Uscito in Italia per Mondadori nel 2014, tradotto in nove lingue e pubblicato in 30 paesi, “Supernotes” di Vincenzo Fenili – alias Agente Kasper – e Luigi Carletti, diventa una serie tv in 8 puntate che, stando alle dichiarazioni rilasciate dal produttore Roberto Sessa di Picomedia, vedranno la luce nell’arco di un periodo di sei mesi. Ma cosa sono le Supernotes e chi è Vincenzo Fenili? Partiamo rispondendo alla prima domanda: le Supernotes sono dollari stampati clandestinamente per finanziare le operazioni sporche dell’intelligence americana.

Naturalmente, per operazioni del genere, che sembrano partorite dalla mente di Ian Fleming, ma che diverse fonti confermano essere reali, occorre una copertura blindata e quale Paese migliore per impiantare una zecca clandestina della Corea del Nord? È proprio lì infatti che Fenili, sotto le spoglie di Kasper, scopre questo enorme complotto internazionale. Pagandone ovviamente care le conseguenze. È successivamente a questa operazione di spionaggio che, mentre risiede ormai da qualche anno a Phnom Pehn, ridente cittadina della Cambogia, finisce nel 2008 nel meno ridente campo di “rieducazione” di Prey Sar, vero inferno sulla terra, dove rischia seriamente di lasciarci la pelle.

Non un arresto, come lui stesso sostiene, ma un rapimento. Ci arriviamo.

Prima delineiamo un attimo la figura di Vincenzo Fenili. Su IlGiornale.it ne abbiamo già parlato. Giovanissimo, viene arruolato tra le file di Gladio. Con un lavoro di copertura come pilota Alitalia, diventa comparsa (tra le tante, più o meno casuali) anche nella vicenda del giudice Paolo Adinolfi, scomparso a Roma nel 1994; agente sotto copertura e operativo nel Ros dei Carabinieri, lo vediamo coinvolto nel controverso “golpe” (le virgolette sono d’obbligo) di Saxa Rubra (1993).

Successivamente, porta a compimento due gigantesche operazioni di infiltrazione denominate “Operazione Pilota”, quando fa sequestrare circa una tonnellata di cocaina, smantellando buona parte del sopravvissuto cartello colombiano di Medellin; e “Operazione Sinai”, i cui dettagli non sono mai stati del tutto delineati, ma che vedevano sullo sfondo – anche qui – un gigantesco traffico di droga e armi, che coinvolgeva anche l’Ira nord-irlandese.

In occasione della prossima realizzazione di questa serie tv, che promette di portare al grande pubblico una storia ai limiti della realtà, ma riscontrata da molte fonti di prova che ne garantiscono l’autenticità, abbiamo incontrato l’ex Agente Kasper e ci abbiamo fatto una lunga chiacchierata che qui riportiamo.

Per quale motivo non sei simpatico a molti dei tuoi ex colleghi?

Perché ho fatto outing a proposito di un episodio più grosso dell’Italia e di quello che l’Italia avrebbe dovuto e anche potuto fare. Ma forse anche per aver raccontato alcuni retroscena di due operazioni come la Pilota e la Sinai, operazioni storiche del Ros dei Carabinieri portate a termine con metodologie e mezzi straordinari per l’epoca. Operazioni rese possibili grazie all’intelligenza e alla sintonia di uno straordinario generale, Giampaolo Ganzer, comandante del Ros dal 2002 al 2012, e del magistrato Pier Luigi Vigna.

L’Operazione Sinai si svolge tra Thailandia e Cambogia, il luogo dove si svolge anche la vicenda di Supernotes. C’è un collegamento?

 Il fulcro di Supernotes è in Cambogia, ma non c’è un collegamento con l’operazione Sinai.

Come ti autodefinisci? Qual è stata la tua attività? Ros, agente segreto, agente sotto copertura? Chi sei?

Ma sai… io nasco professionalmente a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80 con la Stay Behind, un’operazione prettamente dei servizi andata avanti molto tempo, poi a un certo punto o torni a fare una vita normale o ti seppellisci dietro una scrivania. Io non feci né l’una né l’altra cosa: continuai ad operare con la mia attività sotto copertura di pilota di linea anche per Alitalia.

Stay Behind… esiste ancora?

In una qualche formula 4.0 e rinnovata penso proprio di si… sempre in un ambito Nato, anche se mi chiedo con gli eventi di questo periodo [con riferimento alla guerra in Ucraina, nda] che ruolo abbia oggettivamente… c’è una confusione e un rumore di fondo tale… la Nato sta facendo di tutto affinché ci sia un’escalation…

Tornando a Supernotes e alla vicenda che ti ha visto protagonista, ti sei sentito tradito dalle istituzioni?

Beh si, fortemente tradito e qui devo fare dei distinguo. L’Arma dei carabinieri, nella fattispecie il generale Ganzer, so per certo che avrebbe voluto aiutarmi e non gli è stato consentito. Io ora non voglio usare parole a sproposito, è certo però che alcuni poteri forti glielo impedirono. È un dato di fatto. La magistratura avrebbe dovuto prendere delle iniziative alla luce del comprovato sequestro di un cittadino italiano… e su questo ho poco altro da aggiungere. Se parlo di sequestro non è un caso. Insieme a Luigi Carletti, amico, giornalista e co-autore di Supernotes, abbiamo fatto un lungo lavoro di ricerca documentale e ad oggi sono in grado, carte alla mano, di dimostrare che il mio fu un vero e proprio sequestro, che furono pagati dei riscatti da mia madre, ci sono i bonifici a dimostrarlo. Nel momento in cui vieni fermato in un paese del terzo mondo, che so, magari perché trafficavi in droga o facevi cose strane, l’Italia comunque se ne dovrebbe occupare e verificare la situazione attraverso un proprio rappresentante. Ma nel momento in cui vieni arrestato, vieni detenuto, prelevato e qualcuno da casa comincia a pagare un riscatto senza che alle spalle ci sia una motivazione chiara, una condanna evidente, se non sbaglio si configura il reato di sequestro di persona. La magistratura romana avrebbe dovuto fare interventi che non ha mai fatto?

Questo devi dircelo tu. In un’altra intervista recente, proprio su questo punto, adombri il sospetto che l’inattività della magistratura nascondesse una volontà abbastanza manifesta di impedirti di tornare in Italia. Praticamente di lasciarti morire nell’inferno di Prey Sar. Confermi questa chiave di lettura?

Non vedo altre spiegazioni.

Come giustifichi questo comportamento nei tuoi confronti? Cosa avevi fatto in precedenza per motivare una cosa del genere? Non faremo qui il nome del magistrato che ritieni si sia accanito contro di te, possiamo solo dire che tu hai scritto due libri di successo con due case editrici differenti. Con questo magistrato – ironia della sorte, è proprio il caso di dirlo – condividi l’essere autore di uno di questi due editori.

Questo magistrato mi aveva massacrato in una precedente indagine nella quale pensava che io fossi coinvolto in una quantità di cospirazioni e macchinazioni incredibile. Addirittura, di fronte alla mia allora fidanzata, disse “Fenili, lei è sempre al centro delle vicende più oscure di questo paese”.

E qual era questa precedente indagine?

È una cosa molto privata, preferisco non rispondere.

Possiamo solamente sapere se c’entra qualche tua operazione sotto copertura?

No, siamo tra il 1998 e il 1999 e si parla di un investimento personale. Ma il magistrato in questione e la Guardia di Finanza ritenevano che dietro ci fosse ben altro. Ma ripeto, preferisco non parlarne in questa sede.

D’accordo, passiamo oltre sui motivi di questa indagine, ma ti chiedo conferma su una cosa: nasce da qui l’atteggiamento della magistratura romana verso di te rinchiuso nella prigione di Prey Sar?

Si, confermo. L’accanimento viene da qui. E quando io finisco nei guai in Cambogia, dove ero andato a passare un periodo di “pausa” dalla mia attività sotto copertura per dedicarmi ai miei interessi alla luce del sole, non era passato molto tempo. Evidentemente me l’hanno voluta far pagare.

Arriviamo dunque alla Cambogia e al motivo della tua permanenza lì. Sul posto avevi un’attività commerciale molto ben avviata: ne parli in entrambi i tuoi libri. Perché a un certo punto ti infili nella vicenda delle Supernotes? È stata una tua iniziativa?

Certo che no… me l’hanno chiesto…

Chi te l’ha chiesto? Vale sempre l’adagio “spia una volta, spia per sempre”, ma nel tuo caso a) non eri una spia in senso stretto; b) se non sbaglio, hai detto che in quel periodo ti eri preso una “pausa”. Allora ripeto: chi te l’ha chiesto?

Mi fu chiesto da un certo Bauer, come lo chiamo nel libro, un ex della Cia che durante la guerra in Vietnam aveva lavorato nell’operazione di smantellamento della rete dei Vietcong con migliaia di arresti ed esecuzioni, il “Phoenix program”… lui lavorava all’epoca per Black Water, era un contractor della Cia.

Quindi possiamo dire che per l’operazione Supernotes tu eri al di fuori dell’ambito di un lavoro istituzionale o, per meglio dire, sotto il “cappello” dello Stato italiano. È corretto? E se posso… davvero eri in Cambogia per gestire un famoso locale, come del resto scrivi nei tuoi libri?

Sui motivi per cui stavo in Cambogia non ti posso rispondere ufficialmente. Posso dire che non ero lì per caso. Sulla prima parte della domanda, confermo. Ho fatto una consulenza esterna, come del resto era già avvenuto alla fine degli anni ‘80 quando i servizi italiani, la Cia e quelli sudafricani avevano imbastito un’operazione di contro informazione che mi vide coinvolto come responsabile.

Quindi hai agito da “libero professionista”. Questo non confliggeva con il tuo ruolo di uomo delle istituzioni? Non potrebbe annidarsi qui il comportamento della magistratura nei tuoi confronti?

Beh, non lo escludo, anche se la magistratura aveva il dovere di prendere delle iniziative. Sono pur sempre un cittadino italiano.

Ma la magistratura sapeva di questa tua attività?

No. Chi di dovere sapeva, ma considera che Ganzer già ben dopo la fine dell’operazione Sinai, a fine anni ’90, mi aveva detto “Basta, sei bruciato, hai spinto più di quanto sia umanamente possibile fare”. Il consiglio di Ganzer era stato quello di appendere l’elmetto al chiodo e dedicarmi ad altro.

Con il senno di poi aveva ragione?

Aveva assolutamente ragione.

 Ti sei pentito di non avergli dato ascolto?

Non è che mi sono pentito… però Ganzer aveva ragione… diciamo che a volte succede questo… l’ho visto in poche altre persone, ma l’ho visto. Quando tu hai alle spalle così tanti anni di un successo dopo l’altro, ti vengono lanciati dei segnali inequivocabili, enormi, di smettere. Ma tu hai alle spalle oltre 20 anni di quella vita…

Quali erano questi segnali?

Uno dei segnali era sicuramente l’interesse della magistratura nei miei confronti, in un momento in cui conducevo una vita normale. Io però non ho raccolto quei segnali. Se vogliamo parlare di responsabilità dirette, la responsabilità di tutto quello che è successo è mia, non c’è un complotto e non ci sono giustificazioni… l’unica spiegazione è che essere incaricato un’altra volta dagli americani di indagare su una vicenda così delicata e enorme era una cosa cui non seppi resistere…

Pensi di esserti scontrato con una sorta di Cia parallela? Per capirci, quella nata ai tempi di James Jesus Angleton, quella del Secret Team di Ted Shakley, Edwin P. Wilson, Frank Terpil e altri galantuomini?

Si, assolutamente si. Clancy, il mio storico amico e socio, aveva conosciuto Wilson, tanto per dire. Quella Cia parallela esisteva e probabilmente esiste. E io mi ci sono scontrato frontalmente.

Dopo essere cresciuto a pane e Stay Behind, oggi sei molto critico con gli americani. Per quale motivo?

La mia critica nei loro confronti viene non solo da quello che sta accadendo in questi giorni in occasione della guerra in Ucraina, ma dall’esperienza fatta, dall’aver compreso che l’Italia è uno Stato a sovranità limitata. Non si muove niente se non vogliono gli americani. Niente.

Quali conseguenze ti porti addosso da Prey Sar?

A livello fisico un orecchio con un acufene permanente a causa delle botte. Una frattura a un piede e altra roba che poi è passata, niente di drammatico oggettivamente. Al centro di Prey Sar c’era una risaia alimentata anche con l’acqua delle fogne e c’era un mattatoio dove dall’alba al tramonto venivano ammazzati centinaia di maiali. Ricordo l’odore del sangue e le urla quasi umane degli animali, che venivano portati a bordo di motociclette con la schiena spaccata in due, in modo che non potessero muoversi. Io sono normalmente sensibile. Ma con gli animali lo sono più che con le persone. Oltre alle urla dei maiali, poi, c’erano le urla che venivano dall’infermeria. Era lì che venivano condotti gli interrogatori. Tieni conto che Prey Sar era principalmente una prigione politica. Tutti dissidenti, come l’ex capo della polizia di Phnom Phem. Psicologicamente, lì per lì è come quando tu sei alla base di una montagna e pensi di poterla scalare, salvo scoprire a mano a mano che la salita è sempre più in alto. I casi di suicidio erano all’ordine della settimana.

Quanto ci hai messo – una volta rientrato in Italia – a tornare alla normalità?

Quando sono rientrato pensavo di essere assolutamente normale. O meglio, appena rientrato non mi potei concentrare sul mio stato psico-fisico ma dovetti fare i salti mortali per non incappare di nuovo nella rete della magistratura, che non aveva dimenticato. Mi viene da fare il confronto con Silvia Romano, la cooperante rapita in Africa che quando è rientrata in Italia, con un Falcon a Ciampino, è stata accolta con gli onori di un capo di Stato. Io sono dovuto tornare facendo un giro pazzesco dalla Corea alla Russia, prendendo poi un treno a Vienna per rientrare in Italia.

Immagino si tratti ancora della vicenda privata di cui non volevi parlare, giusto?

Esatto e confermo che non ne voglio parlare.

Insisto… su questo punto vedremo qualcosa nella serie Supernotes?

Certo… racconterò di come sono stato accolto al mio rientro. Sarà la produzione a trovare la formula giusta per farlo.

Torniamo alle Supernotes. Tu in Cambogia sei entrato in contatto con la Cia dentro la Cia (molti ricorderanno il film “I tre giorni del Condor”, ecco, qualcosa del genere). Ti guardi ancora le spalle?

Ti rispondo un po’ alla larga… io sono tornato nel 2009 pensando di essere uscito indenne da quella esperienza, ma in realtà ci ho messo un po’ prima di riprendermi del tutto. Ho passato un lungo periodo di auto-analisi e auto-critica e in questo è stato determinante il supporto dell’amico Luigi Carletti. La stesura del libro Supernotes, da cui adesso verrà tratta la serie tv, è stata la mia cura. Grazie al supporto di Luigi ho superato dei traumi che neanche mi accorgevo di avere. C’erano delle volte in cui, parlando di Prey Sar o di altre situazioni, diventavo afono, completamente. La voce non usciva e dovevo fermarmi. Ebbi anche una serie di attacchi epilettici, due mentre ero alla guida della mia auto. Con il suo aiuto ho tirato fuori il mattone che mi premeva dentro. Oggi è tutto finito, la rinascita c’è stata nel momento in cui ho pensato di voler avere una figlia. A quel punto c’è stata una rivalutazione complessiva di tutta la mia vita, mi sono rasserenato, ho cominciato a guardare tutto con più distacco, mi sono allontanato e ho osservato dall’alto la mia esistenza passata, comprendendo cosa ho sbagliato, quali errori ho fatto e chi sono veramente. Quindi io adesso sono tranquillo, certo, dire che non mi guardo più le spalle sarebbe una follia. Dopo trent’anni con il radar acceso, non lo puoi spegnere facilmente. Mi è rimasto un forte istinto di protezione, quello sì. Soprattutto verso mia figlia.

Chi è oggi Vincenzo Fenili?

È una persona molto curiosa. Adoro scrivere, adoro confrontarmi con le persone. Più si parla di certe cose – nello specifico della mia vita – più riesco ad analizzare meglio i fatti e a volte emergono particolari che ti fanno star bene. Mi dedico molto a tutto quello che è l’ambito sociale. Sono il presidente di una cooperativa che nasce come recipiente per i diritti cinematografici e letterari e che adesso sta lavorando molto bene, mi interesso di contrasto alla violenza sulle donne, per esempio abbiamo appena organizzato un evento per sensibilizzare le persone su questo problema; sto collaborando efficacemente con il Comune di Canale Monterano e poi c’è questa serie televisiva, che mi darà finalmente la possibilità di ristabilire la verità su quello che mi è capitato.

Ultima domanda: scriverai mai un libro sulle “cose italiane”? Ricordiamo che hai incrociato diverse vicende cruciali del nostro Paese. Tanto per citarne una, il caso Moro. Nel 1993 hai avuto modo di conoscere da vicino due personaggi chiave come Giovanni Senzani e Germano Maccari…

Per ora non è nei piani, ma non lo escludo. Ora mi concentro su questa serie tv. Secondo gli accordi, ci dovrebbe essere anche una seconda stagione. Magari in quell’occasione avremo la possibilità di parlare di ciò che è avvenuto prima di Supernotes…

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