“Vogliamo raccontare i drammi senza fine del Congo, una terra tormentata da gruppi armati anche di matrice islamista, depauperata dallo sfruttamento delle risorse minerarie, travolta da epidemie e da sfide che riguardano tutti noi. Vogliamo farlo attraverso lo sguardo di chi da anni si occupa di questo Paese: il fotografo Marco Gualazzini e il giornalista Daniele Bellocchio.
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Una strada nella giungla, nella parte più orientale della Repubblica Democratica del Congo. È lì che hanno perso la vita l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del convoglio, Mustapha Milambo. Uccisi in un agguato vicino al villaggio di Kibumba mentre insieme ai mezzi del World Food Program si recavano da Goma a Rutshuru.

Il primo rapporto dell’intelligence ha riferito che l’attacco è avvenuto in una zona chiamata “delle tre antenne”. L’area è considerata ad alto rischio da diversi anni, in particolare da quando furono infatti rapiti due cittadini britannici nel 2018. E le cose non sono certo cambiate nell’arco degli ultimi anni, in cui il Congo democratico è stato dilaniato da guerre intestine che hanno sconvolto la vita di migliaia di abitanti e di persone che lavorano per dare al Paese un destino migliore. Anche il territorio vicino al luogo dell’uccisione di Luca Attanasio, il Parco di Virunga, è una regione in cui le milizie sfruttano la fitta vegetazione e l’insieme di rifugi naturali per trasformarla in una sorta di Tortuga del terrore. E tra contrabbando di preziose materie prime, rapimenti con richiesta i riscatti e terrorismo di matrice etnica o religiosa, non esiste un’area di quella parte di Congo in cui non sia stato versato del sangue.

La strada RN2, una lunga via che collega diverse zone della parte orientale della Repubblica democratica del Congo, si presta perfettamente a essere teatro di assalti e rapimenti. Le bande armate, se devono nascondersi, sfruttano, le foreste e le aree più profonde del parco di Virunga (dove non a caso hanno scatenato una lunga e sanguinosa guerra anche contro i ranger). Ma quando si tratta di colpire chi si addentra in quella regione ed è un obiettivo "appetibile" per i traffici criminali, è sulla strada RN2 che si colpisce. Perché è solo lì che passano le vittime.

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Non tutti i tratti di strada sono ugualmente pericolosi. Come ricordava Mario Giro su Il Domani, "si tratta di una strada considerata 'gialla' secondo i gradi di allerta e sicurezza in vigore nell’area", quindi in sostanza non estremamente pericolosa. Ovviamente in base ai parametri di chi si trova a combattere quotidianamente con milizie terroristiche, bande armate, contrabbandieri e gruppi legati a orze straniere che conoscono perfettamente il territorio in cui si snoda quell'asse viario. Ma se non tutti i tratti di strada sono allo stesso modo teatro di agguati, i numeri sono certamente cristallini. Secondo il dossier dei servizi, annotava AdnKronos, "dal 2017, nella parte meridionale del Parco di Virunga (Provincia del Nord Kivu) sono stati registrati circa 1300 incidenti di sicurezza con vittime, oltre 1.280 scontri e quasi 1.000 casi fra sequestri e rapimento ai fini di riscatto".

La tragica conferma della pericolosità di quel tratto di strada RN2 è arrivata poi qualche settimana dopo l'uccisione di Attanasio, quando a pagare con la vita è stato il procuratore militare William Mwilanya Assani. L'uomo, ucciso a circa 20 chilometri dal luogo in cui sono stati assassinati Attanasio, Iacovacci e Milambo, è stato considerato all'inizio come il procuratore che seguiva le indagini sull'agguato contro l'ambasciatore italiano. Tuttavia, alcune fonti hanno ridotto la portata di questa lettura più "retroscenista" negando in realtà il nesso diretto tra i due tragici episodi. Il governatore del Nord Kivu, Carly Nzanzu Kasivita, ha ribadito ad Agenzia Nova che non esistono collegamenti tra i due fatti. Anche Angelo Ferrari, giornalista africanista dell'Agi, ha spiegato che non esistono certezze né sul legame tra le due morti né sul ruolo nelle indagini su Attanasio. E soprattutto se queste abbiano avuto realmente un peso nella scelta dell'uccisione del militare. Il magistrato stava tornando da Goma, dove aveva partecipato ad alcune riunioni sulla sicurezza dell'area, ed era diretto a Rutshuru. Nelle riunioni si era parlato anche del caso Attanasio, tuttavia il generale a capo delle indagini sull'assassinio era Vital Awashango, mentre William Mwilanya Asani era revisore dei conti presso l’ufficio del procuratore militare secondario di Rutshuru, ed era quindi uno dei funzionari impegnati nelle indagini.

In base alle indagini su questo secondo tragico fatto di sangue, gli indizi hanno condotto verso un gruppo di militari ribelli, il 3416mo reggimento. Tuttavia, sembra che le fonti locali concordino (come riporta Formiche) sul fatto che questi miliziani stessero "infastidendo la popolazione sulla strada e quando hanno visto la jeep militare hanno iniziato a sparare". Una testimonianza che sembrerebbe spegnere le ipotesi sull'omicidio per coprire alcune verità scoperte durante le indagini, ma che conferma invece il tragico nome che circola su quel tratto di RN2: la strada della morte.





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