Dopo mesi di trattative, gli Stati Uniti sono riusciti a giungere un accordo con le forze talebane per il rilascio di Kevin King e Tim Weeks. Tale concordato ha previsto il rilascio da parte delle forze americane di tre ostaggi, tra i quali compare Anas Haqqani, uno dei principali leader dei talebani.
Raramente gli Stati Uniti hanno scelto nella loro storia la via delle trattative per giungere ad uno scambio di prigionieri, soprattutto quando di mezzo ci sono state forze terroristiche. Tuttavia, l’azione voluta dal Presidente Donald Trump con l’ausilio del Qatar come terreno di scambio segna una svolta nella gestione delle crisi degli ostaggi da parte di Washington.
Le motivazioni dietro alle scelte di Donald
Trump ha vagliato ogni possibilitĂ pur di giungere alla liberazione degli ostaggi in mano alle forze ultra-fondamentaliste afghane prima di decidere la strada da seguire. Sul tavolo delle forze speciali americane, come di prassi, c’era la possibilitĂ di un’incursione armata nei territori nella quale il loro concittadino ed il cittadino australiano sarebbero stati detenuti.
In un’ottica di speranza di giungere ad una tregua per poter studiare una definitiva pacificazione della regione, si è scelto di prediligere la via della diplomazia, considerata soprattutto l’importanza per le forze talebane di Haqqani. Una sua possibile persecuzione legale avrebbe infatti condotto con ogni probabilitĂ alla condanna capitale, rischiando l’inasprirsi delle posizioni che avrebbe reso l’obiettivo piĂą difficile da conseguire.
Il ringraziamento al governo di Kabul
In un comunicato, Trump ha ringraziato in particolar modo il premier afghano Ashraf Ghani, che ha svolto il ruolo di mediatore principale nell’operazione. Altro ringraziamento è stato rivolto quindi al Qatar, sul cui suolo è avvenuto lo scambio dei prigionieri e che ha garantito la regolare conclusione della trattativa.
La riconoscenza dimostrata verso il governo dell’Afghanistan assume però il significato di apertura ad una prospettiva di pace della regione. Accettando infatti il ruolo di mediatore di Kabul, viene prospettata la possibilitĂ da parte del governo afghano riconosciuto a livello internazionale di aprire il trattato di pace con il benestare degli Stati Uniti. Fino a pochi mesi fa, pensare che Donald Trump potesse accettare di relegare questo compito ad un organismo esterno agli Usa era assolutamente impensabile; il recente svolgimento dei fatti ha però permesso un’apertura, cui svolgimento avverrĂ nei mesi futuri.
Da vulcanico a stratega
Rispetto ai primi mesi del suo mandato, Trump ha modificato in modo sostanziale il suo atteggiamento verbale e mediatico utilizzato a livello internazionale. Rispetto ai toni rivolti alla Corea del Nord nel 2016 ed al suo imporsi con frasi breve e secche sulle questioni riguardanti le questioni dei dazi, le ultime azioni sono state maggiormente ponderate, con grandi spazi per discussioni ed aperture. Oltre ad una questione interna legata alle elezioni presidenziali, a pesare è stata anche la dirompente crescita a livello mondiale del potere russo e cinese.
Avendo la Cina e la Russia utilizzato approcci maggiormente diplomatici negli ultimi anni, sono riusciti con maggiore effetto ad allargare la propria sfera di influenza economica, a danno proprio degli Stati Uniti; il cambio di volto del tycoon è dunque da leggersi soprattutto in quest’ottica. RiuscirĂ la mossa del presidente americano ad raggiungere gli obiettivi sperati? Per ora il banco di prova si svolge in territorio Medio Orientale: il successo della politica estera repubblicana sarĂ infatti dimostrata o confutata proprio dal raggiungimento o meno di un accordo di pace che ponga fine al conflitto dell’Afghanistan.