La Luna è tornata al centro di una nuova corsa che ricorda molto quella degli anni ’60 del secolo scorso, quando Usa e Urss hanno gareggiato per essere le prime nazioni a far sbarcare l’uomo sul nostro satellite naturale.

Dopo 50 anni dall’Apollo 11 si è delineata una nuova gara per far tornare l’uomo sul suolo lunare, questa volta per restarci. La finalità, condivisa da Stati Uniti, Cina e Russia, è infatti impiantare una base semipermanente per poi, in prospettiva, compiere quel balzo verso Marte che è atteso da decenni, oltre che per sfruttare le risorse minerarie del nostro satellite (acqua, Terre Rare ed elio-3).

Si tratta quindi di una corsa diversa rispetto alla precedente, e non solo per una questione di scopo. Per la prima volta nella storia si è aperta la porta dell’esplorazione spaziale, o per meglio dire dello spazio esterno, all’impresa privata. Almeno in Occidente.

Non solo SpaceX

L’avventura di SpaceX, del miliardario Elon Musk, è lì a testimoniarlo. Sebbene ai più possa apparire “anacronistico” usare razzi e navicelle che, solo concettualmente, sono uguali a quelle usate a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, si è aperta la possibilità – fino ad oggi solo ipotizzata – di utilizzare vettori privati nello spazio.

Per fare un paragone, quando l’aereo cominciò ad affermarsi come mezzo militare, nella Prima Guerra Mondiale, ci fu chi pensò che potesse potenzialmente rivoluzionare il mondo dei trasporti, e tra gli anni ’20 e ’30 progettò il primo velivolo commerciale per trasporto passeggeri in grado di volare da una parte all’altra dell’Atlantico, rivoluzionando quindi il mondo e aprendo la strada alle imprese private.

Lo stesso ragionamento vale per lo spazio: la corsa per costruire navette riutilizzabili del mondo dell’imprenditoria privata permetterà non solo l’abbattimento dei costi della ricerca pubblica, ma anche la futura diffusione dei voli orbitali e suborbitali per l’uomo comune che potrà andare da Roma a Hong Kong in una manciata di minuti. Non solo. Questa sfida tra privati per lo spazio, e nella fattispecie per la Luna, garantirà maggiore flessibilità in fase di progettazione.

Una concorrenza tra privati che però viene attentamente sottoposta al controllo delle agenzie pubbliche. La Nasa, infatti, è l’ente ultimo che sceglie quali vettori utilizzare, un po’ seguendo lo stesso principio che vige per le costruzioni militari occidentali create da privati e utilizzate dalle Forze Armate. Per fare un esempio, nel 2014, l’agenzia spaziale statunitense aveva assegnato due contratti di produzione a costruttori esterni: 4,2 miliardi di dollari alla Boeing per la costruzione del suo Starliner, e 2,6 miliardi di dollari a SpaceX, per la creazione di una versione con equipaggio della navicella spaziale Dragon, che stava già trasportando merci da e verso la Stazione Spaziale Internazionale.

Non c’è solo Elon Musk, ma è una gara “tra miliardari”. Jeff Bezos, uno dei due proprietari di Amazon e fondatore di Blue Origin, società di start up per voli spaziali, si è messo in concorrenza col magnate di origini sudafricane nel campo dei vettori spaziali e anche per quanto riguarda la costruzione del nuovo lander che riporterà l’uomo sulla Luna. L’ultima notizia riguarda proprio la causa intentata da Bezos alla Nasa per aver preferito il mezzo costruito da SpaceX: un contratto del valore di 2,9 miliardi di dollari su cui aleggerebbe lo spettro della concorrenza sleale. Una delle altre facce della medaglia quando in gioco ci sono i privati.

Musk e Bezos non sono gli unici privati a interessarsi allo spazio. Già anni addietro, il miliardario proprietario della Virgin, Richard Branson, aveva aperto le porte dei voli spaziali al mondo dell’imprenditoria privata con la sua compagnia Virgin Galactic, caratterizzata però più da esiti infausti e annosi ritardi che da successi: di fatto solo la VSS Unity ha raggiunto lo spazio nel 2018.

Ben diversa la sorte di Crew Dragon di SpaceX, che, come sappiamo, ha effettuato il primo storico aggancio con la Stazione Spaziale Internazionale lo scorso maggio. Operazione ripetuta due volte con le missioni Crew 1 e 2, l’ultima agganciatasi all’Iss lo scorso 24 aprile.

Da quando la Nasa ha mandato in pensione lo Space Shuttle – l’8 luglio del 2011 la “Endeavour” partì da Cape Canaveral (Florida) per la sua ultima missione, la Sts-135 – gli Stati Uniti hanno dovuto fare affidamento alla Russia per far giungere uomini e materiale sulla Iss. Ora grazie a SpaceX hanno riacquistato la propria indipendenza: un fattore non da poco in questo periodo di crisi internazionale.

Obiettivo Luna

Il nuovo obiettivo è la Luna, questa volta per restarci, come dicevamo. Sul nostro satellite gli Stati Uniti intendono stabilire una colonia che fungerà da insediamento permanente dell’uomo per il futuro sviluppo di missioni umane verso il Sistema Solare. A tal proposito la Nasa vuole costruire una stazione spaziale che orbiterà intorno al satellite, che si chiamerà Getaway.

Sulla stazione, gli Stati Uniti ed i suoi partner si prepareranno ad affrontare lo spazio profondo testando nuove tecnologie e sistemi mentre si costruiranno le infrastrutture di supporto alle missioni sulla superficie lunare preparando nel contempo le missioni verso Marte.

Il Getaway sarà anche una piattaforma atta all’assemblaggio dei carichi e sistemi per le esplorazioni spaziali, sarà un modulo di comando riutilizzabile per le missioni di esplorazione lunare e una sorta di “stazione di servizio” e piattaforma di supporto per gli astronauti in rotta verso Marte. Un programma ambizioso con la presenza di altri Paesi alleati (tra cui l’Italia) che prende il nome di Artemide.

Se sul fronte occidentale esiste una commistione tra pubblico e privato, con quest’ultimo risultante avere molto più peso rispetto al passato, su quello orientale vige ancora il controllo statale su tutte le fasi di un programma spaziale.

Russia e Cina hanno in essere altrettanti progetti per la (ri)conquista della Luna. Da parte cinese, con i vettori Chang’e, che danno il nome all’intero programma, si era stabilito di mettere piede sulla Luna, per installarvi una base lunare permanente, tra il 2036 ed il 2045. La Russia, invece, prevedeva di lanciare la prima missione con equipaggio tra il 2031 ed il 2035.

Vicende pandemiche, geopolitiche ed intoppi economici hanno sia ritardato le tempistiche di entrambi – la missione Chang’e 6 che avrebbe dovuto partire lo scorso anno è stata rimandata al 2024 – sia, com’è logico, portato i due avversari degli Stati Uniti sulla strada delle cooperazione.

Uno spartiacque spaziale

Lo scorso febbraio è stato infatti siglato un memorandum d’azione tra l’agenzia spaziale russa, la Roscosmos, e quella cinese, la Guójiā Hángtiānjú, per una collaborazione volta a stabilire una base completamente automatica al polo sud lunare. Già stabilita la tabella di marcia: inizio delle operazioni con le missioni Chang’e-6, 7 e 8, proseguimento con la missione russa Luna 27 e stabilimento di una presenza umana semipermanente fra il 2036 e il 2045.

Anche oggi, quindi, esiste, a livello macroscopico, uno spartiacque tra Est ed Ovest sebbene di tipo leggermente diverso rispetto al passato, vivendo ormai in un’era che si potrebbe definire (coi dovuti distinguo) “post ideologica”: da un lato la presenza, sempre più incisiva, del settore privato, dall’altro, invece, sono ancora gli organismi statali ad avere in mano tutta la filiera dell’esplorazione spaziale.

L’Occidente da questo punto di vista ha un vantaggio: il meccanismo è ben rodato e ha dimostrato di avere avuto successo. Il lander delle missioni Apollo, il Lem, era costruito dalla Grumman (società privata) per conto della Nasa (agenzia statale), e lo stesso vale anche per tutte le altre costruzioni aerospaziali statunitensi.

Sul fronte opposto, se pure ci sono stati successi nello stesso campo (i vettori Soyuz e le sonde Chang’e stesse), le aziende a partecipazione statale (quando non di Stato) russe e cinesi devono raccogliere una sfida, quella per la Luna, che il modello occidentale ha già dimostrato di poter vincere 50 anni fa. Un compito non facile in tempi in cui non è più possibile, per motivi contingenti diversi che distinguono la Russia dalla Cina, inondare di soldi pubblici un programma costoso come quello spaziale.