Il 23 luglio del 2021, il Giappone apre un’olimpiade senza pubblico. Mai, né nell’antica Grecia e né in epoca moderna, gli atleti hanno gareggiato senza la presenza di persone sugli spalti. Il coronavirus entra così di prepotenza nello spirito dei Giochi.
Non è però la prima volta che le competizioni olimpiche sono costrette a lasciare il passo alle tensioni imperanti al di fuori del contesto sportivo. A Monaco 1972 per esempio, fa irruzione la guerra arabo-israeliana. La competizione a cinque cerchi apre quell’anno i battenti il 26 agosto. Il mondo è immerso nella Guerra fredda. La rivalità tra Usa e Urss alla vigilia sembra l’unica possibile intrusione politica nei giochi. Così non è. Il 5 settembre l’azione di un commando del gruppo “Settembre Nero” scatena la follia nel cuore delle Olimpiadi.
L’irruzione nella palazzina che ospitava gli atleti israeliani
Il gruppo Settembre Nero nasce pochi mesi prima dell’attentato a Monaco. Il nome richiama al settembre del 1970, mese in cui Re Hussein di Giordania attua una repressione contro terroristi palestinesi implicati nei disordini di quel periodo. La fazione costituisce una piccola costola di Al Fatah, il partito guida dei palestinesi. All’interno di Settembre Nero milita Luttif Afif, conosciuto tra i terroristi con il nome di Issa. Lui conosce molto bene il villaggio olimpico di Monaco di Baviera. Si tratta infatti di un ingegnere laureato a Berlino e lavora al progetto della costruzione delle palazzine destinate ad ospitare gli atleti. Sua madre è ebrea, suo padre palestinese di religione cristiana. Nella sua ideologia e in quella di Settembre Nero le rivendicazioni non sono di ordine islamico e religioso, riguardano esclusivamente la causa palestinese. Ad Afifi l’organizzazione Settembre Nero dà mandato di pianificare un attacco contro atleti israeliani impegnati nelle olimpiadi. L’obiettivo è prendere vivi i cittadini dello Stato ebraico per scambiarli con alcuni prigionieri
Per farlo si serve di un commando composto da altre 7 persone. La notte del 5 settembre 1972 il gruppo si aggira in prossimità di Connollystraße, la zona del villaggio olimpico che ospita la delegazione israeliana. Gli otto membri di Settembre Nero hanno in mano dei borsoni sportivi, da alcuni atleti canadesi di rientro dai locali della città tedesca vengono aiutati a entrare nel villaggio in quanto scambiati per sportivi di nazionali arabe. I controlli nelle zone olimpiche sono pochi. Gli organizzatori, per distinguersi il più possibile dall’edizione di Berlino del 1936, decidono di allentare la morsa della sicurezza. Una scelta a posteriori non molto felice. Alle 4 del mattino, Issa e i suoi complici entrano nella palazzina che ospita la delegazione di Israele. Il primo ad accorgersi di quello che sta accadendo è Yossef Gutfreund, un arbitro della lotta greco-romana. Scorge le canne dei fucili e intuisce l’irruzione di persone armate negli appartamenti dell’edificio. Tra le 4:30 e le 5:00 vengono fatti prigionieri 11 membri della delegazione olimpica israeliana. Riescono a fuggire solo Tuvia Sokolovski e Gad Tsobari.
La rilevanza mediatica dell’attacco
Il primo ostaggio a cadere sotto i colpi dei terroristi è Moshe Weinberg, allenatore della lotta greco-romana. Reagisce per due volte ai sequestratori, permette la fuga di Tsobari ma viene poi raggiunto da una scarica di mitra che non gli lascia scampo. Il secondo a morire invece è il pesista Yossef Romano. Anche lui reagisce provando a togliere un fucile dalle mani di un terrorista. Una mossa che provoca la reazione del commando. Romano però non è morto per i colpi di mitra. Anni dopo si scoprirà dai documenti e dalle foto che l’atleta è stato prima torturato e lasciato agonizzante davanti ai suoi compagni. I colpi sparati dai terroristi attirano l’attenzione di una donna delle pulizie che in quel momento entra in servizio. É lei a far scattare l’allarme. Entro poche ore tutto il mondo è a conoscenza di quanto sta avvenendo a Monaco di Baviera. Alle 8:15 però le gare prendono regolarmente il via. Iniziano le trattative e Issa assieme al commando prende tempo. Sa che da lì a breve potrà avere dalla sua il favore delle telecamere.
E in effetti per tutto il giorno le tv puntano gli obiettivi sulla palazzina degli atleti israeliani. Nel balcone escono spesso fuori i terroristi armati e incappucciati a volte per dettare le condizioni, altre invece per richiamare più semplicemente l’attenzione mediatica. Nel pomeriggio i Giochi vengono fermati, le telecamere riprendono ciò che di tragico e surreale sta accadendo a Connollystraße. Le trattative sono frenetiche. Il cancelliere tedesco Willy Brandt coinvolge l’Egitto. Vuole mandare atleti e terroristi a Il Cairo e proseguire lì le trattative. Ma il presidente Sadat non garantisce l’incolumità degli atleti israeliani. Issa getta dei bigliettini dalla finestra raccolti da un poliziotto. Lì ci sono scritte le condizioni per il rilascio degli ostaggi. Si chiede la liberazione di 234 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi Andreas Baader e Ulrike Meinhof. L’ultimatum viene spostato di ora in ora. Fino a sera inoltrata. Issa vuole sfruttare il monopolio mediatico della sua azione.
La fine tragica dell’assalto
I negoziatori tedeschi invitano i terroristi a trasferirsi assieme agli ostaggi in una base aerea poco fuori Monaco. La garanzia è che lì troverebbero un aereo della Lufthansa pronto a portarli a Il Cairo. Una messa in scena per tendere un agguato contro i membri del commando. Due elicotteri vengono inviati nel villaggio olimpico e a bordo alle 22:10 salgono i terroristi e gli atleti israeliani. Le telecamere si spengono e in tanti sono convinti della fine positiva della vicenda. Non è così. L’operazione della polizia tedesca si rivela disorganizzata e imprecisa. Il commando di Settembre Nero intuisce la trappola e per ritorsione uccide tutti gli ostaggi all’interno degli elicotteri. Vengono neutralizzati anche 4 degli 8 terroristi, tra cui lo stesso Issa. Gli altri 4 sono invece arrestati. Non ci sono ancora social o altri mezzi di comunicazione. La gente in Germania e in Israele è andata a coricarsi con la notizia del buon esito delle trattative. Il risveglio è tragico e drammatico. Ma alcune ore dopo lo spettacolo va avanti: riprendono le gare e quell’Olimpiade funestata di nero viene ugualmente portata a termine.
I nomi degli atleti morti in quel tragico 5 settembre sono incastonati in una lapide posta nel luogo dell’agguato. Si tratta di Moshe Weinberg, Yossef Romano, Ze’ev Friedman, Eliezer Halfin, Yakov Springer, Yossef Gutfreund, Amitzur Shapira, Kehat Shorr, Mark Slavin e André Spitzer. Durante il blitz nella base militare a morire è stato anche l’agente Anton Fliegerbauer.