Sebbene le parole dirty bomb o radiological dispersion device (RDD) evochino la letteratura distopica, videogames o serie TV di spionaggio, la “bomba sporca” costituisce un pericolo reale che i servizi segreti e l’antiterrorismo delle maggiori potenze mondiali cercano di intercettare o prevenire.
Cos’è una bomba sporca
Una “bomba sporca” è un’arma non convenzionale che combina gli esplosivi tradizionali con materiali radioattivi: ha, dunque, un duplice effetto, quello di creare un’esplosione in prima battuta e, in un secondo tempo, creare degli effetti tipici della radioattività, contaminando l’area colpita. Uno strumento ben diverso dalle armi nucleari, che hanno un potenziale esplosivo di gran lunga maggiore e con ricadute devastanti: tuttavia, se la bomba atomica è una tecnologia più complessa da raggiungere, più semplice sarebbe, invece, per attori parastatali o organizzazioni terroristiche, “riconvertire” materiale di ricerca o scorie nucleari di altri siti (anche quelli legati al nucleare civile) e sfruttarli per seminare morte e distruzione.
La materia è talmente complessa e genera talmente tanta ansia internazionale da aver costretto la United States Nuclear Regulatory Commission (USNRC) ad esprimersi su quest’ipotesi, fornendo studi e informazioni alla popolazione; il dipartimento della Salute dello Stato di New York, ad esempio, ha perfino fornito ai cittadini un vademecum e delle FAQ sul tema attraverso il suo sito il retaggio psicologico dell’attacco nucleare imminente, infatti, permea ancora fortemente la cultura americana.
Che danni può provocare
Gli studi americani non annoverano la dirty bomb fra le armi di distruzioni di massa, piuttosto preferiscono utilizzare l’espressione weapon of mass disruption, poiché scatenare l’ansia della contaminazione è uno degli obiettivi principali dei terroristi.
L’entità della contaminazione può dipendere da una serie di fattori, tra cui la dimensione dell’esplosivo, la quantità e il tipo di materiale radioattivo utilizzato, i mezzi di dispersione e le condizioni meteorologiche intervenute. Da qui, la necessità di un rilevamento tempestivo del tipo di materiale radioattivo utilizzato, in grado di adiuvare le autorità locali a consigliare la comunità sulle misure protettive, su come ripararsi o come lasciare rapidamente l’area circostante. Si tratta, ovviamente, di strumentazioni e capacità di intelligence a disposizione dei principali Paesi sviluppati, ma di fronte a questo tipo di attacchi poco possono fare le medie potenze o i Paesi in via di sviluppo. A ciò va aggiunto che la successiva decontaminazione dell’area interessata può richiedere tempi e costi considerevoli. Gli effetti immediati sulla salute, invece, sarebbero determinati dalla quantità di radiazioni assorbite dal corpo, dal loro tipo e dalla distanza dall’esplosione degli individui coinvolti.
Le organizzazioni terroristiche fabbricano dirty bombs?
Secondo i dati della USNRC le organizzazioni terroristiche sono fortemente interessate all’acquisizione di materiale radioattivo e nucleare da utilizzare negli attacchi. Dall’11 settembre 2001, arresti e procedimenti giudiziari di terroristi hanno rivelato che individui associati ad al-Qaeda progettavano di acquisire materiali per costruire bombe sporche.
Jose Padilla, un americano che ha avuto ampi contatti con al-Qaeda, venne arrestato nel 2002 a Chicago perché sospettato che stesse pianificando un attentato con RDD. Nel 2004, le autorità britanniche arrestarono un cittadino inglese e alcuni suoi complici con varie accuse, Dhiren Barot, membro di al-Qaeda, sospettato per aver pianificato attacchi terroristici negli Stati Uniti e nel Regno Unito che avrebbero incluso l’uso di una bomba sporca. I pubblici ministeri federali statunitensi li hanno accusati di cospirazione per l’uso di armi di distruzione di massa contro persone all’interno degli Stati Uniti, in concomitanza con la presunta sorveglianza di diversi punti di riferimento e uffici pubblici. In un’operazione separata della polizia britannica, sempre nel 2004, le autorità hanno arrestato un altro cittadino inglese e altri sei con accuse legate al terrorismo relative al tentativo di acquistare una “bomba radioisotopica” dalla mafia russa.
Sebbene nessuno dei due piani fosse in una fase operativa perché né Padilla né Barot avevano iniziato a montare il materiale necessario, questi arresti dimostrano che le dirty bombs non fossero più una mera ipotesi.
Il sospetto sull’ISIS
Nel 2016 il sospetto circa la fabbricazione di bombe sporche cadde anche sull’ISIS. Finora, non si è mai verificato un attacco terroristico utilizzando una RDD, ma le attività dell’ISIS in Belgio confermarono che anche gli islamisti in Europa avessero interesse a provare queste alternative. Il sospetto sull’ISIS accompagnò la cronaca su quella che fu un’ulteriore ramificazione del terrorismo internazionale già prima del 2016: era il 2014 quando Matthew Bunn dalle pagine del National Interest raccontava del furto, da parte del neonato gruppo, di 40 kg di uranio prelevato dal compound universitario della città di Mosul. Una notizia che scatenò il panico, ma che fu subito sgonfiata poiché tutto l’uranio altamente arricchito che una volta esisteva in Iraq – il materiale che poteva davvero essere usato per una bomba nucleare, per la quale l’Iraq aveva come combustibile legato ai reattori di ricerca forniti da Russia e Francia – venne rimosso dopo la guerra del 1991. Allora le bombe sporche vennero ipotizzate come eventuale destinazione d’uso di quel materiale, una notizia paradossalmente “buona” per coloro i quali temevano la minaccia nucleare tradizionale nelle mani dei terroristi.
I materiali coinvolti
Numerosi sforzi per controllare meglio le sorgenti radiologiche, ad esempio, sono stati compiuti, ma questo non impedisce che si scateni il panico ogni qualvolta vengano realizzati furti di questo tipo di materiali. Fortunatamente la maggior parte delle sorgenti non sono molto adatte per la produzione di una bomba del genere; molte, poi, possiedono talmente tanta radioattività che chiunque le rubasse sarebbe morto prima di poter fabbricare un dispositivo. Il possibile materiale del dispositivo di dispersione radiologica potrebbe provenire dai milioni di sorgenti radioattive utilizzate in tutto il mondo nell’industria, per scopi medici e in applicazioni accademiche principalmente per la ricerca. Di queste sorgenti, solo nove isotopi si distinguono come funzionali al “terrore radiologico”: americio-241, californio-252, cesio-137, cobalto-60, iridio-192, plutonio-238, polonio-210, radio-226 e stronzio-90. Esistono migliaia di sorgenti “orfane” sparse in tutto il mondo, ma di quelle segnalate come “perdute”, non più del 20% può essere classificato come un potenziale problema di alta sicurezza. Si ritiene che in particolare la Russia abbia migliaia di fonti orfane, che sono andate perdute in seguito al crollo dell’Unione Sovietica. Degne di nota sono le sorgenti beta emettitori di stronzio-90, utilizzate come generatori termoelettrici in aree remote della Russia (soprattutto nei fari).
La realizzazione di una bomba sporca, tuttavia, prevede almeno tre condizioni perché possa essere assemblata: la sorgente dovrebbe essere sufficientemente radioattiva per creare danni radiologici diretti; in secondo luogo, la sorgente dovrebbe essere trasportabile con una schermatura adatta, ma non così tanto da essere troppo pesante da manovrare, soprattutto perché i terroristi devono spostarsi con velocità estrema e agevolmente; terzo, il materiale dovrebbe essere sufficiente per contaminare efficacemente l’area intorno all’esplosione. Non è semplice, dunque, mettere in moto un meccanismo simile. Difficile ma non impossibile: tuttavia, un’organizzazione terroristica che possiede una fonte di materiale altamente radioattivo, come un generatore termico allo stronzio-90, avrebbe la capacità di creare un incidente paragonabile al disastro di Chernobyl.
Il futuro prossimo
Ad oggi non esistono casi accertati di utilizzo di questi dispositivi, sebbene la loro minaccia sia agitata molto spesso in situazioni di conflitti a bassa intensità. Così come sono noti alcuni esperimenti in materia realizzati dal secondo Dopoguerra in poi: ad esempio, negli Stati Uniti, dal 1949 al 1952 l’esercito americano testò esplosivi progettati per disperdere il tantalio radioattivo. Sulle battute finali della Guerra Fredda, nel 1987, l’Iraq testò una bomba piena di materiale radioattivo, ma l’esercito iracheno si ritenne insoddisfatto delle piccole quantità di radioattività prodotte. Negli anni Novanta furono i secessionisti ceceni ad agitare lo spauracchio delle RDD: nel 1995 alcuni di loro chiamarono una stazione televisiva russa affermando di poter costruire una bomba sporca. Come prova, fornirono l’ubicazione di un punto in un parco di Mosca dove avevano seppellito una piccola quantità di cesio radioattivo.
Da allora, il timore di queste armi non convenzionali continua ad occupare le scrivanie delle eminenze grigie del Pianeta: con lo smantellamento dell’arsenale sovietico successivo al crollo dell’Urss, un’abnorme quantità di materiali utili a produrre questi ordigni si è disseminata per Pianeta. L’utilizzo della radioattività, poi, per scopi diversi da quelli militari, rende il pericolo più reale rispetto al passato tanto che l’alto livello di expertise necessaria, unitamente alla pericolosità dei tentativi, sono al momento l’unico baluardo contro questa eventuale proliferazione.