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Migliaia di foreign fighters partiti per l’Iraq e la Siria, cellule terroriste in giro per l’Europa, jihadismo collegato con il narcotraffico e con la tratta dei migranti. Chi pensava che il Marocco fosse l’isola felice dell’Africa settentrionale, probabilmente ha sbagliato. Il regno di Mohammed VI non è per niente un’oasi di pace in un mondo in guerra, ma è semplicemente un’altra faccia di come il terrorismo internazionale di matrice islamista abbia rafforzato la sua rete e si muova nell’ombra. Il Marocco non ha avamposti di Daesh che combattono nel suo territorio, non ha subito attentati devastanti, non ha moti di rivolta connotati dall’islam radicale – ad eccezione dei moti del Rif, che comunque possiedono una loro peculiarità storica e culturale. Ma questo non esime il regno di Rabat dall’essere uno dei Paesi-chiave dell’islamismo radicale.

Il Marocco non è un’isola felice, ma un sistema del tutto unico nel panorama del terrorismo internazionale. Il fatto che sia rimasto nell’oscurità rispetto ad altri Paesi, è in realtà dovuto principalmente al fatto che la furia degli attentati terroristici non lo abbia ancora colpito. Tuttavia, questa sorta di “pax” del terrorismo ha creato una percezione collettiva del Marocco non realistica, riducendo la sua importanza nel terrorismo internazionale, quasi che fosse un territorio libero da certi rischi. Purtroppo, i recenti attentati in Europa, così come i dati sulle partenze dei miliziani, mostrano una realtà ben diversa: il Marocco è preda del terrorismo internazionale. Ma con una differenza rispetto agli altri Paesi, e cioè che il Marocco è oggetto di reclutamento, ma non di attacchi, diventando in pratica uno dei principale hub dello jihadismo.

Dal Marocco sono partiti i giovani che hanno colpito Barcellona, Turku, Bruxelles e Parigi. Dal Marocco sono partiti migliaia di foreign fighters per combattere in Iraq, Siria e Libia. Un numero impressionante di marocchini è coinvolto in varie forme nel terrorismo internazionale e l’intelligence europea non è ignara di questa minaccia. Lo jihadismo marocchino è, infatti, molto più sottile e ramificato rispetto a quello di altri Paesi, perché si fonda su organizzazioni non soltanto ideologiche, ma soprattutto criminali. La povertà, l’emarginazione sociale e la mancanza di lavoro, sono elementi su cui si basa non soltanto la politica di reclutamento del Califfato, ma anche quella della criminalità organizzata, che in Marocco si fonda sul traffico dei migranti e sul narcotraffico. Droga, emigrazione, jihadismo, formato tre binari del terrore che si uniscono e formano un blocco pericolosissimo per la sicurezza europea, e la Spagna, in particolare, è il primo Paese ad essere minacciato da questa situazione esplosiva, non solo per la vicinanza geografica al Marocco, ma anche per la presenza di Ceuta e Melilla. Le due enclave sono un punto nevralgico del terrorismo internazionale, perché una volta infiltrati nelle due città, i terroristi si sono automaticamente infiltrati in Europa.

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L’intelligence di Madrid ha da tempo intavolato rapporti di collaborazione strettissimi con le forze di sicurezza marocchine. Rabat si è dimostrata disposta a collaborare, ed ha attivato operazioni delle forze dell’ordine su tutto il territorio per contrastare in particolare il traffico di armi, droga e di migranti. Nella lotta al terrorismo islamico, il governo marocchino si è impegnato con lo smantellamento di centinaia di cellule jihadiste e aiutando le forze occidentali nell’individuare le minacce per gli altri Paesi, ma il problema vero risiede nel fatto che il risveglio del terrorismo islamico in Nord Africa rischia di trovare un Marocco completamente impreparato e privo di fondi per far fronte a fenomeni che potrebbero presto coinvolgerlo. Il flusso di migranti è in aumento, e con esso i rischi che i gruppi legati ad Al Qaeda nel Maghreb si finanzino e trovino nuovi combattenti. Secondo gli ultimi dati, la rotta dell’Africa occidentale sta diventando sempre più utilizzata dai trafficanti di uomini, e questo innesca un pericoloso circuito di traffici che passano in territori controllati dalla criminalità organizzata e legati anche al terrorismo islamico. Traffici che arrivano in Spagna e che si legano allo jihadismo iberico, fomentando quindi una filiera che unisce il Nordafrica all’Europa utilizzando le centrali terroristiche presenti in territorio spagnolo. Una minaccia da non sottovalutare, e che l’attentato delle Ramblas ha dimostrato essere tutt’altro che remota: il Marocco è tutt’altro che escluso dal terrorismo islamico. Il fatto che sia passato nell’ombra potrebbe anzi averlo trasformato in uno degli avamposti più pericolosi per l’Europa.

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