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Sarà la Germania la sede del futuro hub che l’Organizzazione mondiale della sanità installerà per dare una base a una struttura di analisi e previsione che possa svolgere funzioni di “intelligence pandemica”. In altre parole, di analisi dei trend globali funzionali a individuare potenziali fattori di rischio o focolai epidemici paragonabili a quello del Covid-19 per evitare che in futuro il mondo possa farsi nuovamente cogliere di sorpresa. L’annuncio è stato fatto dalla cancelliera Angela Merkel e dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel corso di una conferenza stampa congiunta.

La notizia è di quelle da tenere d’occhio e da monitorare attentamente. Per quanto l’Oms abbia spiegato in una nota che dato i costi elevati di avvio del progetto la scelta e la selezione dei finanziatori sia ancora in corso la scelta di creare una struttura comune di intelligence per compiere analisi di questo tipo ha implicazioni non solo sanitarie ma anche tecnologiche e politiche. L’utilizzo dei big data e delle capacità di analisi e predizione delle tecnologie più moderne si è rivelato fin dall’inizio della pandemia uno strumento non secondario nella lotta al Covid, come l’esperimento “locale” e la strategia del tracciamento a tappeto col sostegno dell’Università di Padova operato dalla regione Veneto ha confermato fin dalle prime settimane nel nostro Paese.

Al contempo, l’operato dei servizi di intelligence globali sul fronte dell’analisi previsionale della diffusione del Covid-19 è stato oggetto di ampie discussioni: il professor Aldo Giannuli nel saggio Coronavirus: globalizzazione e servizi segreti ha indicato nelle amnesie dei servizi uno dei possibili motivi che hanno ritardato la risposta politica alla pandemia ma sottolineato che se da un lato “l’intelligence occidentale e di altri paesi asiatici, è stata incapace di prevenire il rischio della pandemia” dall’altro è chiaro che “essa si sia attivata man mano che giungevano i segnali di quel che maturava”. The Conversation, in relazione al caso statunitense, ha invece indicato come principale motivo della superficialità politica di fronte all’insorgenza del virus non tanto l’operato dei servizi quanto piuttosto la ridotta visibilità dei rapporti del National Center for Medical Intelligence e le opacità riguardanti le richieste dell’Oms ai governi nazionali circa la rendicontazione delle precise evoluzioni pandemiche.

La mossa dell’Oms in tal senso può rappresentare l’opportunità per mettere a fattor comune tecnologie avanzate, conoscenze mediche, analisi dei trend globali sul fronte politico, economico e sociale e metodologie d’intelligence per creare una struttura in grado di permettere ai Paesi aderenti di garantire una capacità di previsione comune di fronte a problematiche potenzialmente di taglia planetaria. Dopo l’intelligence economica e il rilancio delle branche tradizionali della human intelligence (Humint) e della signal intelligence (Sigint) che hanno contraddistinto l’ultimo decennio la pandemia inaugura la fase dell’intelligence medica. In diversi campi la presenza di un apparato pubblico in grado di delineare scenari con tempistiche strette rispetto ai tempi della politica e dell’economia è divenuto fondamentale. In campo medico, il fatto che la pandemia abbia aumentato la competitività tra sistemi-Paese spinge alla necessità di trovare un terreno di gioco comune.

“Dobbiamo identificare i rischi pandemici ed epidemici il più rapidamente possibile, ovunque si verifichino nel mondo”, ha sottolineato il ministro della Salute tedesco Jens Spahn, in un intervento volto a spiegare la ratio del nuovo centro pensato dall’Oms e da Berlino. “A tal fine, dobbiamo rafforzare il sistema globale di allarme rapido con una migliore raccolta di dati relativi alla salute e un’analisi interdisciplinare dei rischi”, mettendo una maggior quantità di dati al servizio di migliori capacità previsionali.

Certamente il fatto che in un’organizzazione internazionale come l’Oms si pensi alla strutturazione di un apparato con fini tanto strategici non può lasciar neutrali le grandi potenze del pianeta. In particolar modo gli Stati Uniti e la Cina, rivali attenti a evitare ogni possibilità di contatto tra i rispettivi apparati securitari.

Il 7 luglio 2020 il presidente Trump ha ufficializzato che gli Stati Uniti sarebbero usciti dall’Oms accusando le presunte infiltrazioni della Cina nella determinazione dei suoi obiettivi e che la misura sarebbe entrata in vigore il 6 luglio 2021, ma il successore Joe Biden ha invertito la decisione appena insediato, il 20 gennaio scorso. Pechino è la “grande elettrice” di Tedros ma anche una potenziale osservata speciale per le accuse di negligenza all’inizio della pandemia. Il fatto che l’hub di intelligence pandemica avrà sede in Germania offre spazi a Berlino nella sua corsa verso una nuova trasformazione da potenza meramente economica a attore geopolitico di punta in cui il ruolo dei servizi e il rilancio delle tecnologie di frontiera nel contesto delle partite strategiche più calde hanno un ruolo fondamentale. Ospitare la sede di un centro internazionale o di un’organizzazione multilaterale significa potervi influire direttamente, e la Germania di Angela Merkel sul fronte dell’utilizzo delle nuove tecnologie, della “sovranità” sui dati circolanti sul suo territorio e sull’innovazione di frontiera e sulle sue applicazioni punta fortemente nel quadro delle strategie di autonomia strategica europea. Di fronte alle possibili contrapposizioni tra Washington e Pechino l’hub dell’Oms può rilanciare l’Europa nel quadro delle politiche di contrasto alle pandemie di oggi e del futuro.

Nell’aprile del 2020, anticipando il fatto che sul Covid-19 si sarebbe tornati allo scontro tra problemi globali che necessitano cooperazione e collaborazione e l’opposizione di interessi di parte, Paolo Savona ha evidenziato con grande lucidità il tema cruciale della questione in un’analisi per Il Sole 24 Ore: “I modi per affrontare la crisi sanitaria ed economica dovevano essere decisi cooperando a livello globale, ma questa è esplosa in un momento in cui le relazioni internazionali si trovano al minimo post bellico e post caduta del comunismo sovietico”. La creazione di spazi di confronto comune come gli hub di intelligence sanitaria può valorizzare il versante cooperativo del mondo contemporaneo e annacquare le rivalità di potenza. Ma servirà un impegno convinto sullo sviluppo delle capacità di utilizzo del lato socialmente più utile delle nuove tecnologie e del processo di raccolta informazioni tipico dell’intelligence.

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