Per il terrorismo africano è stato un duro colpo. E questo sia per la caratura del personaggio venuta a mancare e sia perché è proprio in Africa che il jhad appare sempre più radicato. L’uccisione di Abdelmalek Droukdel potrebbe segnare una svolta in quell’area del continente nero, quale il Sahel, dove da diversi anni il terrorismo non solo risulta più rafforzato ma, al tempo stesso, è apparso quasi invincibile. Se in Afghanistan Al Qaeda trovava rifugio e protezione nelle valli e nelle montagne del Paese asiatico, qui i terroristi spesso sono apparsi come “inghiottiti” dalle dune del deserto e dall’aspro territorio del Sahel. Molti leader jihadisti per anni sono stati introvabili, nascosti in luoghi remoti ed isolati difficili da penetrare mentre nel frattempo riuscivano a rendere sempre più forte il terrorismo in Africa. Ecco perché l’uccisione di Droukdel, che fa seguito alla cattura di Mohamed el Mrabat, tra i principali esponenti dell’Isis del Grande Sahara, potrebbe assumere una valenza significativa nella lotta al fondamentalismo.

Chi era Abdelmalek Droukdel

La sua uccisione è stata annunciata direttamente dal ministro della Difesa francese, Florence Parly, su Twitter. Il blitz decisivo, come scritto da Giovanni Giacalone su IlGiornale.it, si è tenuto nella notte dello scorso 3 giugno. Ad effettuarlo sono state le forze speciali transalpine, le quali poche ore prima avevano scovato il rifugio di Abdelmalek Droukdel in un villaggio nel nord del Mali. Assieme a lui, sono stati uccisi e catturati altri importanti membri del terrorismo del Sahel. La storia criminale di Droukdel affonda le sue radici, come del resto possibile riscontrare in molti casi di militanti della sua generazione, nella guerra anti sovietica in Afghanistan. Partito dall’Algeria come volontario, si è ritrovato quindi a combattere sotto le insegne jihadiste nel Paese asiatico. Non si sa al momento in che modo e quando sia avvenuta la sua conversione alla causa fondamentalista. Droukdel infatti, prima di entrare nell’universo jihadista, ha conseguito una laurea in matematica nel suo Paese, in Algeria per l’appunto.

Qui è tornato dopo l’esperienza afghana e si è imposto, nel bel mezzo della guerra civile che insanguinava la nazione nordafricana, come uno dei più pericolosi terroristi. Tanto è vero che nel 2004 è stato designato come nuovo numero uno del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC). Un’importante svolta è arrivata nel 2006, quando Droukdel ha deciso di far alleare il suo gruppo con Al Qaeda, con l’obiettivo di estendere la sua attività al di fuori dei confini algerini. Sono questi i momenti in cui sono state poste le basi per la fondazione di Al Qaeda nel Magreb Islamico (Aqim), di cui Droukdel è uno dei leader più importanti. Il suo nome figura al vertice di Aqim ed è da almeno sette anni, come ammesso dal ministro della difesa francese, che le forze di sicurezza gli davano la caccia.

Cosa significa la morte di Droukdel

L’Africa oramai da diversi anni si sta trasformando nel baricentro del terrorismo internazionale. Anche l’ex leader dell’Isis Al Baghdadi, nell’ultimo discorso precedente alla sua cattura, ha esortato i vertici jihadisti africani ad accelerare con i piani terroristici. Un modo per indicare come proprio il continente nero oramai è un riferimento importante per il jihad. Soprattutto da quando l’Isis ha perso il suo territorio tra Siria ed Iraq ed Al Qaeda ha iniziato anch’essa, come dimostra la storia criminale di Droukdel, a puntare sull’Africa. Qui Stati molto deboli, territori impervi e popolazioni povere sono gli elementi decisivi per convincere i vertici islamisti a spingere per un’ulteriore radicamento territoriale del terrorismo. Droukdel era tra gli introvabili: dal Mali all’Algeria, francesi e servizi di sicurezza locali gli davano la caccia da anni ma lui sembrava scomparso, sparito ed intoccabile tra le dune ed il Sahel.

Per i francesi averlo scovato significa molto: Parigi ha potuto regolare i conti con uno che ha pianificato diversi attacchi nella regione e che, contestualmente, ha rappresentato una spina nel fianco per i suoi soldati impegnati nell’operazione Barkhane. Quest’ultima è la missione nata all’indomani della guerra condotta nel Mali, lì dove i gruppi terroristici erano riusciti tra il 2012 ed il 2013 a costituire dei veri e propri emiri nel nord del Paese africano. Dopo la fine di questi piccoli califfati, il jihad però ha continuato pesantemente ad imperversare: dal Mali al Burkina Faso, passando per Niger, Ciad e Mauritania, il Sahel è diventato preda di sempre maggiori attentati terroristici. La Francia, assieme al cosiddetto “G5 del Sahel”, ha quindi provato senza grossi risultati a togliere le radici messe nel deserto dal terrorismo.

Soltanto adesso stanno arrivando primi risultati, l’uccisione di Droukdel potrebbe simboleggiare quel cambio di passo della guerra francese nella regione atteso da diversi anni. Al contempo, la morte del leader di Aqim è un duro colpo anche per i terroristi africani. Nessuno è realmente intoccabile, né le dune ed i nascondigli tra Sahara e Sahel garantiscono un’assicurazione sulla vita. Forse, da oggi, si può iniziare ad immaginare un primo ridimensionamento del terrorismo in questa parte dell’Africa. E, al tempo stesso, anche una reazione vendicativa contro obiettivi occidentali nell’area.

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