Sconfitto in Siria e in Iraq, lo Stato islamico cambia strategia e volge lo sguardo verso Oriente. Qualche giorno fa, Amaq, organo di propaganda dell’organizzazione terroristica, ha annunciato la nascita di una nuova provincia dell’Isis in India, la wilaya al-Hind.

L’occasione della dichiarazione è stato  uno scontro tra i militanti del gruppo e le forze di sicurezza ad Amshipora, nel distretto di Shopian in Kashmir. Nella colluttazione – secondo l’agenzia di stampa dell’organizzazione -, sarebbero stati uccisi alcuni soldati indiani e un membro dell’Isis, Ishfaq Ahmad Sofi.

Secondo le autoritĂ  indiane, invece, l’unica vittima sarebbe stato Sofi, considerato addirittura l’ultimo militante dell’Isis rimasto in Kashmir. Ma la versione fornita dall’esercito indiano non convincerebbe del tutto gli esperti di Intelligence.

“Istituire una provincia in una regione in cui l’Isis non ha alcuna struttura effettiva può sembrare assurdo, ma è un’informazione che non deve essere trascurata” – ha dichiarato Rita Katz, direttrice del Site Intelligence Group – “Di fronte a questi sviluppi, il mondo potrebbe stupirsi, ma per i jihadisti che si trovano in queste regioni vulnerabili, si tratta di gesti importanti che vanno nel senso di ricostruire una mappa del califfato”.

RICOSTRUIRE LA MAPPA DEL CALIFFATO

Nonostante la sconfitta territoriale nel Siraq, l’Isis sembra non avere alcuna intenzione di ritirarsi nell’ombra, cercando, al contrario, di adattarsi ai cambiamenti cui è stata obbligata. Nella sua recente apparizione in video – la prima dopo la proclamazione della nascita dello Stato islamico in Siria e in Iraq nel 2014 -, Abu Bakr Al-Baghdadi affida il compito di continuare l’attivitĂ  dell’organizzazione ai gruppi locali affiliati, ovvero proprio le wilayat.

La tattica è giĂ  stata sperimentata in Africa per penetrare all’interno di nuovi Stati – un esempio è la riorganizzazione dei combattenti di Al-Shabaab all’interno della wilaya dell’Africa orientale -. Adesso l’Isis sta estendendo questo schema anche all’Oriente. In Asia meridionale, in particolare, la wilaya al-Hind si va ad affiancare alla wilaya dell’Asia orientale, istituita nelle Filippine, e alla Provincia del Khorasan (Isk), presente in Afghanistan e Pakistan.

La creazione di nuove province sembrerebbe dunque una strategia volta a ricostruire il califfato, partendo, questa volta, da realtà locali e non più dalla culla dello Stato islamico. La strategia verrebbe completata con la niqaya, la “guerra di logoramento”, invocata dal leader dell’organizzazione contro i “crociati”, che al momento si sta realizzando con tecniche di guerriglia negli ex territori del califfato e con attacchi terroristici nel Siraq e all’estero.

L’ASIA È IL NUOVO FRONTE DELL’ISIS?

L’interesse dimostrato negli ultimi mesi nei confronti dell’Asia non è casuale. Proprio questo continente potrebbe rappresentare un nuovo fronte dello Stato islamico, costituendo un terreno fertile per la rinascita dell’organizzazione.

Alcuni fattori, in particolare, renderebbero questo territorio maggiormente sensibile alla seduzione jihadista: povertĂ , discriminazione, radicalizzazione attraverso i social media, governi deboli e scarsa raccolta e condivisione dei dati di intelligence.

Da non sottovalutare è anche il rientro in patria di molti combattenti dell’Isis provenienti da Paesi asiatici i quali, verosimilmente, una volta tornati a casa, continueranno la battaglia dell’organizzazione terroristica a livello locale.

In questo contesto, dunque, va letta la scelta dell’Isis di istituire una nuova provincia in India, considerata un territorio promettente per una futura espansione, soprattutto a causa delle continue tensioni interne tra musulmani e indù.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.