I primi giorni post elettorali in Algeria stanno proseguendo sul filo della tensione ma, contestualmente, anche senza gravi episodi di violenza come si temeva alla vigilia del voto che ha portato all’elezione di Abdelmadjid Tebboune come primo presidente post Bouteflika. Le elezioni, come più volte raccontato nelle settimane scorse, si sono svolte in un contesto surreale: le piazze erano piene non per seguire i comizi, bensì per impedirli. Secondo i manifestanti del movimento “Hirak“, che da febbraio protestano per chiedere un radicale cambiamento della politica algerina, le ultime presidenziali altro non hanno rappresentato che un episodio volto a legittimare “le pouvoir” e non a dare una vera svolta al paese. Da qui la paura che, chiuse le urne ed annunciato il nome del nuovo presidente, l’Algeria potesse essere assorbita da ulteriori spirali di tensione.

La proteste degli ultimi giorni

Già durante il giorno del voto, non sono mancati momenti concitati: ad Algeri alcuni seggi sono stati chiusi per sicurezza, in un caso i manifestanti hanno murato un edificio adibito a seggio, manifestazioni sono poi proseguite per tutta la giornata. Tuttavia non sono state registrate particolari violenze. Un po’ più tumultuosa la situazione nella regione a maggioranza berbera della Cabilia, da sempre però “laboratorio politico” algerino ed al centro delle rimostranze della popolazione locale nei confronti del potere centrale. Trascorsa la delicata giornata elettorale, in tanti si sono chiesti in che modo i manifestanti avrebbero reagito di fronte alla pubblicazione dei risultati. Il non riconoscimento dell’esito delle presenziali, ha fatto pensare ad una più dura presa di posizione da ambo le parti in lotta nelle piazze algerine: maggiori proteste dei manifestanti e, contestualmente, una più marcata repressione da parte delle forze dell’ordine e dell’esercito.

Per il momento, come ha sottolineato l’inviata ad Algeri de La Stampa Francesca Paci, non c’è stato nulla di tutto questo: i manifestanti hanno scelto una via più pacifica, dall’altro lato i militari ed i poliziotti non hanno avuto motivo di intervenire. Ma le proteste di certo non sono mancate: la piazza non ha voluto dare l’impressione di aver digerito l’elezione di Tebboune, proseguendo dunque la propria mobilitazione. Anche nell’ultimo venerdì sono state registrati altri cortei, in tanti hanno dato l’impressione di non voler accettare l’imposizione delle elezioni, altri hanno mostrato la volontà di ascoltare prima le parole del nuovo presidente per capire in che modo si muoverà il nuovo corso algerino. Tebboune, dal canto suo, ha annunciato l’intenzione di ascoltare la piazza e tendere una mano verso i manifestanti. Ma nonostante le violenze sono rimaste confinate a pochi episodi, lo stallo algerino non può dirsi finito: l’impressione è che sia all’interno delle piazze che dei palazzi del potere, si è rimasti in attesa di capire le prossime mosse delle controparti.

Le mosse dell’esercito

Secondo molti analisti, sia algerini che stranieri, il vero vincitore di queste consultazioni è il capo di stato maggiore dell’esercito Ahmed Gaid Salah. Tebboune è uno degli uomini a lui più vicini, ma non solo: Salah da qualche anno era entrato in rotta di collisione con Said Bouteflika e fratello dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika. Quest’ultimo, come si ricorderà, dal 2013 è gravemente malato e costretto in sedia a rotelle. Proprio l’eventualità di una sua ricandidatura ha fatto scattare la mobilitazione che ancora oggi prosegue in tutta l’Algeria. E che, da febbraio in poi, ha portato prima al passo indietro sulla ricandidatura e poi, successivamente, alle sue definitive dimissioni. Lo scontro interno al potere algerino tra Salah e Said Bouteflika (reggente de facto del paese), ha già portato, nell’agosto 2017, alle dimissioni da premier di Tebboune. Con l’inizio delle proteste, il capo di stato maggiore dell’esercito non ha dato ordine di reprimere il dissenso. Ed è stato questo ad acuire lo scontro tra le due fazioni del potere.

Si è scoperto infatti che Said Bouteflika ha provato a far destituire dal suo ruolo Salah, il quale però ha prima fatto in modo che le manifestazioni continuassero fino alle dimissioni di Bouteflika e, in un secondo momento, ha fatto arrestare lo stesso Said. Quest’ultimo adesso è in carcere con l’accusa di cospirazione. In galera sono finiti anche molti oligarchi arricchitisi con le prime liberalizzazioni dell’economia algerina, all’ombra di Said Bouteflika. L’elezione di Tebboune, in questo contesto, altro non sarebbe che la definitiva vittoria di Salah nel braccio di ferro con i Bouteflika. Ed ora che l’esercito è più forte, le preoccupazioni principali sarebbero rivolte al contrasto al terrorismo.

A causa della guerra civile durata per più di 10 anni ed innescata, tra le altre cose, dall’avanzata delle ideologie più radicali, l’Algeria continua a convivere con lo spauracchio jihadista. Una Libia instabile ed un paese in stallo per via della complicata transizione post Bouteflika, appaiono agli occhi dei militari come elementi in grado di creare ulteriori grattacapi all’Algeria sul profilo della sicurezza. Sarà questa consapevolezza, nelle prossime settimane, a determinare le prossime mosse dell’esercito e del nuovo governo.

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