Tutto ha avuto inizio con l’omicidio di un politico carismatico che sognava di diventare presidente della sua nazione e di farne una grande potenza. Era il favorito alle incombenti elezioni, la sua visione politica aveva stregato il popolo e la sua caparbietà lo rendeva una minaccia allo status quo. Se eletto, avrebbe potuto incidere sulla traiettoria della storia latinoamericana. Se eletto, la Rivoluzione cubana avrebbe avuto luogo a Bogotá nel 1950, anziché all’Avana nel 1959.

Il politico in questione si chiamava Jorge Eliécer Gaitán, era il leader del Partito Liberale, e alle presidenziali colombiane del 1950 non sarebbe mai arrivato: fu freddato a colpi di revolver il 9 aprile 1948 in quello che è rimasto, a tutti gli effetti, un caso irrisolto. Un caso irrisolto che continua a tormentare la Colombia, che da quel maledetto 1948 è in guerra civile.

Dal barrio a Plaza Bolívar

Jorge Eliécer Gaitán Ayala nacque in un giorno imprecisato del gennaio 1903 in uno dei quartieri più poveri e pericolosi di Bogotá: barrio Egipto. Crebbe con la madre, di professione insegnante, imparando ad amare i libri e a navigare nelle acque degli stenti sin dalla tenera età.

Sviluppò un carattere eccentrico negli anni del collegio, probabilmente in reazione al bullismo subito dai compagni a causa del suo pallore – riflesso della malnutrizione –, avvicinandosi alle idee del liberalsocialismo colombiano all’alba dell’ingresso all’università.

Brillante ma esuberante, ai limiti della problematicità, Gaitán sarebbe rapidamente diventato lo studente più conosciuto dell’Università Nazionale della Colombia, presso la quale fondò un circolo letterario e un centro liberale. Dopo la laurea in diritto e scienze politiche, conseguita nel 1924, Gaitán ottenne una borsa per il proseguimento degli studi a Roma. Rientrò a Bogotá nel 1928, forte di un dottorato con lode e di capacità oratorie apprese ascoltando i discorsi di Benito Mussolini, determinato a entrare in politica.



La sua prima comparsa al Congresso, nelle vesti di avvocato, fu un enorme successo: l’arringa di Gaitán, che era stato chiamato a parlare del massacro delle banane – una strage commessa dall’United Fruit Company –, gli sarebbe valsa l’appellativo di “Tribuno del popolo” da parte della stampa e il reclutamento nel Partito Liberale.

Il percorso di Gaitán sembrava destinato alla presidenza. Nel 1931 l’elezione a presidente della Camera dei rappresentanti. Nel 1933 la nomina a negoziatore del governo nella crisi tra Colombia e Perù. Nel 1936 la trasformazione in sindaco di Bogotá. Nel 1940 l’investitura a titolare del ministero dell’istruzione. Nel 1946 la prima corsa verso Casa de Nariño, terminata in terza posizione.

Due anni dopo, a metà strada dalle nuove presidenziali, la Colombia aveva iniziato a sentire gli effetti dell’inizio della Guerra fredda: imbarbarimento del discorso politico, polarizzazione della società in opposti estremismi, radicalizzazione nelle forze armate, capillarizzazione e quotidianizzazione di disordini e violenze politiche. I tentativi di Gaitán di risolvere la situazione, agendo sulla sovrastruttura, si sarebbero rivelati fatali.

Dal Bogotazo alla Violencia

Colombia, 1948. Liberali e conservatori sono sul piede di guerra: agguati, scontri e uccisioni avvengono a cadenza settimanale. Una sorta di isteria collettiva ha colpito la classe dirigente, che accusa i liberali di essere al soldo dell’Unione Sovietica, e gli appelli alla calma di Gaitán sono delle grida nel deserto.

Mancano due anni alle prossime presidenziali, programmate per il 1950, e Gaitán è in campagna elettorale dal 1946. Promette di trasporre a livello nazionale le politiche di de-oligarchizzazione dell’agricoltura e le misure contro l’analfabetismo che lo hanno reso famoso a Bogotá. Ha stretto amicizia con Rómulo Betancourt, presidente venezuelano schierato a sinistra, e sta seguendo attentamente la situazione a Cuba.



Il 9 aprile, il giorno del suo assassinio, Gaitán aveva in agenda di incontrare un giovane venuto dall’Avana per conoscerlo, tal Fidel Castro. Ma i due non si incontrarono mai: il tribuno del popolo fu ucciso a revolverate da uno sconosciuto sulla strada verso l’Hotel Continental. La folla individuò il presunto autore dell’agguato in un operaio edile, Juan Roa Sierra, linciandolo a morte.

Gaitán morì in ospedale qualche ora dopo l’attentato. L’annuncio della sua dipartita fu uno choc per la popolazione della capitale, che quel giorno diede vita a una furiosa sollevazione, passata alla storia come il Bogotazo, culminata in 600+ morti, 450+ feriti e 500+ arresti. L’inizio della guerra civile prima della guerra civile: la violenza (la violencia).

Dalla Violencia alla guerra civile

La storiografia indica nell’assassinio del leader comunista Jacobo Prías Álape, ucciso l’11 febbraio 1960 da un commando di bandoleri, il casus belli della guerra civile colombiana. Ma la verità è che, nel 1960, la nazione era in guerra già da dodici anni.

La brutale scomparsa di Gaitán incoraggiò i liberali e i comunisti a formare dei comitati di autodifesa, che ben presto si trasformarono in movimenti guerriglieri, innescando un circolo vizioso di vendette trasversali, all’insegna dell’occhio per occhio, che entro il 1960 avrebbe lasciato a terra, morti, duecentomila civili, quindicimila guerriglieri/paramilitari di sinistra, cinquemila guerriglieri/paramilitari di destra e quasi cinquemila elementi di forze dell’ordine e forze armate.

Il mondo credeva che la penisola coreana fosse stata il primo teatro dello scontro egemonico tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nulla di più sbagliato: era in Colombia che le due superpotenze avevano iniziato a guerreggiare, nel 1948, finanziando l’armamento e la radicalizzazione di conservatori e liberali, futuri opposti estremismi.



Dai documenti declassificati negli anni successivi, che formano una parte infinitesimale del dossier Colombia – che resta essenzialmente secretato –, è emerso che l’Agenzia era tanto preoccupata della figura e delle idee di Gaitán, poiché ritenuto in grado di proiettare la Colombia nell’orbita sovietica, da aver condotto un dossieraggio su di lui.

Secondo una versione di un agente di Langley, John Mepples Spirito, le indagini su Gaitán sarebbero state propedeutiche alla pianificazione del suo omicidio. Ma la pista dell’assassinio ordito dalla Cia è stata successivamente indebolita dalla ritrattazione dello stesso Mepples e nessun’altra prova in tale direzione è più emersa. Anche perché ogni documento in possesso degli Stati Uniti sul caso Gaitán reca la scritta “segreto di stato”.

L’omicidio di Gaitán, a decenni di distanza, resta uno dei grandi misteri latinoamericani. Episodio che ha contribuito a cambiare il corso della Guerra fredda nel cono sud, che ha innescato la guerra civile più lunga della contemporaneità e che ha fermato (per sempre?) la corsa della Colombia verso la grandezza.

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