Continua la spirale di sangue e terrore che avvolge da alcune settimane l’Afghanistan. Dopo gli attacchi dei talebani dei giorni scorsi, l’ultimo nella giornata di ieri con il rapimento di 2000 persone a Kunduz, oggi è il turno della capitale, Kabul, costretta a subire un altro giorno di orrore. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero almeno 12 i missili che hanno colpito la aree intorno alla zona diplomatica della capitale. Nella città vecchia di Kabul, invece, sono scoppiati violenti scontri fra forze di sicurezze e militanti, di cui resta ancora imprecisata l’appartenenza.

“Stamattina un gruppo di terroristi ha preso un edificio nel quartiere di Reka Khana e ha lanciato diversi razzi verso Kabul”, queste le parole del portavoce del ministero dell’Interno, Najib Danish, all’Afp. Il portavoce ha anche confermato che ci sarebbero due feriti. Intanto, un giornalista di Afp ha dichiarato di aver visto elicotteri in volo sopra la moschea Eidgah a Reka Khana con una colonna dio fumo che si innalzava dalla moschea, mentre le forze governative si stanno dirigendo in massa in direzione dello stadio di Kabul.  Il portavoce della polizia di Kabul, Hashmat Stanikzai, ha confermato che sono in corso violenti scontri nei pressi della Moschea di Eidgah, aggiungendo che “le forze dell’ordine hanno isolato la zona”.

Tutto questo, mentre il presidente Ashraf Ghani stava tenendo un discorso per celebrare la festa dell’Eid Al Adha. “Si sbagliano – ha detto il presidente – se credono di poter soggiogare gli afghani sferrando attacchi con razzi”. Ma è un colpo durissimo per la strategia del presidente.

I primi sospetti sui talebani

Ancora non è chiara la matrice degli attacchi. In molti puntano il dito contro i talebani, cui il presidente Ghani aveva lanciato una proposta di tregua che per adesso sembra sia stata definitivamente accantonata. L’episodio di ieri, con il rapimento di centinaia di persone a Kunduz, è stato il segnale che a Kabul nessuno sperava di dover recepire.

I talebani non hanno accolto l’offerta di tregua. Come ha riportato l’agenzia Reuters, “due comandanti talebani hanno detto che il loro capo supremo ha rifiutato l’offerta del presidente Ashraf Ghani di un cessate il fuoco di tre mesi”. Il governo afghano sperava in una tregua come avvenuto a giugno per i tre giorni dell’Eid al-Fitr. Ma la situazione ora è differente.

Secondo i leader talebani raggiunti da Reuters, il gruppo ritiene che queste tregue servano solo a prolungare la presenza americana nel Paese. Ma la proposta di tregua non è stata ancora rigettata ufficialmente. E questo è l’unico scoglio su cui poggiano le ultime flebili speranze da parte di Kabul.

Ma c’è anche chi crede che questi assalti non siano parte della strategia dei talebani. Come scrive La Stampa, “a Kabul agisce anche l’Isis, ma di solito con attentati suicidi, e la Rete Haqqani“. Queste due organizzazioni sono estremamente forti e in grado di poter colpire ovunque. La sfida per il controllo dell’Afghanistan si combatte, tra fazioni terroriste, anche a colpi di attentati. È uno strumento di terrore e di propaganda che serve, nella logica di questi gruppi, a imporre la propria supremazia in una determinata area del Paese o a mostrare di essere presenti e in grado di colpire. E lo Stato islamico, in Afghanistan, ribolle.

La rivendicazione dell’Isis

Come riporta il quotidiano online afghano Khaama Press, il portavoce dei talebani Zabilullah Mujahid ha inviato un messaggio in cui afferma l’estraneità del gruppo agli attacchi di questa mattina nella città di Kabul.  Un’estraneità che non va sottovalutata: i talebani non avrebbero alcun interesse a dichiararsi innocenti. Dopo gli attacchi, la rivendicazione ha un significato preciso. E un gruppo che compie attentati terroristici come metodo di lotta non ha interesse a dichiararsi estraneo dopo un assalto.

Intanto sembra che abbia iniziato a circolare su internet una prima rivendicazione da parte dello Stato islamico. Si tratterebbe di una cellula locale del Califfato, ma la sua autenticità non è ancora confermata.