Ogni settimana circa 100 jihadisti attraversano il confine fra Turchia e Siria per in unirsi all’Isis. Lo riferisce il quotidiano Le Figaro, che cita fonti dell’intelligence francese.Per approfondire: Aumentano i foreign fighter europeiQuesto mentre domenica il ministro degli esteri Jean-Marc Ayrault ha dichiarato che la Turchia potrebbe non essere più un partner da considerare per la lotta contro l’Isis, data l’instabilità nel Paese dopo il fallito colpo di stato. “Ci sono delle questioni che si pongono e che metteremo sul tavolo con loro. La Turchia è in parte affidabile, ma ci sono anche dei sospetti. Dobbiamo essere onesti su questo punto”.Non è la prima volta che si solleva la questione di un supporto diretto della Turchia all’Isis. David L. Phillips, direttore dell’Institute for the Study of Human Rights della Columbia University, aveva raccolto già alla fine del 2014 una serie di prove e indizi di una possibile supporto turco dato all’Isis in Siria. Frequenti anche la accuse mosse ad Ankara di un sostegno fornito a Jabhat al-Nusra, branca siriana di al Qaeda.Questo smentirebbe in parte la brusca diminuzione nell’afflusso di combattenti stranieri verso il Califfato riportato dal Pentagono a maggio. Il colonnello Steve Warren aveva riferito, a questo proposito, di un calo del 75%. A febbraio invece James Clapper, direttore della National Intelligence statunitense, aveva parlato di un totale 36.000 foreign fighters provenienti da 120 Paesi che sarebbero giunti in Iraq e in Siria dal 2012. La Turchia sarebbe al quarto posto come numero di miliziani che si sono uniti allo Stato Islamico, dopo la Tunisia, l’Arabia Saudita e la Russia, secondo una ricerca del Soufan Group riportata dalla Bbc.Per approfondire: Erdogan, i dolori dell’aspirante CaliffoSecondo molti analisti, il supporto di Ankara all’Isis e ad altre organizzazioni islamiste in Siria e in Iraq sarebbe da ascrivere al timore per l’avanzata curda in Siria, e per il possibile consolidamento di una loro autonomia. Un supporto all’Isis in questo momento, anche solo chiudendo un occhio sui confini, sarebbe appunto nella prospettiva di un ritorno all’ordine nel Kurdistan turco. Cosa più che mai necessaria nel caos del dopo colpo di stato. Proprio ieri l’aviazione turca ha ripreso a bombardare le postazioni del PKK, uccidendo 20 persone.Sempre ieri, in una lunga intervista sull’emittente al Jazeera, è arrivata pronta la risposta del presidente turco Erdogan al ministro degli esteri francese. “Se vuole una lezione di democrazia, possiamo dargliela noi facilmente”. Parole molto più prudenti ha usato invece Erdogan nei confronti degli Stati Uniti, da cui spera di ricevere un supporto per le purghe in corso in questi giorni in Turchia.





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