lavoro non farà riferimento soltanto al paese africano, bensì a tutti gli altri del cosiddetto ‘G5 del Sahel’, ossia l’organizzazione che oltre al Niger comprende anche Ciad, Burkina Faso, Mali e Mauritania. Una vera e propria ‘cabina di regia’ della diplomazia italiana nell’intera area dell’Africa occidentale, con in gioco non soltanto il contrasto al terrorismo ed al traffico di esseri umani verso il nostro paese, ma anche il posizionamento di Roma nello scacchiere africano.

Passi concreti per l’invio del contingente italiano

Inevitabile associare l’apertura dell’ambasciata italiana a Niamey con l’invio delle nostre truppe, per come annunciato dal governo ed approvato dal Parlamento lo scorso 27 dicembre, ultimo atto prima dello scioglimento delle Camere; la tempistica sembra fare, della nuova rappresentanza diplomatica, un vero e proprio ‘ariete’ apripista per l’inizio della missione italiana. Del resto, come previsto dalle recenti dichiarazioni della Difesa, i primi soldati ed i primi mezzi dovrebbero arrivare tra questo mese di gennaio e febbraio; dunque, Roma sembra voler accelerare i passi verso la costituzione del nostro contingente nel nord del Niger, lì dove le truppe dovrebbero maggiormente operare per arginare il flusso di migranti rivolto verso la Libia anche se, già dalle prossime settimane, potrebbero essere operativi nostri soldati a Niamey per le azioni di addestramento dei nigerini. I rischi, in un territorio desertico come quello in cui si andrà ad operare, non mancheranno: francesi ed americani, in questi anni tra Niger e Mali, hanno pianto alcuni caduti specialmente per via delle imboscate effettuate da gruppi vicini alla jihad africana.

La missione a cui parteciperà l’Italia sarà internazionale, la guida dovrebbe rimanere francese ma il supporto tanto logistico quanto politico sarà assicurato soprattutto dagli USA che, come detto, in Niger hanno già dei contingenti militari ed hanno nel recente passato utilizzato anche i droni. Oramai dunque appare solo questione di tempo e poi, fra non più di qualche settimana, si potranno conoscere i dettagli della nuova missione italiana all’estero.

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