Il 12 febbraio 2008 a Damasco il capo delle operazioni globali del gruppo terroristico libanese Hezbollah fu eliminato grazie ad un’operazione congiunta del Mossad e della Cia. Il suo nome era Imad Mughnieh, meglio conosciuto come “l’uomo senza volto”, in quanto si sottopose a ben due interventi chirurgici per nascondere la sua vera identità. Figlio di un ortolano libanese, così come lo descrivono le fonti aperte, si racconta che il terrorista abbia cominciato la sua carriera nell’agenzia di sicurezza di Yasser Arafat, denominata “Forza 17”.
Assoldato come cecchino, fu inviato lungo la famosa “linea verde”, nota per essere il confine che divideva i quartieri cristiani da quelli musulmani di Beirut. Le sue abilità gli permisero di fare velocemente carriera, tanto da accendere l’attenzione della Cia, che dovette addirittura richiedere un’approvazione speciale dell’amministrazione del Presidente George W. Bush, per poter mettere fine alla sua vita.
Il leader nascente degli Hezbollah, infatti, nel 1983, fu coinvolto in un attentato che colpì l’ambasciata degli Stati Uniti a Beirut. Inoltre, gli si attribuiscono l’uccisione dell’agente William F. Buckley, avvenuto nel 1995, oltre all’attentato alle Khobar Towers, in Arabia Saudita nel 1996.
La questione Mughniyeh si rivelò non affatto facile per gli Usa, infatti vide coinvolte alte sfere di Washington, tra le quali il Procuratore generale degli Stati Uniti, il Direttore dell’intelligence nazionale, il Consigliere per la sicurezza nazionale e l’Ufficio del consulente legale del dipartimento di Giustizia, i quali dovettero lavorare a stretto gomito per poter autorizzare la sua eliminazione.
Quest’operazione congiunta di Cia e Mossad è ricordata tra le più straordinarie missioni dei servizi segreti. Il Washington Post riferisce che il team della Central Intelligence Agency, di stanza in territorio siriano, dovette lavorare più del normale nella costruzione dell’ordigno, che fu poi utilizzato per potare a termine la missione. Il Times of Israel, inoltre, descrive che il lavoro dei servizi segreti fu preparato nei minimi dettagli, perché gli ordini erano quelli di evitare, al massimo, i danni collaterali alla comunità locale. Infatti la bomba fu testata per ben 25 volte, prima di essere utilizzata, affinché la sua detonazione potesse essere ben controllata.
Dall’analisi delle risorse aperte, però, si evince un particolare rilevante, ovvero che a far detonare l’esplosione che uccise Mughniyeh fu il Mossad e non gli americani. Proprio per questo motivo il gruppo terroristico additò l’intelligence israeliana come unica colpevole dell’accaduto ed attuò, successivamente, una serie di attentati per ritorsione in Bulgaria, Thailandia, India e Georgia.
Un’operazione di strategia per la deterrenza?
Mughnieh è considerata, dalle letterature editoriali, la mente libanese responsabile di più morti americane di qualsiasi altro individuo prima dell’11 settembre. Per questo motivo la sua storia ora è divenuta una serie televisiva intitolata “Ghosts of Beirut“. Tale progetto è definito una rivisitazione drammatica degli eventi accaduti tra il Libano dei primi anni Ottanta e l’Iraq del 2007. Il copione si sviluppa tra investigazioni giornalistiche e rapporti proprio tra Cia e Mossad. Il fine è stato quello di produrre un thriller di spionaggio, che le risorse aperte dettagliano come: “romanzato con verità al centro”. Per questa produzione è stata richiesta la collaborazione di un veterano del Corpo dei Marines con circa 34 anni di servizio clandestino nell’intelligence.
Secondo quanto riportato su MilitaryTimes, l’obbiettivo del cast è stato quello di mettere in primo piano il concetto di “martirio”. I rapporti dei servizi segreti, infatti, indicano che gli attentati suicidi erano il “punto centrale” delle operazioni terroristiche di Mughnieh. Le analisi, invece, portano alla luce come probabili psy-operations degli Hezbollah, in collaborazione con l’Iran, siano riuscite a sviluppare l’ideologia dello shahīd all’interno di gruppi terroristici islamici, in quanto il suicidio è proibito dal Corano.
Si apprende dal trailer che la struttura della serie ha il fine preciso di ripercorrere un’arco temporale di ben 25 anni, attraverso i quali le agenzie d’intelligence raccontano l’assassinio del terrorista e l’introspezione tra gli agenti della Cia ed il resto della comunità dell’intelligence.
Gli analisti, ora, riflettono sulla straordinaria strategia di deterrenza che questa serie TV possa sviluppare. Infatti, “Ghosts of Beirut”, ripercorre l’atrocità del combattente “senza volto”, attraverso una continua escalation situazionale della politica regionale. Proprio questo sta aprendo il dibattito tra gli addetti ai lavori, impegnati a dirimere la questione di quale impatto questa produzione potrà avere verso le grandi masse, nel descrivere l’ascesa, e soprattutto “la caduta”, di coloro che aspirano a diventare protagonisti del terrorismo moderno.