La “macelleria messicana” della guerra tra narcos continua a mietere vittime, stavolta in Chihuahua, a pochi chilometri dal confine con lo stato del Sonora, una zona contesa dai cartelli di Sinaloa e Juarez che si scontrano, tramite bande pesantemente armate, per il controllo delle vie del traffico verso il confine con gli Stati Uniti. E’ così che nell’agguato teso venerdì sera a un convoglio di narcos rivali sono rimasti a terra 18 cadaveri, mentre un diciannovesimo è deceduto poco dopo l’arrivo presso l’ospedale di Cuauhtemoc.
Tutto è incominciato intorno alle ore 18:30 a Chuhuichupa, nella municipalità di Madera, quando una quarantina di “sicarios” del gruppo “La Linea“, affiliato al cartello di Juarez, hanno teso un’imboscata a un convoglio con venti membri della banda “Gente Nueva” del “Jaguar” (nome di battaglia di Francisco Arvizu Marquez Javier), mentre viaggiavano in direzione La Norteña. L’unico superstite del convoglio, identificato come il 18enne Tomas Estrada, è ricoverato in ospedale e sotto interrogatorio da parte della Polizia Federale e dell’esercito messicano.
Lo scorso 7 ottobre, sempre a Madera, si era verificato un altro scontro tra le due bande armate, durato più di un’ora e in seguito al quale veniva dato per morto “el Jaguar”, voce poi smentita. Quello di venerdì scorso non è dunque altro che l’ennesimo regolamento di conti e stavolta sono stati “Los Jaguares” ad avere la peggio. Tra i 19 morti risultano tra l’altro due parenti del “Jaguar”, precisamente il fratello Josè Luis “El Lobo” e suo figlio Uriel “El Morito” (nipote del “Jaguar”).
“Los Jaguares” de la “Gente Nueva”
Francisco Javier Arvizu Marquez, meglio noto come “El Jaguar“, è a capo di una violentissima banda armata affiliata al gruppo “Gente Nueva“, legato al cartello di Sinaloa e guidato da Julio Cesar Escarcega Murillo “El Tigre“, fino al suo arresto nel’ottobre del 2017.
Attenzione però, perchè “El Jaguar” e i suoi uomini erano inizialmente membri attivi della banda capitanata da Carlos Arturo Quintana “El 80”, affiliata proprio a “La Linea“, ma caratterizzata da una faida per il controllo del vertice in seguito al suo arresto nel maggio del 2018; vertice conteso tra Julio Cesar Olivas Torres “El Sexto”, “Cesar Daniel Manjarrez Alonso “H2” e Roberto Gonzalez Montes “El Mudo” o “El 32“. Secondo alcune fonti, fu proprio durante questa faida che “El Jaguar” si unì a “La Gente Nueva“, dando il via a una serie di scontri a fuoco nelle zone di Gomez Farias, Madera, Ignacio Zaragoza e Cuauhtemoc. Altre fonti indicano invece l’allontanamento del “Jaguar” al periodo in cui Quintana era ancora al comando, in seguito a una lotta per la piazza del traffico; in quest’occasione “El Jaguar” si sarebbe rivolto al clan Salazar (insediati a Sonora) e al gruppo “Los Paredes”.
La banda del “Jaguar” venne indicata dagli inquirenti come responsabile dell’assalto del novembre 2019 a Bavispe, nello stato di Sonora (nei pressi del confine col Chihuahua), a un convoglio di auto sul quale viaggiavano tre donne e sei minori, tutti cittadini statunitensi di origine messicana, appartenenti a una comunità di mormoni e tutti e nove rimasti uccisi. La zona in questione è infatti limitrofa a quella di Madera, dove scorazzano “Los Jaguares” ed è anche zona controllata dai Salazar e dal cartello di Sinaloa, come illustrato da Alfonso Durazo, Segretario della Sicurezza Pubblica Federale.
“La Linea”
Affiliati al cartello di Juarez e capitanata da Roberto Gonzalez Montes “El Mudo”, “La Linea” veniva formata da agenti ed ex agenti di polizia, pesantemente armati e addestrati al combattimento urbano, con l’obiettivo di fornire protezione e scorta armata ai narcos nel Chihuahua. In seguito a un’alleanza con “Los Aztecas” per contrastare le attività del cartello di Sinaloa, nel 2008 si insediavano anche a Ciudad Juarez con l’obiettivo di fornire rinforzo al Cartello, contribuendo significativamente alla sua egemonia in una città strategicamente importantissima per il narco-traffico in quanto situata proprio sul confine con gli Stati Uniti.
“La Linea” si è resa responsabile di numerosi massacri tra cui quello del 31 gennaio 2010 nel quartiere di Villa de Slavarcar a Ciudad Juarez, quando vennero trucidati 16 ragazzi, tutti di età compresa tra i 15 e i 20 anni, che si trovavano in un’abitazione a guardare una partita di calcio. Nel febbraio del 2012, Josè Dolores Arroyo Chavarria, arrestato e accusato di aver fatto da palo durante la carneficina, indicò Josè Anotonio Acosta Hernandez “El Diego” (uno dei leader del Cartello) come mandante dell’assalto. In seguito venne indicato come corresponsabile anche il capo de “Los Aztecas” a Ciudad Juarez, Arturo Gallegos Castrellon, ritenuto dalle autorità locali “mandante di tutti gli omicidi in città”. Secondo quanto emerso dalle indagini e secondo le dichiarazioni di Gallegos stesso, i 24 “sicarios” avevano assaltato l’abitazione perchè pensavano che all’interno fossero riuniti membri del cartello rivale di Sinaloa.
L’inferno messicano
Gli ultimi dati indicano che nel mese di marzo in Messico sono stati registrati 2.585 omicidi; un vero record, considerato che era da giugno 2019 che non si registravano questi numeri. Il Presidente messicano, Andres Manuel Lopez Obrador, ha osservato che il livello di violenza causata dalle organizzazioni criminali è rimasto elevato nonostante le misure implementate per contrastare la diffusione del Covid-19, misure tra l’altro definite da molti messicani come troppo miti. In effetti è alquanto utopicamente ottimistico pensare che gli scontri tra narcos potessero essere affievoliti dalle misure contro il CoronaVirus in un Paese dove lo Stato non riesce a controllare intere zone ed è costretto a lasciare campo libero ai narcos, come dimostrano il “Fiasco di Culiacan” dell’ottobre 2019, quando il governo fu costretto a rilasciare il boss figlio del Chapo Guzman, poco dopo il suo arresto, a causa di un’offensiva dei narcos; come evidenziano l’assalto di Villa Union e l’arresto dell’ ex segretario di Pubblica Sicurezza messicano, Genaro Garcia Luna, per collusione con il Cartello di Sinaloa; un Garcia Luna spesso citato come “lo stratega della lotta al narcotraffico”, entrambi avvenuti lo scorso dicembre.
L’episodio di venerdì sera non è altro che l’ennesimo capitolo di una guerra tra narcos che insanguina oramai da anni il Messico e che ha causato anche ripetuti massacri di inermi cittadini trovatisi nel posto sbagliato al momento sbagliato, una sfortuna sempre più frequente nel Paese. Ora non resta che attendere la vendetta del “Jaguar”.