Un mese fa su InsideOver avevamo dato conto di come O-Ran, l’alleanza coinvolgente diversi attori europei per un 5G modulare e aperto, rischiasse di franare per l’azione indiretta delle sanzioni Usa ad aziende cinesi attive nella filiera. Washington, insomma, con il suo lawfare si è trovata nella condizione di poter paradossalmente indebolire una gamba dell’alleanza occidentale che intendeva contrapporre ad attori come la cinese Huawei, e nelle ultime settimane i legislatori di Washington stanno provando a porre rimedio per ridurre il gap con Pechino nella rete di ultima generazione.

Per provare a far fronte a questa problematica e all’oggettiva predominanza cinese nella rete, oltre che per ricongiungere a sé il mercato europeo la superpotenza intende ora rafforzare l’asse tecnologico. Alex Ward, curatore di “National Security Daily” e editorialista di Politico, ha potuto leggere in anteprima la bozza del Transatlantic Telecommunications Security Act, un’iniziativa bipartisan scritta su iniziativa dei senatori Jeanne Shaheen (democratica) e Rob Portman (repubblicano), entrambi membri della commissione Esteri, che la stanno per presentare a Capitol Hill rafforzando l’iniziativa di un’analoga proposta in via di esame alla Camera. In sostanza, si legge su Politico, la Shaheen e Portman vogliono dare esplicita forma al contenimento anti-cinese mettendo sul piatto uno stanziamento di risorse e di aiuti diretti ai Paesi europei che vorranno dismettere il 5G di Huawei.

La proposta bipartisan non è la prima, come detto, in campo 5G. A luglio la Camera dei Rappresentanti ha dato semaforo verde a un’altra iniziativa, il Promoting United States Wireless Leadership Act dettante regole chiare per la definizione della competizione e dell’interesse nazionale statunitense in ambito 5G e che rappresenta il pivot per il lancio di un’espansione oltre i confini del Paese della grande strategia americana. A inizio mese Portman è stato decisivo per creare il gruppo di 19 senatori repubblicani che hanno negoziato l’appoggio repubblicano all’Infrastructure Investment and Jobs Act che ha portato 65 miliardi di dollari di investimenti pubblici sul 5G americano, molti dei quali diretti a Stati dell’America profonda in cui il Grand Old Party è maggioritario e che soffrono di carenze sulla banda larga. I senatori ora propongono di dare alla U.S. International Development Finance Corporation il potere di finanziare progetti privati per le reti 5G in 22 Paesi dell’Europa centro-orientale, specie in quei Paesi fortemente filo-atlantici aperti alla penetrazione economica di Pechino.

Non è la prima volta che Washington prova a dare una spinta al 5G europeo, dato che già nel 2020 Donald Trump promosse in sinergia col Pentagono una strategia di sostegno politico al network O-Ran, dopo che questo aveva realizzato importanti progressi nella standardizzazione delle Ran (Radio Access Network) aperte e intelligenti, sviluppato standard di accesso aperto per l’interoperabilità e consentito ai player attivi nel mercato di costruire apparecchiature per reti di accesso radio più sicure da ogni forma di controllo esterno, e pensato addirittura a una forma di 5G privo di brevetto per pensare di consolidare il fronte occidentale transatlantico. La consapevolezza di Washington è di essere indietro nella corsa al 5G e di non avere in casa un’alternativa a aziende come Huawei e Zte. Spazio, dunque, a consorzi europei come Nokia e Ericsson e al sostegno all’idea di un’alleanza transatlantica che depotenzi, sul fronte 5G, le istanze europee per  gli Usa ritengono possibile fonte di minaccia per la penetrazione cinese.

Shaheen e Portman intendono con la loro legge sostenere una collaborazione Usa-Ue capace di essere sempre più profondamente dinamica e intenta a creare in particolar modo legami strategici sempre più vincolanti e un idem sentire sotto il profilo della sicurezza e della percezione dei rischi del dominio cinese in un settore tanto critico. Secondo Thorsten Benner, politologo tedesco alla guida del Global Public Policy Institute, però la mossa americana nasconde un secondo fine: utilizzare la sicurezza come chiave di volta per diffondere oltre Atlantico gli interessi delle multinazionali Usa del big tech.

Il Global Public Policy Institute è tra gli apparati e i pensatoi maggiormente attenti a promuovere le cause dell’autonomia strategica europea e ha espresso più volte una visione critica della politica a stelle e strisce sia durante l’era Trump che dopo l’insediamento di Joe BidenBenner, in forma diretta e provocatoria, è in sostanza autore di un appello agli Usa perché chiariscano le loro intenzioni: ritengono prioritario sostenere i progetti 5G europei col fine di favorire attori stanziati in larga parte nel Vecchio Continente o puntare sugli appalti di Paesi come i baltici, la Polonia, la Repubblica Ceca e gli Stati balcanici per iniziare una contro-penetrazione ostile a quella cinese ma destinata a marginalizzare l’Europa? Il fatto stesso che sussista il dibattito segnala che, dopo casi come la stipula dell’alleanza Aukus, i Paesi europei si sentino in una certa misura marginalizzati. E che anche le offerte americane siano accolte con sostanziale scetticismo. La critica velata che da certi pensatoi strategici emerge verso Washington deve mettere in allarme i fautori della nuova strategia a stelle e strisce sull’asse tecnologico transatlantico.