In Egitto torna a scorrere il sangue dei cristiani. Ad un mese di distanza dagli attentati della Domenica delle Palme nelle città di Tanta ed Alessandria, costati la vita a 45 persone, e a pochi giorni dalla storica visita di Papa Francesco, il terrorismo islamico torna a colpire nel Paese.
Un barbiere copto ucciso nel suo negozio ad al Arish
Nel fine settimana, infatti, alcuni uomini armati, probabilmente affiliati allo Stato del Sinai, la branca locale dell’Isis, hanno fatto irruzione nel negozio di Nabil Saber Fawzy, un barbiere cristiano copto, ad al Arish, nel Sinai settentrionale, uccidendo l’uomo a colpi d’arma da fuoco. Secondo quanto riportano le fonti delle forze di sicurezza locali, l’esecuzione è avvenuta nella serata di sabato. Prima di Nabil, nel nord del Sinai, altri sette cristiani sono stati giustiziati dai miliziani delle bandiere nere. Una vera e propria dichiarazione di guerra, quella dell’Isis ai cristiani copti, che ha portato almeno 118 famiglie cristiane, negli ultimi mesi, ad abbandonare la città di al Arish. Come loro, anche Nabil Saber, sposato e padre di due figli, era scappato dal Sinai lo scorso novembre, per trasferirsi con la sua famiglia a Porto Said. Due settimane fa, però, secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, Nabil Saber era tornato ad al Arish per riprendere a lavorare. Qui l’uomo aveva riaperto il suo negozio di barbiere, dove sabato scorso, quattro uomini armati lo hanno giustiziato.
Una persecuzione senza fine
Dallo scorso dicembre, in Egitto, 75 cristiani sono stati uccisi dai fondamentalisti islamici. Una scia di sangue che sembra non avere fine. A dicembre l’attentato alla cattedrale copta di San Marco in Abassiya al Cairo. Dodici chili di tritolo dilaniano i corpi di 25 persone. Di queste, sei erano bambini. Poi, a febbraio, arriva la dichiarazione di guerra dell’Isis ai cristiani copti egiziani. Una guerra che gli uomini del Califfato sono decisi a combattere casa per casa. Letteralmente. I miliziani jihadisti che dal 2011 sfidano il governo egiziano nel nord del Sinai, iniziano a colpire i cristiani uno per uno. A febbraio, gli uomini dello Stato del Sinai uccidono due cristiani copti, padre e figlio, ad al Arish. Il primo lo finiscono a colpi di arma da fuoco. Il secondo lo bruciano vivo. Arrivano, quindi, le liste di proscrizione. A marzo, altri due cristiani copti vengono uccisi nella loro abitazione, poi data alle fiamme dai terroristi. Al termine dell’esecuzione, racconta una testimone, i jihadisti cancellano i loro nomi da una lista di persone da eliminare. Ad aprile, durante le celebrazioni per la Domenica delle Palme, il duplice attentato terroristico nella chiesa di San Giorgio a Tanta e nella cattedrale di San Marco ad Alessandria, dove perdono la vita 45 persone. Poi, l’assalto, rivendicato dall’Isis, al monastero di Santa Caterina, uno dei più antichi monasteri cristiani nel Sinai meridionale. A perdere la vita è un poliziotto schierato a difesa dell’edificio.
L’Isis promette nuovi attacchi contro i cristiani in Egitto
Sabato scorso, infine, una nuova esecuzione. A nulla sembrano essere valse, quindi, le parole di riconciliazione e di condanna della violenza pronunciate lo scorso 28 aprile da Papa Francesco di fronte al grande Imam, Ahmed al-Tayyeb, nell’università di al Azhar, massima istituzione accademica dell’Islam sunnita. I cristiani copti, che costituiscono il 10% circa della popolazione egiziana e formano la più grande comunità cristiana del Medio Oriente, continuano ad essere nel mirino dei fondamentalisti islamici: diciannove gruppi armati salafiti, confluiti nel gruppo Ansar Beit al Maqdis, trasformatosi nel 2014 nello Stato del Sinai, “provincia” del Califfato di Al Baghdadi in Egitto. Venerdì scorso, il leader dello Stato Islamico nel Paese è tornato a sfidare il governo egiziano – che dopo gli attentati a Tanta e Alessandria ha proclamato lo stato di emergenza in tutto il Paese – annunciando che il gruppo non smetterà di prendere di mira i cristiani copti e che continuerà i suoi attacchi contro quelli che definisce “obiettivi legittimi”. Nella sua dichiarazione, pubblicata sul settimanale jihadista Aleshaba e diffusa sul social network Telegram, il capo dei terroristi egiziani ha invitato, quindi, i cittadini musulmani ad evitare di avvicinarsi ai luoghi di preghiera cristiani, agli edifici governativi ed agli assembramenti militari e di polizia. I jihadisti non hanno perso tempo e sono subito passati dalle parole ai fatti. Ad un giorno dall’annuncio, è arrivata, puntuale, l’ennesima uccisione ad al Arish.