Il Medio Oriente è una trincea, tanto lunga quanto larga, presso la quale le grandi potenze dell’Eurasia si confrontano, combattono e consumano sin dall’epoca d’oro islamica. È il luogo in cui si è scritto il destino di una moltitudine di imperi, dai califfati a quello britannico, e la cui rilevanza geografica è andata crescendo con il tempo, in particolare a partire dal Novecento.

La Germania, in questo luogo dove l’aria è intrisa di cariche elettriche a causa dell’alta tensione perenne, è entrata qualche secolo più tardi di francesi e britannici, causa il processo di unificazione nazionale tardivo, ma questo non le ha impedito di ritagliarsi in brevissimo tempo un ruolo di primo piano.

Assertiva, combattiva e lungimirante, la Germania è salita sull’Orient Express nel 1889, anno della visita di Guglielmo II a Costantinopoli, ed è scesa soltanto nel 1945, con la fine del Terzo Reich. E in quel cinquantennio, nonostante la relativa giovinezza e l’assenza di esperienza internazionalistica, avrebbe dato filo da torcere ai tradizionali guardiani del Medio Oriente, cioè francesi e britannici, riuscendo a sollevare la umma contro l’imperialismo occidentale e gettando le basi per la trasformazione della Terra Santa nella grande faglia dell’Eurasia.

Aggredire Gerusalemme per colpire Londra

Mandato britannico di Palestina, 1944. La culla dei profeti della giudeocristianità, nonché terra santa delle tre religioni abramitiche è in subbuglio, o meglio in stato di guerra. Una guerra in parte civile ed in parte etno-religiosa, un bellum omnium contra omnes dove gli arabi guerreggiano con gli ebrei, ed entrambi aggrediscono i britannici, che a loro volta sono vittime dei magheggi delle spie e delle quinte colonne del Führer.

L’operazione Atlas nasce in questo contesto di elevata conflittualità, precorritore della successiva questione israelo-palestinese, ed è stata una delle imprese più audaci tentate dal Terzo Reich in Medio Oriente durante la Seconda guerra mondiale. Sicuramente la meno conosciuta. L’obiettivo? Creare una base operativa per la propagazione del nazismo e la conduzione di sabotaggi e azioni eclatanti nel Mandato britannico di Palestina.



La storia dell’operazione Atlas

Atlas è la storia di Amin al-Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme e reduce del Jihād globale della Grande guerra, della Società dei Templari, una setta pietistica in voga tra i tedeschi di Palestina, e dell’Abwehr, l’agenzia di spionaggio per l’estero della Germania nazista.

L’imam al-Husseini era il più grande agitatore islamico dell’epoca, un simpatizzante nazista, e aveva persuaso l’asse Roma-Berlino a supportare l’albeggiante causa palestinese in cambio dell’appoggio della umma all’Asse e, nello specifico, all’aggressione degli interessi e degli obiettivi britannici in Medio Oriente. Avrebbe contribuito all’operazione Atlas fornendo due agenti: Hasan Salama e Abdul Latif.

La Società dei Templari, il cui nome ingannevole non aveva a che fare coi Compagni d’armi di Cristo quanto con Giovanni 2:21, era un microcosmo a se stante nel Mandato britannico di Palestina: una setta pietistica, fondata da tedeschi per tedeschi, con a disposizione terreni, mansioni e proprietà. Avrebbe partecipato all’operazione Atlas entusiasticamente, nella speranza di ritrasformare Gerusalemme nella capitale de facto della Cristianità, fornendo tre agenti: Kurt Wieland, Werner Frank e Friedrich Deininger.

L’inusuale e profana alleanza, quella tra gli islamisti dell’imam al-Husseini e i nazionalisti cristiani della Società dei Templari, avrebbe dovuto, nei piani della Germania nazista, condurre allo stabilimento di una base operativa in Terra santa deputata alla raccolta di intelligence, al reclutamento di agenti e alla pianificazione di atti eclatanti, tra i quali l’avvelenamento delle sorgenti idriche di Tel Aviv, volti a provocare una guerra etno-religiosa di vastissime proporzioni. 

Un sogno durato poco

Dopo tre anni di dibattiti e preparativi, la notte del 6 ottobre 1944, i cinque si paracadutarono nella valle del Wadi Qelt da un Boeing B-17 Flying Fortress catturato in precedenza dalla Luftwaffe.

Equipaggiati con armi, esplosivi, strumentazione radio e (tanto) denaro, i cinque non sarebbero riusciti nell’obiettivo di mettere in piedi una base. Tre giorni dopo, invero, le pattuglie britanniche avrebbero cominciato a mettersi sulle tracce di intrusi dopo aver trovato i resti del paracadutaggio nel corso di normali operazioni di controllo del territorio.

Salama, sanguinante per via di un cattivo atterraggio, fu arrestato sulla strada per Gerusalemme. Latif fu trovato all’interno di una grotta e gli altri furono catturati con l’aiuto della popolazione locale. L’imam al-Husseini, infatti, aveva sottovalutato il fattore della diffidenza araba verso lo straniero. I locali, non sapendo chi fossero quei tedeschi né cosa cercassero, rifiutarono di aiutarli in ogni modo.

L’imam al-Husseini, nell’immediato dopoguerra, avrebbe poi tentato di rifarsi per il fallimento dell’operazione Atlas, e in generale per la sconfitta subita nel Mandato, sobillando i correligiosi di tutto il Medio Oriente contro il neonato Israele e giocando un ruolo-chiave nella guerra del 1948. Ma questa è un’altra storia.