Un tribunale russo condanna al carcere sei imputati con l’accusa di essere membri dell’organizzazione islamista radicale “Hizb ut-Tahrir” e l’ambasciata statunitense a Kiev protesta formalmente, chiedendone l’immediato rilascio. Lo scorso 12 novembre la corte militare di Rostov sul Don ha infatti emesso dure sentenze per sei individui, cinque dei quali tartari di Crimea, arrestati durante un’operazione perpetrata contro il gruppo islamista. I condannati sono Muslim Aliyev (19 anni di reclusione), Enver Bekirov (18 anni), Vadim Syruk (12 anni), Emir-Huseyn Kuku (12 anni), Refat Alimov (otto anni) e Arsen Dzhepparov (sette anni).

Quasi in contemporanea, un tribunale di Simferopoli estendeva il periodo di detenzione per altri otto imputati legati a Hizb ut-Tahrir al 15 febbraio 2020. La sede diplomatica di Washington a Kiev ha commentato così: “Condanniamo duramente le dure sentenze, politicamente motivate, nei confronti di sei tartari di Crimea e chiediamo alla Russia di rilasciare immediatamente questi sei individui e tutti gli altri prigionieri politici ucraini”.

Dure critiche anche da parte del governo di Kiev che ha accusato Mosca di utilizzare la lotta al terrorismo per perseguitare i tartari di Crimea e di violare i diritti umani degli ucraini.

Il contrasto a Hizb ut-Tahrir varca però i confini russo-ucraini e arriva fino a Dacca, Bangladesh, dove nella serata di sabato 16 novembre il Rapid Action Battalion ha arrestato cinque membri del gruppo islamista radicale colti a distribuire volantini propagandistici anti-indiani ed a favore della restaurazione del Califfato.

Il paradosso “Hizb ut-Tahrir”

Il ruolo di Hizb ut-Tahrir sul piano internazionale è quanto meno controverso: organizzazione nata nel 1953 a Gerusalemme est, rifiuta il concetto di “Stato nazionale” a favore di un Califfato globale fondato sulla Sharia che deve incorporare anche i Paesi non-islamici. Negli ultimi anni le attività di Hizb ut-Tahrir si sono concentrate principalmente in Russia, nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, in Afghanistan e in Asia orientale (in particolare in Indonesia e Bangladesh), luoghi dove l’organizzazione è stata messa al bando.

Nell’anno 2003 HT è stata inserita, con sentenza della Corte suprema russa, in una black list di organizzazioni islamiste radicali assieme ai Fratelli musulmani e ad Al-Qaeda con le accuse di divulgare propaganda jihadista e di sostenere i terroristi islamisti attivi nel Caucaso settentrionale.

L’organizzazione è invece libera di operare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove dal 1986 al 1996 veniva guidata da Omar Bakri Muhammad, predicatore radicale di origine siriana che nel 2004 fondava il famigerato gruppo salafita “al-Muhajiroun”. Attualmente sono molti gli analisti che indicano Londra come centro nevralgico delle operazioni di Hizb ut-Tahrir (è qui che buona parte del materiale propagandistico di HT viene prodotto). Rapporto strano quello tra l’organizzazione islamista e la Gran Bretagna che se da una parte non viene indicata da HT come “vilaya” da inglobare nell’utopico “Califfato”, dall’altra viene accusata di essere “terra nemica”. Nonostante alcune minacce da parte delle autorità britanniche di mettere al bando l’organizzazione, HT continua ad operare tranquillamente in quanto “organizzazione estremista ma non terrorista”.

Negli Stati Uniti HT opera da circa trent’anni in ambito propagandistico ma senza invocare l’arrivo del Califfato in terra americana (come affermato da uno dei suoi portavoce, Reza Eman) e dove i suoi membri non risultano coinvolti in alcun attività violenta, muovendosi abilmente con una retorica anche radicale, ma attenti a non sconfinare nell’estremismo violento.

Il caso Hizb ut-Tahrir mette in evidenza tutta una serie di paradossi e problemi legati a una mancata definizione universalmente condivisa di “terrorismo”, più volte sottolineata anche da Boaz Ganor dell’International Center for Counter-Terrorism di Herzliya. Del resto gruppi terroristici di vario stampo possono finire in black list per poi essere sdoganati e utilizzati in base ad esigenze politiche. Lo si è visto con il Mek iraniano (precedentemente terroristi islamo-comunisti, poi sdoganati come “perseguitati” dal regime iraniano e accolti con tutti gli onori in Albania, su incentivo statunitense) e con Al Qaeda in Siria (nemico numero uno dell’Occidente ma rivalutato se utilizzabile in chiave anti-Assad) .

Nel caso di Hizb ut-Tahrir, è evidente come il gruppo svolga un ruolo di non poco conto nella polveriera ucraina (dove risulta particolarmente attivo) in chiave anti-russa ;Stati Uniti e Gran Bretagna hanno tutto l’interesse a sfruttare HT, in nome dei “diritti umani violati”, all’interno di un contesto ben più ampio legato alla galassia islamista radicale attiva in Ucraina. Una strategia scellerata che rischia non soltanto di infiammare ulteriormente un’area già dilaniata dalla guerra , ma anche di mettere a serio rischio la sicurezza della stessa Unione europea.

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