Non si è fatta attendere la risposta della Cina aI duri comunicatI del G7 e del Quad convocati a Hiroshima nella scorsa settimana in cui Pechino è stata indicata come una rivale strategica dagli Stati Uniti e dai loro alleati nell’Indo-Pacifico. Il bersaglio della ritorsione è stata Micron, un’importante azienda americana produttrice di microchip e semiconduttori, bandita dalla Cyberspace Administration of China nella giornata del 22 maggio.
Pechino fa il verso agli Stati Uniti e denuncia minacce alla catena di approvvigionamento e rischi securitari legate a possibili fughe di dati verso gli Usa dalla presenza dei chip di memoria Micron nelle sue infrastrutture strategiche. Una mossa che segna un’escalation della “guerra dei chip” e che l’amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, ha sottolineato essere potenzialmente in grado di generare “danni enormi” alle filiere americane. Micron fa in Cina il 25% del suo fatturato annuo da oltre 30 miliardi di dollari e Nvidia, azienda più grande al mondo del settore dei chip per valore borsistico, teme di essere la prossima in lista.
Parlando col Financial Times Huang ha lanciato l’allarme per i colossi tech Usa: “Se fossimo privati del mercato cinese, non avremmo a disposizione piani di contingenza per rispondere alla minacci”. Nel mercato mondiale, ha aggiunto Huang, “non esiste un’altra Cina, c’è solo la Cina”, ha detto, quasi riferendosi indirettamente a chi pensa di includere Taiwan in opposizione a Pechino nelle catene del valore occidentali. La mossa di Pechino può spezzare il friend-shoring americano dato che la Cina potrebbe rivolgersi alla sudcoreana Samsung per ottenere i chip alternativi di cui ha bisogno dopo la rottura per Micron, fatto che per Huang causerebbe “enormi danni alle aziende americane” e al Chips Act dell’amministrazione Biden.
Mike Gallagher, deputato repubblicano statunitense e presidente del neo-costituito Comitato sul Partito Comunista Cinese della Camera dei Rappresentanti che vigila sulle minacce securitarie potenzialmente poste da Pechino agli Usa e “falco” anti-cinese per eccellenza, ha proposto al Congresso di rispondere al fuoco in sintonia con il compagno di partito Michael McCaul, presidente della Commissione per gli affari esteri della Camera. L’idea dei due repubblicani è ampliare il contenimento delle imprese cinesi aggiungendo Changxin, azienda di chip di memoria valutata quasi 15 miliardi di dollari in Cina, alla lista nera americana. Changxin è fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la sua componentistica molto usata in Occidente in termini di componentistica, come i prodotti Micron lo sono in Cina.
Le mosse della Cina e la proposta di Gallagher e McCaul va in totale controtendenza rispetto all’allarme lanciato dai protagonisti dell’industria che vedono pulsioni distruttive nella guerra dei chip e nella corsa alle sanzioni reciproche tra Usa e Cina. Sanzioni che – lo ricordiamo – in larga parte se portate all’attenzione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio risulterebbero fallaci e non praticabili. Ma questo – in tale contesto – non è il punto, perché Washington e Pechino stanno definendo strategie di ampliamento del controllo della sicurezza nazionale sulle ragioni industriali.
Il primato della sicurezza sull’economia nasce dal terrore che sulle tecnologie di frontiera la prima potenza capace di acquisire un vantaggio strategico decisivo possa promuoverne lo sfruttamento a fini geopolitici e di supremazia creando le condizioni per una rendita di posizione e per la conformazione di sistemi industriali e militari di ultima generazione.
Ad esempio, i chip di memoria sono oggi decisivi perché alimentano le tecnologie di intelligenza artificiale più avanzate, e se da un lato Pechino non vuole vedere dati immessi nei suoi sistemi prendere la via degli Usa dall’altro gli States temono che l’applicazione di chip di memoria americani su prodotti cinesi possa creare un precedente da cui Pechino può trarre utili lezioni. Fermare l’avversario conta più che promuovere la crescita dei propri sistemi: una minaccia sventata è percepita come più utile di un progresso acquisito. Anche questa è una cifra distintiva della nuova globalizzazione caotica e competitiva. Che attorno a chip di pochi nanometri costruisce tasselli decisivi per la competizione internazionale.
