L’Isis sarebbe più forte di prima, così come anche molto più pericoloso: si intravede, sullo sfondo, l’ennesimo duello tra Pentagono e Casa Bianca dietro il rapporto pubblicato proprio dalla sede della difesa americana in cui, valutata la situazione degli ultimi mesi, l’estremismo jihadista appare sempre più in crescita.

Pompeo: “Isis più forte in alcune zone, ma meno pericoloso”

Intervistato dalla tv Cbs, il segretario di Stato Mike Pompeo non nega quanto affermato nel rapporto del Pentagono: “Appare innegabile – dichiara il capo della diplomazia Usa – Che in alcune zone del mondo l’Isis sia più forte oggi rispetto a tre o quattro anni fa”. Un’ammissione a cui però, poco dopo, segue anche un’affermazione che in qualche modo ridimensiona l’allarme lanciato dalla Difesa: “Ma il Califfato è sparito e la loro capacità di condurre attacchi esterni è stata resa molto più difficile – aggiunge infatti Pompeo – Rispetto a prima la situazione appare molto più sicura a livello globale”.

Come dire dunque che, in effetti, l’Isis non è morto e né tanto meno sparito ed anzi potrebbe essersi rafforzato in questi anni in alcune parti del mondo, soprattutto in Africa. Tuttavia, la fine di un’entità territoriale posseduta dai jihadisti fino al 2018 tra Siria ed Iraq, così come le varie iniziative militari portate avanti in questi anni, appaiono ridimensionare la pericolosità dell’estremismo islamista. Quella di Pompeo è una risposta che si avvicina molto ad una difesa della linea politica di Donald Trump, indirettamente attaccata dal Pentagono.

Il rapporto del Pentagono

Anche perché dalla sede della difesa Usa si punta il dito sulla situazione in Siria, lì dove Trump ad inizio 2019 inizia a ritirare le sue truppe. Una scelta, quella del presidente americano, mai digerita da molti apparati dell’esercito e del Pentagono per l’appunto. Ecco perché il rapporto in questione sottolinea come proprio in Siria l’Isis mostri segni di ripresa, con anche la possibilità di ricostituire in minima parte un califfato. Quasi come a voler sottolineare come la scelta di Trump di ritirare le truppe e la recrudescenza dell’Isis in queste aree non sia affatto una coincidenza. Nel rapporto, in particolare, si fa riferimento al pericolo derivante dal ridimensionamento del supporto Usa alle forze Sdf, le milizie curde che controllano l’est della Siria e che nei mesi scorsi, entrando a Baghouz, hanno conquistato l’ultima roccaforte dello Stato Islamico.

“La riduzione delle forze statunitensi ha ridotto il supporto disponibile per le forze partner siriane – si legge nel rapporto a firma del vice ispettore generale del Pentagono, Glenn Fine – in un momento in cui le loro forze hanno bisogno di più addestramento e attrezzature per rispondere alla rinascita dell’Isis”. Una netta bocciatura dunque della linea della Casa Bianca, la quale evidenzia ancora una volta la profonda discrepanza tra le posizioni interne agli apparati governativi americani.

L’unica cosa sulla quale Pentagono e Casa Bianca concordano, riguarda il non considerare definitivamente sconfitto l’Isis. Il fenomeno jihadista è ancora ben presente e per nulla sradicato dal tessuto sociale di molti paesi mediorientali. Negli Usa adesso ne prendono atto, ma sul proseguo della lotta al terrorismo le distanze appaiono incolmabili.