Un 2 aprile come oggi, ma del 1982, l’Argentina provava a sciogliere il nodo irrisolto delle Malvine, che per il Regno Unito erano e sono le Falkland, ricorrendo all’extrema ratio: la guerra. Guerra per risolvere una disputa territoriale nata a cavallo tra la fine dell’Impero spagnolo e l’inizio delle Province Unite del Río de la Plata. Guerra per dare al popolo del circenses, in assenza del panem.

Gli strateghi del Processo di Riorganizzazione Nazionale erano convinti che l’Impero britannico, realtà sulla quale era calato vistosamente il tramonto nel secondo dopoguerra, non avrebbe reagito all’occupazione manu militari dell’arcipelago. La convinzione era giusta, ché Londra era effettivamente in declino, ma gli scenari bellici non avevano considerato l’ipotesi della risposta massiccia. Errore fatale.

Due mesi. Londra ebbe bisogno soltanto di due mesi per riaffermare il controllo e la sovranità sull’arcipelago conteso, sancendone l’appartenenza sul campo. Ma due mesi furono sufficienti ai tre mondi, il Primo dei capitalisti, il Secondo dei comunisti e il Terzo dei non allineati, per recarsi en masse all’estremità dell’Atlantico meridionale.

Londra in agonia, Buenos Aires all’assalto

Argentina, 1982. L’economia nazionale sta sperimentando una crisi sconvolgente, causata dalle ricette simil-cilene implementate dagli economisti del Processo di Riorganizzazione Nazionale, mentre la polizia segreta e le forze armate hanno sempre più difficolta a contenere le piazze in agitazione. La caduta, complice anche lo scadimento delle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, potrebbe essere all’orizzonte.

La giunta militare, nello specifico l’ammiraglio Jorge Anaya, ha un’idea: capitalizzare politicamente la rabbia imperversante. Volgere l’ira degli argentini contro Londra, un nemico a loro inviso più della dittatura, così da ottenere due piccioni con una fava: la risoluzione della disputa Malvine/Falkland e il riavvio delle relazioni con l’invelenita opinione pubblica. In assenza e nell’attesa del panem, ricorrere al circenses.

Gli scenari immaginati da Anaya sono due, entrambi trasudanti ottimismo, e pronosticano una vittoria senza sforzo di Buenos Aires. Nel peggiore dei casi, sostiene Anaya, Londra potrebbe inviare un piccolo dispositivo militare, ma senza impegolarsi in una guerra distante da casa. La storia post-1945, va avanti ancora Anaya, è dalla parte di Buenos Aires: la fuga britannica dall’India-Pakistan, la crisi di Suez e lo scioglimento dell’Impero di Sua Maestà durante la decolonizzazione.

Anaya aveva ragione sulla diagnosi dello stato di salute di Londra, una realtà al tramonto, ma aveva commesso tre errori: sopravvalutare le capacità belliche argentine, sottovalutare la volontà britannica di difendere una postazione geostrategica, ignorare il “fattore Guerra fredda”.



Tutto il Primo mondo nelle Falkland

All’alba del 2 aprile 1982, dopo aver intravisto nell’esclusione degli abitanti falklandesi dal British Nationality Act e nel richiamo a casa della HMS Endurance le evidenze della validità delle tesi di Anaya, il Processo di Riorganizzazione Nazionale ordinava di occupare l’arcipelago conteso. Una missione compiuta con successo dopo una breve ma intensa battaglia lunga un giorno.

Al termine del primo giorno di occupazione, risultato in un morto, sei feriti e centosei falklandesi detenuti, è chiara l’intenzione degli strateghi di Anaya: no agli spargimenti di sangue. Perché non dev’essere una guerra, ma un blitz. Nessuno deve essere umiliato, ma devono vincere tutti. Intenzione lodevole, che, però, naufraga contro la materializzazione della variabile imprevista: la reazione di Londra.

Nei ventuno giorni successivi alla cattura dell’arcipelago, entro la fine di aprile, le forze armate britanniche avrebbero dato torto al piano Anaya. Avevano traghettato il Primo Mondo nell’arcipelago, mettendosi a capo di una coalizione internazionale composta dai paesi della NATO, della Comunità Europea, dei Cinque Occhi e del Commonwealth.

Il supporto della coalizione internazionale sarebbe stato indispensabile alla vittoria di Londra nella guerra, fra sanzioni economiche, invio di armamenti, scambio di intelligence e operazioni coperte in chiave antiargentina sui mercati neri del globo. Francia e Stati Uniti, in particolare, avrebbero protagonizzato la coalizione internazionale.

La Francia avrebbe assistito gli sforzi dell’Impero britannico proclamando un embargo militare sull’Argentina, ordinando alla Françafrique di mettere a disposizione le proprie infrastrutture al servizio della Royal Navy e della Royal Air Force, addestrando i soldati di Sua Maestà al combattimento aereo dissimile e riempiendo gli arsenali britannici di missili antinave Exocet.

Gli Stati Uniti, preoccupati dal possibile ingresso dell’Unione Sovietica nel conflitto, avrebbero rimpinzato l’arsenale britannico di armi avanzate, capaci di rendere la potenza di fuoco intollerabile per le difese argentine, come i missili terra-aria AIM-9 Sidewinder e Stinger e i missili antinave AGM-84 Harpoon. A fare da sfondo, carburante a volontà per la Royal Navy e scambio di imagery intelligence.

Il Secondo e il Terzo Mondo alle Malvine

La coalizione dei volenterosi per le Falkland era stata formata col fine di costringere l’Argentina alla capitolazione prima che l’eco del conflitto, pubblicizzato da Buenos Aires come una lotta di liberazione anticoloniale, risuonasse nel Sud globale e trasformasse una contesa bilaterale in una delle tante guerre mondiali dell’epoca.

Ronald Reagan aveva ragione: una coalizione antibritannica, guidata dall’Unione Sovietica e composta da un curioso agglomerato di forze antioccidentali, era in procinto di assumere forma. I lavori all’interno del cantiere erano lenti, causa l’assenza di una cabina di regia, ma procedevano.

Da una parte il Primo Mondo e le sue neocolonie, dai paesi della Françafrique ad altri regimi fantoccio – come il Cile di Augusto Pinochet –, dall’altra il Secondo e il Terzo Mondo, Cuba, Libia, Perù e Patto di Varsavia, e attori autocentrati, come Israele. L’alba di una possibile guerra mondiale nelle Malvine/Falkland.

Israele avrebbe aderito al blocco antibritannico primariamente per ragioni economiche, essendo il principale armiere dell’Argentina – un miliardo di dollari di esportazioni militari nel periodo 1976-83 –, e secondariamente per motivi politici, ovvero le divergenze con la politica mediorientale del Regno Unito. La partecipazione alla coalizione avrebbe assunto varie forme: dispiegamento di consiglieri dell’Israel Aerospace Industries a supporto delle operazioni militari argentine, scambio di SIGINT e contrabbando di armi, come missili aria-aria e serbatoi sganciabili, con l’aiuto dell’intelligence peruviana.

La Libia, capofila dell’Internazionale antioccidentale durante l’era Gheddafi, sarebbe corsa in aiuto dell’Argentina inviandole una selva di armi di fabbricazione sovietica: sessanta missili Strela-2 e una quantità inquantificabile di mortai, mine e mitragliatrici. Armi entrate nel mercato argentino dal Brasile, membro defilato della coalizione antibritannica.

Mentre Cuba, Guatemala e Venezuela, nel nome del panamericanismo, avevano comunicato all’Argentina la piena disponibilità ad inviare combattenti nell’arcipelago, il Perù sarebbe riuscito nell’intento di inviare uomini, nello specifico piloti, ma anche missili e aerei Hercules e Mirage, sullo sfondo della collaborazione con il Mossad per il contrabbando di armi in arrivo da Israele.



La guerra mondiale mancata

L’Unione Sovietica, che aveva letteralmente salvato l’economia argentina dall’affondamento acquistando il 60% della sua intera produzione cerealicola nel solo 1980 e che alla vigilia della guerra aveva iniziato a discutere con la giunta militare di espandere la cooperazione ad energia e difesa, avrebbe intravisto nello scoppio del conflitto un’opportunità irripetibile di sottrarre l’Argentina, in crisi con l’Occidente per via della questione diritti umani, alla sfera d’influenza degli Stati Uniti.

Nei giorni immediatamente successivi all’avvio delle ostilità, dopo essersi astenuta dall’approvazione della Risoluzione 502 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – demandante la cessazione immediata delle ostilità e il ritiro delle truppe argentine dall’arcipelago –, l’Unione Sovietica avrebbe iniziato ad assistere clandestinamente gli sforzi della macchina bellica argentina. In particolare, il lancio di satelliti spia nell’orbita terrestre bassa, con mandato la cattura di immagini e movimenti nell’Atlantico meridionale, avrebbe giocato un ruolo determinante nel permettere a Buenos Aires di affondare le HMS Coventry e HMS Sheffield.

La straordinaria potenza di fuoco dispiegata da Londra sulle difese argentine, accompagnata dalle ambigue manovre cilene alle porte della Patagonia – pilotate di concerto coi britannici per instillare in Buenos Aires il timore che Pinochet volesse profittare del conflitto per occupare l’Argentina occidentale –, avrebbe sortito l’effetto desiderato entro metà giugno, il 14, con l’atto di resa delle forze armate albicelesti e l’espulsione di ogni argentino dall’arcipelago.

Quello che ancora oggi non è noto a riguardo del breve conflitto del 1982, dai più ritenuto un confronto anglo-argentino, è che fu sul punto di diventare una delle tante guerre mondiali dell’epoca, forse la più importante. I soldati dei tre mondi stavano precipitandosi in massa nell’arcipelago, persino da Hong Kong. I soldati dell’arcipelago stavano iniziando a espandere i combattimenti nel resto del mondo, come ricorda il fallito sabotaggio alle navi britanniche in sosta nel porto di Gibilterra – operazione Algeciras. Una guerra mondiale mancata.