Vietare o non vietare TikTok? È questo il dilemma nella testa del presidente Usa Joe Biden, pressato ora non più soltanto dal Partito Repubblicano, ma anche dai funzionari del suo stesso governo, convinti della necessità di mettere al bando il social di proprietà dell’azienda cinese ByteDance. Ma mentre i Paesi europei (tra cui l’Italia) e il Canada seguono le direttive di Washington con omologhe strette, la decisione definitiva che potrebbe poi essere seguita da tutto il resto dell’Occidente non è stata ancora presa. Perché TikTok, per il momento, è stato rimosso dai dispositivi dei dipendenti del governo e delle amministrazioni statali di alcuni Stati Usa. Il ban totale è inconcepibile, ma il Congresso sta cercando di dare una notevole accelerata sensibilizzando l’opinione pubblica sui rischi per la privacy degli americani con dei disegni di legge ad hoc.

Il presidente americano non si è ancora espresso e secondo quanto riporta il Wall Street Journal sarebbe contrario a un divieto. Le ragioni sono svariate, anzitutto elettorali: senza TikTok, gli elettori più giovani e progressisti vicini al Partito Democratico perderebbero la loro piattaforma di riferimento per informarsi. Uno studio del Pew Research Center ha misurato la crescita dirompente del social tra tutti i gruppi demografici: oggi il 10% degli americani si informa su TikTok, con picchi del 26% nella fascia d’età dai 18 ai 29 anni.



C’è poi anche un uso più “attivo” e meno passivo dell’app che viene fatto da parte degli attivisti, talvolta cooptati dai dem per spiegare in un linguaggio più accessibile ai giovani le proposte e il programma dei loro candidati. È già successo nel 2020 durante la campagna elettorale per le presidenziali, dove TikTok è stato pressoché monopolizzato dagli elettori dem, mentre Donald Trump finiva vittima degli utenti che prenotavano i palazzetti dei comizi del tycoon per poi non presentarsi, com’è accaduto a Tulsa. I sostenitori repubblicani preferiscono navigare su altri siti e comunicare su social network dove, a detta loro, non viene applicata alcun tipo di “censura”. Da quando Elon Musk è diventato il padrone di Twitter, la “galassia” conservatrice è tornata in massa a “cinguettare”, galvanizzata anche dall’amnistia voluta dal fondatore di Tesla, che ha revocato la sospensione dell’account di Trump.

Mentre i millennial restano così fedeli all’uccellino, gli under 30 creano contenuti per TikTok. A Biden dunque non converrebbe rinunciare a una cospicua fetta di elettorato spesso ignorata. Intanto perché la generazione Z è un segmento politicamente attivo e in secondo luogo perché veicola messaggi che altrimenti sarebbe complicato diffondere attraverso i canali tradizionali. “In questo momento TikTok può essere un’arma preziosa, soprattutto perché i repubblicani se ne sono allontanati per motivi politici”, ha detto al Wsj Bradley Beychok, cofondatore di American Bridge 21st Century, un comitato pro-Dem. “Non si vorrebbe che uno strumento del genere venisse tolto dallo scaffale”, ha spiegato.

Le implicazioni politiche ed economiche terrorizzano il presidente Usa quasi quanto quelle elettorali. Togliere TikTok dagli store statunitensi rischierebbe infatti di scatenare un’altra crisi con la Repubblica Popolare Cinese, che controlla indirettamente l’azienda proprietaria dell’applicazione e potrebbe vendicarsi bloccando tecnologie americane in Cina. Non è una riacutizzazione dello scontro con Pechino quella a cui ambisce nel breve termine Biden, soprattutto dopo la vicenda dei palloni spia.

Preoccupano poi anche le possibili ripercussioni sull’occupazione e sul settore tecnologia. L’indotto di TikTok è enorme negli Stati Uniti: le imprese che fanno affari in estremo oriente sono ancora tantissime nonostante la pandemia e i cambiamenti che questa ha apportato alla catena di approvvigionamento globale. Cancellare TikTok potrebbe portare a un contenzioso legale: secondo i suoi difensori, infatti, un divieto governativo potrebbe venire abrogato dalla Corte suprema qualora venisse ritenuta una violazione del Primo emendamento, che tutela la libertà di espressione. Se i giudici seguissero un’interpretazione estrema della costituzione americana, com’è probabile che succeda alla luce dell’attuale maggioranza conservatrice, il destino di questo TikTok ban sarebbe già segnato.

Nel frattempo al Senato Usa è iniziato l’iter di approvazione della Warner-Thune bill, un disegno di legge che conferirebbe al dipartimento del Commercio l’autorità per proibire tecnologie straniere sospettate di essere controllate da Stati esteri. Attivare questa procedura sarebbe però prerogativa del governo e l’amministrazione Biden non si è mai esposta in questo senso.

La soluzione potrebbe quindi essere rappresentata da una via di mezzo, già sperimentata in passato, ma mai portata a termine: l’ingresso di proprietari occidentali nella società. Nel 2020 ci provò Donald Trump, coinvolgendo prima Microsoft e poi Oracle, ma i vertici di ByteDance riuscirono a bloccare la vendita dopo aver fatto ricorso alla giustizia federale, che gli diede ragione. Biden potrebbe considerare l’opzione acquisizione per accontentare i parlamentari dell’opposizione e perfino quelli del suo partito, allarmati da questa inedita minaccia alla sicurezza nazionale. Oppure, più verosimilmente, Washington potrebbe dare un ultimatum a ByteDance sulla condivisione dei dati degli utenti. A oggi, lo scenario più probabile è che almeno fino al 2024 TikTok continuerà a essere installato e utilizzato sui cellulari americani: stavolta, per gli Stati Uniti, i benefici superano i costi.